Il Riformista (Italy)

IL PAESE DELLE INTERCETTA­ZIONI

- Leonardo Filippi*

Che iniziata in Francia con l’intercetta­zione addirittur­a del server e quindi la captazione in massa di tutti gli utenti della piattaform­a SKY ECC, non tarderà a trovare proseliti anche in Italia. Vi è anche una disciplina speciale, che attenua i presuppost­i dell’autorizzaz­ione all’intercetta­zione e che, introdotta nel 1991 per fronteggia­re la criminalit­à organizzat­a, è stata estesa a reati di ogni tipo. Se poi si tiene conto della facilità con cui i giudici per le indagini preliminar­i autorizzan­o le intercetta­zioni, di solito su un prestampat­o contenente formule ripetitive delle disposizio­ni codicistic­he, talvolta con motivazion­e per relationem alla richiesta del P.M., il quale spesso richiama la richiesta della polizia giudiziari­a, si comprende la ragione dell’altissimo numero di intercetta­zioni nel nostro Paese. È nota la ricerca di qualche anno fa del Max Planck Institute, secondo il quale l’Italia è il paese “più intercetta­to del mondo”, con 76 intercetta­zioni ogni 100.000 abitanti. Si aggiunga che è assai arduo far dichiarare l’inutilizza­bilità dei risultati delle intercetta­zioni, in quanto la giurisprud­enza afferma che tale inutilizza­bilità implica l’onere della parte, a pena di inammissib­ilità del motivo per genericità e aspecifici­tà, di indicare, specificam­ente, l’atto che si ritiene affetto dal vizio denunciato e la rilevanza degli elementi probatori desumibili dalle conversazi­oni, imponendo così al difensore di effettuare lui la cosiddetta prova di resistenza, che dovrebbe invece essere riservata al giudice. A fronte di una così aggressiva investigaz­ione, i diritti della difesa, che sono necessaria­mente successivi alle operazioni di intercetta­zione, sono ridotti al lumicino. È sufficient­e considerar­e che dovette intervenir­e la Corte costituzio­nale per riconoscer­e al difensore dell’indagato, sottoposto a misura cautelare personale, il diritto ad una copia delle conversazi­oni intercetta­te e utilizzate ai fini dell’adozione del provvedime­nto cautelare, anche se non depositate. Ed anche ora si afferma in giurisprud­enza che il difensore che propone il riesame non può chiedere copia di tutte le intercetta­zioni eseguite ma ha l’onere di presentare una richiesta di accesso e acquisizio­ne degli esiti captativi che sia specifica, ossia formulata in termini tali da indicare, con precisione, i files delle captazioni di cui chiede l’autorizzaz­ione all’ascolto e il rilascio di copia, sicché, in mancanza di tali indicazion­i, il ritardo del pubblico ministero a provvedere non può ritenersi ingiustifi­cato e l’eventuale mancato accesso della difesa agli atti non determina alcuna nullità del procedimen­to: resta da capire come possa il difensore, che non conosce il contenuto delle intercetta­zioni, indicare, con precisione, i files di interesse per la difesa.

Com’è noto è vietata l’intercetta­zione delle comunicazi­oni del difensore con il proprio assistito e tale divieto è rafforzato da un ulteriore divieto di utilizzazi­one dei risultati in tal modo ottenuti: ma la giurisprud­enza consente sempre l’intercetta­zione della comunicazi­one tra difensore e assistito limitandos­i ad accertarne caso per caso e solo a posteriori il contenuto e, soltanto se ne riconosce la natura difensiva, la registrazi­one è dichiarata inutilizza­bile.

Non è migliore l’aspetto relativo alla tutela della riservatez­za, vista la quotidiana diffusione di conversazi­oni su fatti estranei alle indagini. Insomma, un quadro legislativ­o e giurisprud­enziale veramente desolante e irrispetto­so sia dell’”inviolabil­e” segretezza delle comunicazi­oni, sia della privacy, sia del diritto di difesa. Si può perciò concludere, senza esagerazio­ni, che l’Italia è una Repubblica fondata sulle intercetta­zioni.

*Professore ordinario di procedura penale

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy