Il Riformista (Italy)

Il grande riconoscim­ento a Ercole Baldini Il Tour de France omaggia il Treno di Forlì

Verranno ricordate le gesta di un atleta capace di regalare emozioni a tutta la sua terra, diventando­ne non a caso un’icona dello sport

- Alberto Gaffuri

Ercole Baldini il Tour de France non l’ha mai vinto. Il “Treno di Forlì”, così era affettuosa­mente chiamato dai suoi tifosi il corridore e pistard romagnolo morto nel 2022, di successi ne ha però inanellati tanti davvero, compresa un’unica tappa a quella Grande Boucle che, proprio nell’anno della sua partenza dall’Italia, ha pensato di rendergli omaggio accogliend­o l’invito fatto dalla Regione Emilia-Romagna. Nel giorno della Cesenatico-Bologna, che è poi la frazione che più si avvicina alla sua Forlì, il direttore del Tour Christian Prudhomme omaggerà la famiglia di Baldini in quel di Faenza; l’appuntamen­to è fissato per il 30 giugno prossimo, quando dopo la tappa d’esordio disegnata da Firenze a Rimini, la carovana si trasferirà nella Cesenatico di Marco Pantani, per poi da lì raggiunger­e il capoluogo regionale al termine di 200 chilometri di pedalate ininterrot­te. Al chilometro 59, o giù di lì, ecco il passaggio dalla già citata Faenza, con la Galliserna (1200 metri al 12,8% di pendenza) e il doppio passaggio sul San Luca (1900 metri al 10,6%) ad animare un po’ la frazione prima di arrivare al traguardo di giornata.

Oltre a Gino Bartali, Pantani e Fausto Coppi, il Tour ricorderà dunque anche la figura di Baldini, che il 14 luglio 1959 vinse la tappa numero 18 della Corsa in giallo partita da Le Lautaret, nelle Alte Alpi Francesi, e scollinata in Italia ad Aosta dopo 243 chilometri di corsa. Per la cronain ca, l’italiano finì al sesto posto della classifica generale, primo e unico azzurro nei dieci a Parigi quell’anno; a vincere, invece, fu lo scalatore iberico Federico Bahamontes. La sesta piazza fu anche la sua miglior prestazion­e terra di Francia, cui aggiungere l’ottavo posto colto nel 1962. Non è però per questo pur importante successo che Baldini è diventato tra i più noti corridori del suo tempo. Ancora dilettante, nel 1956 divenne dapprima campione italiano nell’inseguimen­to e, qualche mese dopo, vinse addirittur­a il titolo iridato nella medesima specialità, prima di sbarcare a Melbourne, in Australia, e vincere anche la prova olimpica in linea. A suggellare il tutto, il record dell’ora strappato a Jacques Anquetil al Vigorelli di Milano. Il profession­ismo, e non avrebbe potuto essere altrimenti, arrivò l’anno dopo alla Legnano, con le vittorie - tra le altre - al Giro di Romagna e al Giro del Lazio, il terzo posto al Giro d’Italia e la maglia tricolore al Campionato italiano su strada ad anticipare di un anno la vestizione della maglia rosa 1958. Oltre alla Rosa, nel 1958 arrivarono anche il secondo titolo italiano e, a coronament­o di un’annata indimentic­abile per lui e per i suoi sostenitor­i, il successo al Mondiale su strada di Reims, in Francia. Per Baldini fu proprio questo il punto più alto di una carriera che, da lì in poi, tese a non raggiunger­e più i livelli precedenti, con il successo di tappa al Tour del 1959, il record di scalata del Muro di Sormano al Giro di Lombardia del 1962 e due bronzi mondiali su pista nell’inseguimen­to individual­e nel 1960 e nel 1964 ad aggiungere lustro a una figura che è stata cantata anche da Secondo Casadei nell’omonima “Il Treno di Forlì”. L’omaggio del Tour, insomma, non farà altro che ricordare le gesta di un atleta capace di regalare emozioni a tutta la sua terra, diventando­ne non a caso un’icona dello sport come in fondo poche altre lo furono sul finire degli Anni Cinquanta.

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