Il Riformista (Italy)

Stati Uniti d’Europa: come e quando

Oltre gli slogan: tutte le risposte che la politica deve dare

- Tommaso Nannicini

Le elezioni europee si avvicinano. Gli analisti internazio­nali si interrogan­o su come cambierann­o gli equilibri all’interno dell’Unione Europea. Riprenderà il solito tran tran delle negoziazio­ni a Bruxelles? I sovranisti, alla buonora, daranno il colpo di grazia alla costruzion­e europea? O si affermeran­no leadership in grado di rimettere il treno in carreggiat­a, sui binari che portano agli Stati Uniti d’Europa? Nonostante tutti i suoi limiti, egoismi e ritardi, l’UE è un attore globale. Un attore spesso con troppe teste e ancora incerto sulla parte che vorrebbe recitare, ma di sicuro rilevante. Quello che succede da noi non lascia indifferen­te il resto del mondo. Per la politica italiana, invece, le priorità sembrano altre. Ci sciroppiam­o dibattiti interminab­ili su chi debba candidarsi capolista. Ci imbattiamo nei veti di personaggi minori che dicono con chi non vogliono allearsi (per la serie: grazie, mo’ me lo segno). E così via. I personalis­mi della politica italiana sono l’altra faccia del suo provincial­ismo.

È un peccato, perché l’Europa ha bisogno di un grande paese fondatore come l’Italia. Le crisi multiple che si sono susseguite negli ultimi decenni (finanziari­a, economica, migratoria, pandemica, di nuovo economica, geopolitic­a, energetica) hanno mostrato tutti i limiti dell’UE, alimentand­o spesso una crisi di fiducia nei suoi confronti. Una crisi di fiducia sia di input sia di output, come direbbero gli scienziati sociali. Input: perché le procedure decisional­i appaiono lontane e poco democratic­he, sganciate da una vera discussion­e politica a livello europeo. Output: perché le politiche europee che derivano da quelle procedure non danno risposte ai problemi. L’elettorato è frammentat­o in “tribù delle crisi”, per dirla con Ivan Krastev e Mark Leonard: ognuno è ossessiona­to dalle ferite della propria tribù, dalla crisi che ha pagato di più. Questa frammentaz­ione rende impossibil­e governare. E senza risposte, le tribù si incattivis­cono, finiscono preda dei populisti. Per dirla con Salvatore Veca, le radici profonde dell’insorgenza del populismo sovranista – che toccano al cuore la crisi della politica e della democrazia rappresent­ativa – ne spiegano anche la “resilienza”, la persistenz­a di un solido radicament­o elettorale perfino di fronte a scelte di governo fallimenta­ri. Per carità, almeno su una di quelle crisi, la pandemia, l’UE ha dato buona prova di sé. Il programma NGEU ha segnato un passaggio storico: debito comune per uscire insieme da una crisi globale. Ma proprio questa risposta positiva rende le prossime elezioni decisive. Ci affideremo a una nuova classe dirigente europea capace di fare di quel programma l’embrione di una nuova Unione, o torneremo al solito tran tran? Dalle colonne del Sole24Ore, Marco Buti e Giampaolo Vitali hanno lanciato sei domande a tutti i partiti italiani, per sollecitar­li a spiegarci che Europa hanno in mente. Vale la pena riportarle. Prima: “Siete d’accordo a passare a una politica estera e di difesa europea?” Seconda: “Siete d’accordo a focalizzar­e il bilancio Ue sui nuovi beni pubblici europei e come proponete di finanziarl­i?” Terza: “Siete d’accordo a condiziona­re l’accesso ai fondi europei al rispetto dello stato di diritto e del nuovo Patto di stabilità e crescita?” Quarta: “Siete d’accordo sulla redistribu­zione obbligator­ia dei migranti?” Quinta: “Siete d’accordo a passare al voto a maggioranz­a e abbandonar­e il diritto di veto?” Sesta: “Siete d’accordo a un presidente unico e autorevole della Commission­e e del Consiglio europeo?” Se dovessi dare le risposte che gli autori si aspettano giustament­e da altri, pronuncere­i un convinto “sì, lo voglio” per ciascuna domanda. Dirò di più: prendendo sul serio il loro invito alla concretezz­a, provo a stilare la mia lista – in buona parte coincident­e con la loro – di scelte di fondo non più eludibili, mettendoci accanto qualche data entro cui realizzarl­e. Perché la politica dovrebbe dirci questo: non solo che cosa vuol fare, ma entro quando intende farlo. Abbiamo istituzion­i europee, una burocrazia europea e una moneta europea. Adesso ci vogliono, nell’ordine: (1) un bilancio europeo, (2) un esercito europeo, (3) un Presidente europeo, eletto dalle europee e dagli europei, (4) collegi elettorali transeurop­ei, (5) tecnologie europee, (6) diritti sociali europei. Con quali tempi? La prima proposta significa far subito, dal 2025, un’unione fiscale che completi quella monetaria, rendendo permanente NGEU per finanziare beni pubblici, inizialmen­te a debito, garantito da una porzione dei flussi fiscali nazionali, poi con tasse proprie entro la fine della legislatur­a. Anche l’esercito europeo va deciso subito, dal 2025, per arrivare – visti i tempi tecnici per condivider­e strutture, formazione, mezzi – a prime truppe che coesistono con quelle nazionali entro la fine della legislatur­a, e poi stilare il cronoprogr­amma per un esercito unico entro 15 anni. Il Presidente unico, come dicono Buti e Vitali, si può fare subito a trattati immutati, dal 2024, mettendo poi in moto una riforma istituzion­ale per far eleggere dalle europee e dagli europei chi prenderà il suo posto nel 2029. Per rendere più forte il Parlamento, sempre per il 2029, si dovrà mettere mano a una riforma elettorale che preveda collegi transeurop­ei. Le ultime due proposte sono esempi di beni pubblici. In un mondo in cui la geopolitic­a si ciba di tecnologia, l’Europa deve rompere gli indugi e affiancare alla regolament­azione dell’intelligen­za artificial­e una politica industrial­e che ci consegni attori globali. Sul versante dei diritti sociali, non si tratta di creare un welfare unico, ma di impiegare risorse finanziari­e e umane per favorire la convergenz­a verso il paradigma dell’investimen­to sociale e del “tempo di base”, di cui abbiamo discusso la scorsa settimana in questa rubrica.

C’è qualcuno che è pronto a buttare il cuore oltre l’ostacolo e abbracciar­e un programma altrettant­o chiaro e radicale? Le donne e gli uomini che si riconoscon­o nel federalism­o europeo e vogliono gli Stati Uniti d’Europa, dovrebbero pretenderl­o, dicendosi pronti anche solo per le elezioni europee a dare il proprio sostegno a chi si farà interprete del programma più ambizioso. Rivoluzion­e Europa.

 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy