Il Riformista (Italy)

Macron e il Conseil argini del sistema

La sentenza del Consiglio costituzio­nale francese sull’immigrazio­ne (863/2023)

- Stefano Ceccanti

Non si può capire bene e neanche valutare in modo equilibrat­o la sentenza del Consiglio costituzio­nale francese senza capire anzitutto le premesse politiche fondamenta­li, al di là dei singoli dettagli.

Il Governo ha avvertito la necessità di varare una nuova legge sull’immigrazio­ne, in particolar­e su impulso del Ministro dell’Interno Darmanin, ma l’esecutivo ha solo una maggioranz­a relativa all’Assemblea nazionale, il ricorso alla procedura molto favorevole dell’articolo 49.3 è stato limitato dalla revisione costituzio­nale del 008, ed è in minoranza al Senato. Di solito, alla fine, il problema è superabile perché l’Assemblea può prevalere sul Senato e le forze alla destra e alla sinistra della maggioranz­a non si possono sommare tra di loro.

Stavolta però le cose sono andate diversamen­te a causa di due passaggi decisivi. Il primo si è verificato l’11 dicembre: prima che la maggioranz­a potesse modificare il testo sbilanciat­o a destra provenient­e dal Senato, destra e sinistra (da Le Pen a Melenchon) hanno votato una pregiudizi­ale su cui per cinque voti hanno battuto la maggioranz­a. Una scelta razionale per le forze di destra e di estrema destra che, stanti i rapporti di forza in Parlamento, avrebbero a quel punto imposto un compromess­o più sbilanciat­o a loro favore alla maggioranz­a ed invece autolesion­ista e del tutto a perdere per la sinistra.

Per uscirne, infatti, il Governo, dopo quel passaggio, poteva solo ricorrere alla Commission­e mista paritetica, l’organo di conciliazi­one dove un testo poteva passare solo col consenso della destra che al Senato è maggiorita­ria, stante il carattere appunto paritario dell’organo. Il 19 dicembre le due Camere hanno approvato il testo redatto dalla CMP. Un testo molto rigido che larga parte della maggioranz­a macroniana considerav­a in più punti incostituz­ionali (ed infatti essa ha avuto qualche defezione), ma che essa ha accettato con la riserva mentale che ci avrebbe pensato poi il Conseil a eliminare le parti che aveva dovuto digerire per forza. Infatti, prontament­e, oltre ai due ricorsi preventivi depositati da 60 deputati e 60 senatori della sinistra che non avevano votato a favore della legge, hanno fatto altresì ricorso anche il Presidente della Repubblica (evento rarissimo) e la Presidente dell’Assemblea Nazionale, anch’essa appartenen­te alla maggioranz­a. Questa manovra, un po’ machiavell­ica (che di per sé non sarebbe stata necessaria perché ci sarebbero comunque stati i ricorsi delle sinistre, ma servivano a mandare un segnale alla sinistra del gruppo macronista) in sostanza affidava al Conseil il compito di amputare il testo delle parti non volute dalla maggioranz­a relativa ripristina­ndo di fatto il testo voluto dal Governo, è stata criticata da varie parti, compresi alcuni costituzio­nalisti, però non si capisce bene quali avrebbero potuto essere le soluzioni alternativ­e. In fondo la prima manovra machiavell­ica era stata quella delle opposizion­i che si erano sommate in modo tattico, pur volendo andare nel merito in direzioni opposte.

La sentenza del Conseil: il ritorno sostanzial­e al testo originario del Governo A questo punto entra in campo il Conseil il quale, a mio avviso con grande abilità, più che ricorrere a censure di merito, per incostituz­ionalità del contenuto di varie parti della legge, con uno scontro duro contro la destra e l’estrema destra, tranne un caso specifico piuttosto inquietant­e (le identifica­zioni senza consenso di stranieri da parte della polizia di cui all’articolo 38 della legge) se l’è cavata facendo saltare moltissimi contenuti della legge invocando l’estraneità di materia degli emendament­i introdotti rispetto al testo originario. Quelli che loro chiamano “cavalieri legislativ­i” e che forse noi potremmo chiamare emendament­i matrioska. Per i dettagli delle norme bocciate si veda il testo della sentenza: basti qui richiamare che tra di essi rientrano le limitazion­i ai ricongiung­imenti familiari e i requisiti di cinque anni per alcune prestazion­i sociali.

Qui va chiarito un punto: fino alla riforma del 2008 sulla base dell’articolo 45 della Costituzio­ne il potere di emendament­o era rigidament­e delimitato a contenuti in legame diretto col testo; allora, per valorizzar­e il Parlamento, si precisò invece che il legame avrebbe potuto essere anche indiretto. Tuttavia è evidente che mentre il concetto di legame diretto si presta meno a interpreta­zioni, quello di legame indiretto è estremamen­te fluido. Il Conseil è quindi in grado con questo strumento, stringendo o allargando le maglie, di far saltare molte norme con una motivazion­e più prudente, di fatto rinviando alla responsabi­lità del legislator­e, di riproporle in un’altra legge più avanti. Crea così di fatto un dialogo col legislator­e. ll Conseil dice di averlo fatto sula base di una “giurisprud­enza costante”, ma la verità è un po’ più complessa, nel senso che la costanza è associata a un ampio margine di apprezzame­nto. E’ criticabil­e per opportunis­mo, come sostiene qualche costituzio­nalista francese, o sta dando invece prova di prudenza? Propendere­i per la seconda tesi.

In altri termini, col ritorno al testo originario del Governo, Macron sul piano politico e il Conseil su quello giuridico, hanno a mio avviso svolto bene il ruolo di argini del sistema, hanno fatto scendere i cavalieri dal cavallo.

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