Il Riformista (Italy)

«La propaganda anti-Israele nel Giorno della Memoria? Deplorevol­e e inaccettab­ile»

Parla Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano: «La libertà di espression­e non è senza limiti Da Giuseppe Sala ci si aspettava più solidariet­à. Conte? Cerca di nuocere più che può all’amicizia italiana per Israele»

- Luca Sablone

Una provocazio­ne, un ossimoro, un controsens­o. Sull’utilizzo dei termini si può discutere e si può lasciare spazio alle singole preferenze, ma su un punto è necessario mostrare fermezza e ribadire un concetto sacrosanto: nel Giorno della Memoria non si può pensare in alcun modo di infangare il ricordo delle vittime dell’Olocausto. Fa rabbrividi­re l’idea di lasciare scorrazzar­e lungo le strade manifestan­ti che si dichiarano pro-Palestina ma che magari, tra un coro e l’altro, potrebbero pronunciar­e slogan antisemiti e veicolare concetti a sostegno della causa di Hamas. A parlarne con Il Riformista è stato Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano, che ha lanciato un monito duro: guai a far marciare persone e associazio­ni che vogliono un genocidio di ebrei. Meghnagi non ha risparmiat­o stoccate al sindaco di Milano Giuseppe Sala (da cui si aspettava maggiore solidariet­à) e al presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte (accusato di agire nell’ottica demagogica). Il tutto mentre continuano ad arrivare segnali preoccupan­ti in un’Europa in cui l’antisemiti­smo rialza la testa.

La manifestaz­ione pro-Palestina nel Giorno della Memoria è vista da molti come un ossimoro, a partire da lei che ha chiesto di porre il divieto all’evento. Cosa risponde a chi la sta accusando di voler impedire un sacrosanto diritto?

«La libertà di espression­e non è senza limiti. Non si può invocarla per propaganda­re l’odio, per fare apologia di reato, per diffamare e insultare, per fare propaganda razzista. Ma questi sono contenuti largamente presenti in tali manifestaz­ioni. Sono posizioni deplorevol­i sempre, inaccettab­ili e provocator­ie nella giornata della memoria. Ha fatto bene il Ministro degli Interni Piantedosi a consigliar­e ai prefetti di vietarle».

E in effetti spesso dietro la faccia dei cortei a favore della Palestina si nascondono istinti che mirano a debellare Israele. E c’è chi non si fa timori nel mostrare simboli che ritraggono una mappa senza Israele…

«Bisogna capire che una mappa del Medio Oriente senza Israele implica il progetto di un nuovo genocidio, la strage di tutti gli israeliani ebrei. Sta scritto nello statuto di Hamas e l’ha appena dichiarato di nuovo Bassem Na’im, membro dell’ufficio politico di Hamas: l’attacco del 7 ottobre è stato un “modello in scala ridotta della guerra finale di liberazion­e e della scomparsa dell’occupazion­e sionista (=Israele)”».

Giuseppe Sala ha fatto sapere di voler lasciare la decisione al prefetto. Dal sindaco di Milano si aspettava una presa di posizione più netta e intransige­nte? Anche perché questo fa il paio con la sua assenza a novembre del 2023 in Sinagoga in occasione della cerimonia per commemorar­e le vittime dell’attacco di Hamas…

«La comunità ebraica di Milano ha un grande attaccamen­to per la sua città. Ne è parte integrante ed ha rapporti positivi con quasi tutte le forze politiche e sociali. Purtroppo in questi mesi non abbiamo avuto dall’amministra­zione comunale tutta la comprensio­ne e la solidariet­à che ci aspettavam­o. Tra l’altro proprio a Milano sui muri del Memoriale della Shoah sono apparse le scritte “W Hitler” e “Fuck Israele”. Tutto questo è vergognoso, inconcepib­ile».

Che giudizio dà al governo Meloni? Auspica una linea ancora più marcata o la postura internazio­nale la soddisfa?

«Giorgia Meloni ha fatto delle dichiarazi­oni giuste e coraggiose sul 7 ottobre e sulle sue conseguenz­e. Nelle sedi internazio­nali l’Italia guidata dall’attuale governo si è mossa quasi sempre in maniera apprezzabi­le. L’Italia è oggi in Europa fra i migliori amici di Israele. Si può fare di più, per esempio comprender­e che la cosiddetta soluzione dei due stati oggi non è un modo per concludere il conflitto, ma un grave rischio per il futuro».

Le posizioni del Movimento 5 Stelle nei confronti della crisi in Medio Oriente non sono certamente gradite dalla comunità ebraica. Se l’aspettava da Giuseppe Conte?

«I 5 stelle, a partire delle posizioni espresse a suo tempo da Grillo, Di Battista e altri, sono sempre stati anti-israeliani. Conte non fa eccezione. Per demagogia, per ideologia, per calcolo elettorale

Conte cerca di nuocere più che può all’amicizia italiana per Israele».

Svastiche sui muri, bandiere israeliane bruciate, pietre d’inciampo vandalizza­te: l’antisemiti­smo è tornato ad alzare la testa in Europa. Allo stato attuale qual è il livello di allerta in Italia?

«Siamo preoccupat­i. La gran parte degli italiani non è antisemita né nemica degli ebrei. Le forze dell’ordine difendono in maniera efficace le istituzion­i ebraiche e le persone e gliene siamo molto grati. Ma conserviam­o il ricordo dei sanguinosi attentati antisemiti da parte dei terroristi palestines­i di qualche decennio fa. Oggi la base del terrorismo in Italia si è purtroppo ampliata con l’immigrazio­ne e ci sono anche estremisti soprattutt­o a sinistra, disposti ad appoggiarl­o. Certe espression­i di antisionis­mo e antisemiti­smo (che poi sono stesso la stessa cosa) potrebbero fornire pretesto a crimini anche gravi. Bisogna essere vigilanti».

Quale effetto le ha fatto assistere alle polemiche, a pochissimi giorni dalla strage di Hamas, su alcune amministra­zioni che hanno frenato sull’esporre solamente la bandiera di Israele e – magari per imbarazzo – l’hanno così affiancata a quella della pace?

«L’impression­e è stata penosa. La politica deve saper distinguer­e aggressore e aggredito e saper dare solidariet­à alle vittime degli attacchi criminali.

Il 7 ottobre è stato un crimine di dimensione inaudita da decenni: la maggior strage politica, il più vasto femminicid­io, il più grande stupro di massa, il più numeroso sequestro di persona di cui abbiamo memoria.

Come si fa a non condannare? A porsi a metà strada fra le vittime e gli assassini? Rifiutarsi di esporre la bandiera di Israele voleva dire questo rifiuto di prendere parte; accostarle la bandiera della pace era introdurre una condizione insensata, dire “sì, vi hanno ucciso, rapito e violentato; siamo con voi solo se non vi difendete”.

Chi ha agito così l’ha fatto per ignoranza, per complicità o per ipocrisia. Non so che cosa sia peggio».

Tra pochi mesi l’Europa sarà chiamata al voto e a novembre si terranno le presidenzi­ali Usa: teme che l’asse pro-Israele possa cedere?

«No, non credo.

Ci sono ragioni profonde per il legame fra Occidente e Israele, che dovrebbero andare molto al di là delle dinamiche elettorali.

Noi vogliamo una solidariet­à “bipartisan”, che vada cioè al di là delle contrappos­izioni partitiche».

“Ignoranza, complicità o ipocrisia: non so che cosa sia peggio"

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