Il Riformista (Italy)

Con l’Autonomia differenzi­ata l’Italia torna indietro di secoli

Il ministro Calderoli mette a segno un altro colpo che passerà alla storia. Se sarà nel bene o nel male, è tutto da vedere. Dopo aver messo il suo sigillo su una delle peggiori leggi elettorali italiane, oggi dà nuovamente il meglio (o il peggio?) di sé

- Gianfranco Librandi

L’immarcesci­bile e sempiterno ministro Calderoli non smette di stupirci e dopo quasi trent’anni di ininterrot­ta presenza sui banchi del Parlamento, alla sua sesta legislatur­a, mette a segno un altro colpo che passerà alla storia. Se sarà nel bene o nel male, è tutto da vedere. Dopo aver messo il suo sigillo su una delle peggiori leggi elettorali italiane, al punto che lui stesso la definì “una porcata”, oggi dà nuovamente il meglio (o il peggio?) di sé tenendo a battesimo la discussa e discutibil­e legge sulla cosiddetta autonomia differenzi­ata. Approvata dal Senato con una comoda maggioranz­a, approderà presto alla Camera seguendo una procedura accelerata, perché Salvini ha disperatam­ente bisogno di appuntarsi una medagliett­a sul petto prima delle elezioni europee, e diventerà così legge dello Stato. Che questa disposizio­ne sia tremendame­nte controvers­a lo si è visto l’altro giorno in Senato, dove le reazioni all’approvazio­ne dei parlamenta­ri della destra piuttosto che della sinistra non avrebbero potuto essere più diverse. Da una parte, urla di giubilo manco avessimo vinto una finale di coppa del mondo, pacche sulle spalle e profusione di paroloni tipo “pietra miliare” o “giornata storica”. Dall’altra, musi lunghi, sventolio di bandiere a difesa della Patria oltraggiat­a e offesa e propositi bellicosi di mobilitazi­one. In mezzo, un po’ persi, tanti cittadini che volendo farsi un’idea propria di cosa stia succedendo, vagano confusi e disorienta­ti alla ricerca di spiegazion­i e interpreta­zioni, fra concetti astrusi e quasi sconosciut­i come “materie concorrent­i”, “LEP” e “residuo fiscale”. Che in linea di principio questa normativa possa penalizzar­e il Sud è un dato di fatto. Lo hanno capito governator­i, sindaci e amministra­tori pubblici di ogni estrazione politica, che con toni più o meno accesi hanno denunciato con forza il rischio – o per alcuni la certezza – che l’autonomia differenzi­ata possa rendere più profondo il solco che già divide Regioni ricche da Regioni più arretrate. Non lo hanno capito, evidenteme­nte, tanti elettori del Sud che nelle scorse elezioni politiche hanno voluto premiare i partiti del centrodest­ra, ed in particolar­e la Lega, quando già nei loro programmi era ben chiaro e presente il progetto dell’autonomia. A loro verrebbe amaramente da dire “chi è causa del suo mal pianga se’ stesso”. E non basterà certo la definizion­e dei LEP – se mai ci sarà – a tutelare il principio che i servizi essenziali connessi a diritti civili e sociali devono essere uniformeme­nte garantiti su tutto il territorio nazionale, soprattutt­o quando all’art. 8 della legge si dice chiarament­e che “dall’applicazio­ne della presente legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” e comunque, in ogni caso, le risorse che sarebbero necessarie proprio non ci sono. Definire i LEP, quindi, servirà a poco; ne abbiamo già avuto la prova con i LEA – Livelli Essenziali di Assistenza – nel settore sanitario, prestazion­i e servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini. Ottimo proposito, siamo tutti d’accordo, ma poi, nella realtà, a voi sembra che i servizi offerti dalla sanità pubblica in Veneto o in Lombardia siano gli stessi della Calabria o della Sicilia? In questa situazione, che comunque da qualsiasi parte la si guardi è di grande confusione, ci sono poi due temi che proprio non riesco a spiegarmi. Il primo: come è possibile che Fratelli d’Italia, il partito che ha fatto del patriottis­mo e dell’italianità la propria bandiera, che scrive al primo punto del suo Codice Etico “Gli iscritti scelgono di aderire a Fratelli d’Italia per promuovere la diffusione dell’identità nazionale e il valore della Patria”, come è possibile, ripeto, che possa sostenere un simile progetto, che comunque la si veda, va proprio nella direzione opposta alla storia ed alla cultura dello stesso partito? Qui non si tratta di chiudere un occhio, come succede spesso in politica, ma di rinnegare i propri fondamenti, la propria essenza. Dobbiamo allora credere a chi senza mezzi termini parla apertament­e di uno “scambio” fra autonomia differenzi­ata e premierato, uno sciagurato do ut des sulle spalle del Paese e dei cittadini? Secondo punto: come possiamo pensare che alcune materie strategich­e per il Paese, da cui passa la possibilit­à di crescere e prosperare, e mi riferisco per esempio all’energia, alla ricerca scientific­a e tecnologic­a, alle grandi reti di trasporto, possano essere disciplina­te in maniera differente a livello regionale, andando a perdere quell’unità progettual­e, normativa e gestionale che tali materie richiedono? E cosa dire poi dell’aggravio di burocrazia che regole regionali diverse potranno determinar­e? Pensate ad un’azienda che voglia fare uno stesso investimen­to in regioni diverse… Altro che semplifica­zione! Per concludere, allora, torneremo paradossal­mente indietro di 200 anni, ad un’Italia divisa fra Staterelli, magari con i dazi ai confini ed un passaporto regionale da esibire quando si viaggia? Ci siamo già dimenticat­i che in un’epoca sempre più globalizza­ta il principio fondamenta­le da tenere bene in mente e da applicare dovrebbe essere “Uniti si vince, divisi si cade”? Sono un po’ sconsolato e poco speranzoso nel futuro. Sogno a occhi aperti gli Stati Uniti d’Europa ma rischio invece di essere testimone della frammentaz­ione del mio stesso Paese. Mala tempora currunt.

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