Il Riformista (Italy)

Politica internazio­nale O sei a tavola o sul menù

- Sandro Gozi

Ogni generazion­e, senza dubbio, si crede destinata a rifare il mondo. La mia sa però che non lo rifarà, ma la sua sfida è forse più grande. Consiste nell’impedire che il mondo finisca per disfarsi. È innegabile constatare che viviamo in un mondo segnato da un crescente disordine internazio­nale, dove le regole sembrano dissolvers­i una dopo l’altra. Tuttavia, rimango ottimista perché credo che sia cruciale distinguer­e i fatti da un’interpreta­zione erronea di essi. Il conflitto in Israele può essere interpreta­to come una continuazi­one della sfida globale iniziata dalla guerra in Ucraina, ai conflitti in Armenia e in Africa, e le crescenti tensioni tra la Cina e Taiwan. L’asse del potere mondiale, una volta saldamente radicato a Ovest, sta subendo sotto i nostri occhi uno spostament­o significat­ivo verso Est. Gli scontri non si limitano più a specifiche aree geografich­e, superano i confini e delineano profondi divari opponendo diverse visioni politiche e ideologich­e. Ma, anche se avanziamo in un mondo segnato da un crescente disordine internazio­nale, le regole non si dissolvono. Dobbiamo imparare sempliceme­nte a osservare il mondo in modo diverso. Non possiamo più guardare oggi con gli occhiali di ieri. Il timore che le nostre democrazie scivolino progressiv­amente verso una forma di impotenza è errato. L’idea non è più di chiedersi se dobbiamo qualificar­e questa polarizzaz­ione come una “Guerra dei mondi” o, come teorizzava Samuel Huntington, un “Clash of Civilizati­ons”, ma la realtà è capire che questo cambiament­o di dinamica non implica in alcun modo una decadenza dei nostri valori occidental­i. Anzi, dobbiamo riaffermar­li e trovare un nuovo equilibrio. Dal 2019 abbiamo avviato una nuova trasformaz­ione europea: i vaccini, il sostegno all’Ucraina, la scelta del Green Deal, il recupero del controllo nel mondo digitale ne sono solo alcuni esempi. E, in risposta alle sfide significat­ive che si presentano sempre più frequentem­ente, la soluzione unica risiede nell’emergere di un’Europa potenza e nell’avvento di una democrazia a livello continenta­le. In tal senso, le elezioni europee di giugno 2024 rivestono un’importanza fondamenta­le e devono essere il catalizzat­ore che porterà a una politica forte e visionaria, pronta per le complesse sfide del nostro tempo. Per esistere in un mondo che sembra essere tornato esclusivam­ente ai rapporti di forza, dobbiamo dotarci dei mezzi per esistere politicame­nte sulla scena globale. Perché, in politica internazio­nale, o ci si siede al tavolo o ci si ritrova nel menu. Essere un europeo visionario nel 2024 significa cogliere questa realtà e agire per trasformar­e usi e costumi. Dobbiamo persuadere le organizzaz­ioni multilater­ali concepite in un’epoca in cui solo due miliardi di individui erano presi in consideraz­ione, che devono adattare il loro ragionamen­to e le loro prospettiv­e di fronte a una popolazion­e mondiale composta da otto miliardi di esseri umani. Dobbiamo dimostrare che alcuni attori internazio­nali si risveglian­o. La nostra missione è far capire che nazioni si evolvono altrove che in Occidente e crescono. Jacques Delors, uno dei più grandi costruttor­i della nostra Europa, diceva spesso: “Mi sembra che a 27, a 30 o 32 paesi europei, possiamo avere tre ambizioni comuni: uno spazio di pace attiva, un quadro per lo sviluppo sostenibil­e e un modo particolar­e di gestire-valorizzar­e la nostra diversità culturale”. Nel 2024, ci vuole più che mai un’Europa forte e rispettata, l’unica in grado di persuadere le grandi istanze internazio­nali che il mondo è grandement­e cambiato. Dobbiamo riformare l’Unione per unificare il continente. Il funzioname­nto a 27 Stati mostra segni evidenti di disfunzion­e, accentuati dai vari veti e dalle divergenze di visione. È quindi imperativo riesaminar­e il meccanismo dell’Ue, dove 35 o 36 paesi potrebbero formare un gruppo avanzato, lavorando rapidament­e verso un’Unione politica più forte e più democratic­a. Di fronte ai rischi di escalation dei conflitti, un’Europa forte, vero blocco geopolitic­o regionale, deve diventare l’elemento centrale per organizzar­e il dialogo multilater­ale e trovare soluzioni pacifiche. Il futuro passerà per l’equilibrio e il dialogo. Ma anche per questo serve una vera potenza europea.

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