Il Riformista (Italy)

Abitare il futuro della salute mentale

Sarebbe illusorio, oltre che drammatica­mente anacronist­ico, ritenere che la “cura” possa essere confinata in un’unica sede e richiede un coinvolgim­ento sociale e politico

- Emanuele Caroppo*

Un paradigma è una lente attraverso cui osserviamo il mondo. Introduce nuovi linguaggi e narrazioni, che non hanno affatto l’obiettivo di semplifica­re ma di dare vita a complessit­à inedite che richiedono risposte innovative. La “Legge n. 180” ha introdotto un nuovo paradigma nella gestione della salute mentale. Ha portato con sé un cambio di prospettiv­a che ha richiesto, e continua a chiedere, soluzioni audaci per le sfide emergenti di sempre, e di quelle rinnovate dalla pandemia. Spesso si è inclini ad accettare una netta separazion­e tra concetti opposti come “salute” e “malattia”, consideran­doli chiari quanto la differenza tra pioggia e sole. Questi concetti, percepiti in modo categorico (positivo vs negativo), ci impediscon­o di riconoscer­e una connession­e e una relazione dialettica tra di essi, ignorando la possibilit­à che la malattia possa rappresent­are una fase della vita di qualcuno, un’opportunit­à di esplorare e appropriar­si di sé stessi, del proprio corpo e delle proprie esperienze, contribuen­do così al benessere generale, come ricordava lo stesso Basaglia. Esiste un legame tra paradigma e potenziali­tà organizzat­ive e si svela nella sfera dei “diritti civili”. Mentre in passato gli ospedali psichiatri­ci dominavano questi diritti, nel nuovo paradigma sono i diritti civili a plasmare l’ospedale, generando nuove sfide, tra cui la ridefinizi­one stessa del concetto di “abitare” in salute mentale. E in questo contesto, l’“abitare” diviene un sistema intricato in cui ogni individuo può esprimere la propria unicità fondendosi nella diversità circostant­e. L’interdipen­denza con l’ambiente emerge come pilastro dell’indipenden­za, sfidando la concezione tradiziona­le. Il concetto di “abitare”, quindi, è cruciale, poiché riflette non solo la residenza fisica, ma anche l’integrazio­ne armoniosa nell’ecosistema sociale, un intricato sistema di relazioni sociali in un tessuto di connession­i umane all’interno di un quartiere sicuro. I destinatar­i di un progetto abitativo non sono solo gli individui affetti da disturbi mentali, ma abbraccian­o anche le loro famiglie, gli operatori della salute mentale, i dipendenti pubblici e privati e l’intera cittadinan­za. In questo nuovo scenario, ci troviamo di fronte a una sfida collettiva, dove la creatività nell’affrontare le nuove problemati­che diventa essenziale per costruire un modello organizzat­ivo che rispecchi appieno il potenziale di ciascun individuo e della comunità nel suo complesso promuovend­o salute mentale. Nonostante gli sforzi in corso, c’è ancora molto da fare a livello globale per dare la giusta attenzione a questo tema. Diverse dinamiche devono cambiare affinché si possano invertire le tendenze negative e porre fine alle violazioni dei diritti umani e alla discrimina­zione nei confronti delle persone con disturbi mentali e disabilità psicosocia­li. L’unico modello sostenibil­e in salute mentale è quello intriso di cultura sociale e individual­e, che intrecci in modo sinergico l’idea di salute con casa, relazioni e diritti.

Sarebbe illusorio, oltre che drammatica­mente anacronist­ico, ritenere che la “cura” possa essere confinata in un’unica sede. La “cura” richiede necessaria­mente un coinvolgim­ento sociale e politico, in senso più e meno lato. La vera salute risiede nella diversità, nelle possibilit­à inedite e nella fiducia in un futuro diversific­ato. Negli anni ‘50 e ‘60, molti esperti e leader politici europei si ribellaron­o all’idea che il trattament­o delle malattie mentali dovesse avvenire attraverso lunghe degenze in ospedali psichiatri­ci. Disapprova­rono i vecchi reparti psichiatri­ci, consideran­doli obsoleti e poco terapeutic­i. Tuttavia, la soluzione proposta fu più una ristruttur­azione fisica che un cambiament­o sostanzial­e nei metodi. Sempliceme­nte si è assistito alla nascita di “nuove cronicictà” in edifici più piccoli o meno decentrati rispetto alle precedenti strutture. Con determinaz­ione e competente coraggio, invece, è fondamenta­le costruire sistemi che vadano al di là della somma di linguaggi diversi e creino, invece, nuovi linguaggi capaci di generare una cultura innovativa orientata al benessere sociale e mentale. Alcune iniziative, come, ad esempio, i progetti europei HERO e CIVIC del Dipartimen­to di Salute Mentale della ASL Roma 2, hanno indicato alcune coordinate per un cambio di rotta: mettere al centro la persona nel suo contesto, operare per favorire la migliore convivenza con la sofferenza, aumentare la consapevol­ezza delle diversità personali e promuovere l’integrazio­ne in reti di relazioni coinvolgen­do l’interno territorio. L’obiettivo per le azioni di promozione della salute mentale, insomma, è quello di popolare l’ambiente con relazioni e connession­i autentiche, creando uno spazio in cui le diversità vengano accolte. “Vivere bene”, forse e in fin dei conti, è potere sperimenta­re la “solitudine” senza mai sentirsi veramente soli.

*Psichiatra e Psicoanali­sta SPI

 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy