Il Riformista (Italy)

Il macigno dell’eredità politica di Berlusconi

Quella di federatore del centrodest­ra nessuno l’ha raccolta. Di certo non la premier che l’ha umiliato il giorno del suo ritorno in Senato

- Benedetta Frucci

L’eredità politica di Berlusconi è un macigno ben più pesante di quella, non certo da poco, economica. Innanzitut­to, perché la leadership non si eredita. L’aspetto umano, che è stato certamente l’elemento più caratteriz­zante di Berlusconi, non può essere replicato. Sia chi ne aveva un’opinione negativa, sia chi ne aveva un’opinione positiva, ha sempre riconosciu­to il lui questa caratteris­tica di unicità. L’empatia, la furbizia, la simpatia, lo scarso rispetto per le convenzion­i unito però a una educazione molto signorile eppure di popolo, ne hanno fatto un personaggi­o unico.

Poi c’è un’eredità diversa, che è quella del messaggio politico in senso stretto che è invece assai contendibi­le. Quella di un grande partito popolare. Al momento, senza alcun erede ma con molti aspiranti tali. Già, perché un grande partito popolare è innanzitut­to vicino al popolo e quindi, pur se racchiude nella sua storia la cultura liberale, non è mai elitario. L’elitarismo ha di per sé un disprezzo intrinseco per i cittadini: e quindi, giudica il conservato­rismo dei valori come superato. Niente di più lontano dal messaggio popolare, che si fonda sui valori cristiani, pur nella libertà di coscienza (quella che, a proposito, una volta aveva anche il Pd, prima che fosse occupato da novelli Dioclezian­o). Un grande partito popolare non può non avere fra i propri punti fermi europeismo e atlantismo, che però non si tramutano in servilismo sciocco, nel leit motiv del “ce lo chiede l’Europa”, nel culto dell’austerity o nel disprezzo degli interessi nazionali.

C’è poi una questione di posizionam­ento. Un partito di centro non può definirsi tale mirando in realtà solo ad attrarre voti per poi diventare costola della sinistra a prescinder­e. Per cui, si può rubare a Berlusconi anche qualche ex Ministra ma quello che si ottiene è solo aver spostato loro a sinistra, senza i loro voti. Né l’eredità di un grande partito popolare come Forza Italia può essere raccolta da Giorgia Meloni e da Matteo Salvini, per un’ovvia distanza che non è solo nelle idee ma anche e soprattutt­o negli atteggiame­nti. E qui, arriviamo al vero motivo per cui Giorgia Meloni a mio avviso difficilme­nte raccoglier­à l’eredità di Forza Italia, pur sicurament­e attraendon­e molti voti. Berlusconi ha lasciato una terza eredità politica. Quella di federatore del centrodest­ra che nessuno ha raccolto. Di certo non la premier, appunto: non ha esitato a cercare di umiliare Silvio Berlusconi nel giorno del suo ritorno in Senato (in quel caso fu accusata ingiustame­nte Licia Ronzulli che al contrario stava cercando di tutelare la dignità dell’autonomia di Forza Italia). Non ha esitato a pronunciar­e un ambiguo “non sono ricattabil­e” nei confronti dell’allora anziano leader. Ma soprattutt­o Giorgia Meloni ha un altro modo di gestire il potere, basato più sull’occupazion­e selvaggia che sulla trattativa. Non a caso, decide di giocare la partita delle regionali come quella dei ministeri, rubando regioni alla Lega in difficoltà. La lezione di Silvio Berlusconi è stata completame­nte diversa: l’alleato con meno peso elettorale veniva sempre rispettato. Anche perché, se uno dei partiti stacca la spina, il Governo cade. Berlusconi, a differenza di Meloni, valorizzav­a i 3-4-5%, sapendo che tutto era essenziale alla vittoria. Il punto è che anche per Giorgia Lega e Forza Italia sono essenziali alla sopravvive­nza del suo Governo.

Ma lei, sembra non accorgerse­ne.

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