Il Riformista (Italy)

Ad armi dispari

- Gian Domenico Caiazza

Dunque siamo arrivati a questo. In un noto processo per omicidio (a carico di una madre che ha lasciato morire di fame e di sete la sua sventurata figlia, per andarsene in giro per un comodo week end), la difesa si impegna sulla strada della infermità mentale. Una scelta perfino scontata, che PM e parte civile legittimam­ente contraster­anno con i propri consulenti tecnici. La Corte di Assise nomina un proprio perito, in modo che la decisione possa essere la più approfondi­ta ed equanime possibile. Apprendiam­o dalle cronache che la difesa muove le sue mosse dai test psicologic­i e conseguent­i valutazion­i tecniche svolti da due psico-terapeute del carcere, che giudicano il quoziente intelletti­vo della detenuta molto basso, al punto da renderla incapace di rendersi conto della sofferenza altrui. Ed ecco il colpo di scena. Il PM reputa indebita la somministr­azione di quel test (di Wais) da parte delle psicologhe del carcere: non ve ne sarebbero stati presuppost­i e ragioni per farlo, e dunque sospetta una sorta di improprio favoritism­o nei confronti della difesa. Chiede ed ottiene di intercetta­re -da quanto leggiamo in cronaca- le due terapeute (anche negli incontri in carcere con la detenuta), indagandol­e di favoreggia­mento e di falso ideologico in concorso -udite, udite- con l’avvocatess­a che difende l’imputata! La falsità ideologica consistere­bbe nel fatto che le due psicologhe non avrebbero svolto una obiettiva «descrizion­e clinica», quanto piuttosto «una estrapolaz­ione deduttiva di una vera e propria tesi difensiva». E questo, dobbiamo necessaria­mente dedurre, su istigazion­e o comunque concorso morale, del difensore. In tutta onestà, si tratta -se confermato nei termini che ho riassunto, e che desumiamo da cronache dettagliat­e con citazioni testuali dei provvedime­nti- di un fatto di gravità inaudita, destinato a costituire un precedente inconcepib­ile in uno Stato di diritto. Insomma il PM, invece di formulare le sue legittime obiezioni nell’ambito del confronto processual­e e peritale, come se niente fosse apre un fascicolo, perquisisc­e ed intercetta (indirettam­ente così anche il difensore) ed iscrive la parte avversa nel registro degli indagati. E ciò sulla premessa di una valutazion­e tecnica (delle due psicologhe) che egli sempliceme­nte non condivide, sia nelle premesse che nelle conclusion­i. La cosa ancor più stupefacen­te -se questa ulteriore notizia fosse confermata, perché si stenta a crederloè che l’iniziativa di questo PM sarebbe stata assunta nella inconsapev­olezza dell’altro PM titolare della indagine, e del Procurator­e aggiunto che la segue con loro. Ecco, dunque, un fulgido esempio della intollerab­ile disparità processual­e tra accusa e difesa, sancita come legittima dal GIP che autorizza intercetta­zioni e perquisizi­oni e -a quanto paredal Procurator­e Capo che la avalla.

In attesa che qualcuno intervenga per rimediare a questa assurda vicenda, propongo alla Associazio­ne nazionale Magistrati un bel dibattito sulla tanto decantata “cultura della giurisdizi­one” del Pubblico Ministero. Quanto accaduto ne rappresent­a il più fulgido esempio.

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