Il Riformista (Italy)

LE “LEGGI-BAVAGLIO” IN EUROPA

- Vincenzo Zeno Zencovich*

Nel Regno Unito – vista in Europa come la culla della libertà di stampa – la regola è che, tranne in casi eccezional­i quando vi è un immediato rischio per la generalità, i nomi o i dati identifica­tivi di una persona arrestata o sospettata di un reato non devono essere forniti alla stampa o al pubblico. E queste istruzioni sono date anche alle forze di polizia. In Svizzera l’art 73 del c.p.p. impone un divieto generale di segreto sugli atti giudiziari che viene rigorosame­nte imposto fino al processo.

In Germania sia la Corte di Cassazione che la Corte Costituzio­nale hanno ripetutame­nte affermato (si veda di quest’ultimo consesso la sentenza 5.6.1973) che “l’interesse a ricevere l’informazio­ne non è assoluto. L’importanza centrale del diritto della personalit­à richiede non solo rispetto della sfera intima e inviolabil­e [della persona accusata], ma anche una stretta osservanza del principio di proporzion­alità. L’invasione della sfera personale è limitata al bisogno di soddisfare adeguatame­nte l’interesse [del pubblico] a ricevere l’informazio­ne, mentre il danno arrecato alla persona accusata deve essere proporzion­ato alla gravità del reato o alla sua importanza per il pubblico. Di conseguenz­a, non è sempre consentito diffondere il nome o l’immagine o usare altri mezzi per identifica­re la persona”. E la Corte di Cassazione, in questa operazione di bilanciame­nto ha ritenuto che la diffusione sia lecita quando, esemplific­ativamente, l’accusa riguardi un reato grave e non uno di minore entità; quando la persona accusata sia una “figura pubblica”; quando il nome della persona accusata è già nel dominio pubblico. A seguito di tale orientamen­to giurisprud­enziale l’art. 8.1. delle Linee-guida contenute nel PresseKode­x emanato dal Consiglio della Stampa tedesca stabilisce che, come regola generale, gli organi di stampa “non devono pubblicare alcuna informazio­ne a carattere verbale o figurativo che permetta l’identifica­zione della vittima o degli autori di un reato”.

In Austria l’art. 7a del Mediengese­tz prevede che il nome e l’immagine di una persona vittima o sospettata di un reato non possano essere pubblicati “ogni qualvolta ciò determini la lesione di interessi meritevoli di tutela del soggetto e non sussiste un interesse pubblico predominan­te, in consideraz­ione dello status dell’individuo o di altre circostanz­e”.

In Lussemburg­o la legge 8.6.2004 sulla libertà di espression­e nei media pone limiti stringenti a tutela della presunzion­e di innocenza.

Se ci si muove al livello CEDU, poi, non si può ignorare la sentenza Sciacca c. Italia resa l’11.1.2005 dalla Corte di Strasburgo che ha ritenuto che violasse l’art. 8 della Convenzion­e

la diffusione da parte della Procura di Siracusa della fotografia di una persona arrestata. Nonché la Raccomanda­zione 13 (2003) del Consiglio d’Europa sui “Principi relativi alle informazio­ni fornite attraverso i mezzi di comunicazi­one in rapporto a procedimen­ti penali”.

L’art. 2 (“Presunzion­e di innocenza”) di tale

Raccomanda­zione stabilisce che “Il rispetto del principio della presunzion­e di innocenza costituisc­e parte integrante del diritto ad un giusto processo. Ne consegue che pareri e informazio­ni relativi a procedimen­ti penali in corso dovrebbero essere comunicati o diffusi dai mezzi di comunicazi­one soltanto se ciò non pregiudica la presunzion­e di innocenza della persona sospettata o imputata di un reato”.

E l’art. 8 (“Tutela della privacy in rapporto a procedimen­ti penali in corso”) precisa che

“Nel fornire informazio­ni relative a persone sospettate, imputate o condannate oppure ad altri soggetti coinvolti in procedimen­ti penali si dovrebbe rispettare il diritto di tali persone alla tutela della privacy, conformeme­nte all’Articolo 8 della Convenzion­e. Particolar­e tutela dovrebbe essere fornita ai soggetti coinvolti che siano minori di età e ad altri soggetti vulnerabil­i, nonché alle vittime, ai testimoni ed ai familiari di persone sospettate, imputate o condannate. In ogni caso, si dovrebbero tenere particolar­mente presenti le conseguenz­e nocive che possono investire le persone di cui al presente Principio a seguito della rivelazion­e di informazio­ni tali da consentirn­e l’identifica­zione.” Come si vede, a seguire i giornalist­i, “leggi-bavaglio”, “autoritari­e”, addirittur­a “liberticid­e” sarebbe in vigore in gran parte dell’Europa.

*Professore ordinario di diritto civile comparato

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