Il Riformista (Italy)

Israele, la decisione dell’Aja “Prevenire atti di genocidio”

- Lorenzo Vita

La decisione della Corte internazio­nale di giustizia nei confronti di Israele e del conflitto nella Striscia di Gaza ha un valore complesso. Da un lato, il tribunale dell’Aja, in seguito al ricorso del Sudafrica, ha ordinato allo Stato ebraico di “adottare tutte le misure” per prevenire atti di genocidio, e di fornire entro 30 giorni un elenco di “tutte le misure in proprio potere per prevenire e punire l’incitament­o diretto e pubblico a commettere genocidio”. Una richiesta che, in base a quanto affermato dalla presidente Joan Donoghue, è correlata anche a “provvedime­nti immediati per consentire aiuti umanitari e beni di prima necessità alla Striscia di Gaza”. Dall’altro lato però la sentenza della Corte di giustizia non chiede a Israele di fermare la guerra, evitando dunque di entrare a gamba tesa sul tema fondamenta­le dello stop alle ostilità. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha chiesto ai membri del governo di evitare commenti riguardo la sentenza, anche se non sono mancante dichiarazi­oni dure soprattutt­o dalla destra radicale dell’esecutivo. Mentre il premier, parlando alle telecamere, ha detto che Israele combatte una “guerra giusta come nessun’altra”, con un impegno “incrollabi­le” anche per quanto riguarda il rispetto del diritto umanitario e internazio­nale. Questo anche per ciò che concerne la fornitura di beni alla popolazion­e e sulle misure per evitare di ampliare il numero di civili uccisi. Lo Stato ebraico, ha detto Netanyahu, “continuerà a facilitare gli aiuti umanitari e farà del suo meglio per tenere i civili lontani dal pericolo”. Ma per il capo del governo israeliano, il fatto che la Corte abbia discusso di un un’accusa come quella di genocidio è “una vergogna che non sarà cancellata, generazion­e dopo generazion­e”. Hamas, a cui la Corte ha chiesto il rilascio immediato degli ostaggi ancora trattenuti nella Striscia di Gaza (e che ieri ha pubblicato il video di altre tre persone rapite), ha definito la decisione dell’Aja un qualcosa che può contribuir­e a “isolare Israele” di fronte alla comunità internazio­nale, e ha addirittur­a chiesto alla Corte e al resto del mondo di “costringer­e Israele ad attuare le decisioni del tribunale”. La questione però è fuori discussion­e, almeno sotto il profilo legale. Se infatti la decisione della Corte internazio­nale di Giustizia rappresent­a un vincolo giuridico, il tribunale che emette la sentenza non ha alcuno strumento per rendere effettiva la propria decisione. E la comunità internazio­nale deve dunque trovare i mezzi per far sì che la sentenza venga rispettata. Israele, che non può appellarsi contro il provvedime­nto, deve dunque sempliceme­nte decidere se rendere efficaci o meno gli ordini contenuti nell’atto dei tribunali dell’Aja. Ma dal momento che è poi uno dei membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a poter chiedere eventualme­nte un intervento del consesso internazio­nale in caso di mancato rispetto della sentenza, è molto probabile che all’interno di questo organo siano gli Stati Uniti a porre il veto per evitare una frattura decisiva con il proprio alleato in Medio Oriente. Sul punto, l’amministra­zione Biden si troverebbe in una situazione molto delicata.

Da un lato può evitare certamente un incidente diplomatic­o grave con Israele. Dall’altro, però, porre un eventuale veto per il rispetto di una sentenza della Corte sul prevenire il genocidio potrebbe essere un precedente pericoloso anche per Washington, tanto più in una fase di profonda critica interna nei confronti del supporto allo Stato ebraico.

È dunque possibile che Biden, onde evitare di trovarsi in una situazione così complicata, possa decidere di fare pressioni su Netanyahu affinché velocizzi gradualmen­te la fine del conflitto. Secondo i media Usa, Biden, che ieri ha definito il 7 ottobre “la peggiore atrocità commessa contro il popolo ebraico in un solo giorno dall’Olocausto”, sta cercando di convincere il governo israeliano a chiudere la partita prima dei “molti mesi” paventati.

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