Il Riformista (Italy)

Privatizza­zione Poste Sbagliato svendere i gioielli di famiglia

Senza dialogo e confronto aperto la stabilità dell’azienda è a rischio

- Raffaele Roscigno

Èormai ufficiale, dopo la recente approvazio­ne del DPCM, che il governo Meloni intende alienare, o meglio “svendere” i gioielli di famiglia per fare cassa a cominciare da Poste Italiane. Non è nostra intenzione alimentare polemiche con nessuno, ma a favorire questa nuova svendita di Stato sono coloro che in passato si erano schierati contro la privatizza­zione, perdendo credibilit­à nei confronti dei cittadini. Ma gli elettori hanno memoria lunga e scrutano attentamen­te le decisioni prese dalle istituzion­i. Perché come Slp Cisl, sindacato che ha la maggioranz­a assoluta di iscritti, ci opponiamo a questo ulteriore processo di privatizza­zione di Poste Italiane? Prima di tutto, perché è un’operazione che ha poco senso dal punto di vista economico e strategico. Negli ultimi 6 anni, il MEF ha ricevuto da Poste Italiane dividendi degli utili per circa 1.550 milioni di euro, mentre CDP ha incassato circa 1.900 milioni di euro, per un totale di 3.450 milioni di euro. A chi vogliamo regalare questa enorme rendita, sacrifican­do il potenziale a lungo termine per un guadagno immediato? La privatizza­zione metterebbe a repentagli­o il mantenimen­to della socialità di Poste Italiane, con possibili tagli al personale e riduzioni dei servizi, compromett­endo l’equilibrio del Gruppo Poste e il suo ruolo fondamenta­le nel tessuto sociale ed economico del Paese.

Ecco perché vogliamo un incontro urgente con il Governo per ragionare di privatizza­zione e piano industrial­e, credendo fermamente nell’importanza della mediazione politica e del dialogo costruttiv­o. Tuttavia, siamo pronti a difendere con ogni mezzo e strumento la sostenibil­ità e la salvaguard­ia del patrimonio pubblico e dell’universali­tà del servizio pubblico, se tale dialogo verrà messo in discussion­e o mortificat­o.

Dai giornali apprendiam­o che l’amministra­tore delegato di Poste prepara un piano industrial­e in funzione della privatizza­zione. In tale contesto, ribadiamo con fermezza che non accetterem­o tagli di personale, né piani che non prevedano investimen­ti concreti per lo sviluppo e l’innovazion­e, nonché politiche attive per la crescita e il benessere dei lavoratori e delle comunità servite da Poste Italiane.

A quel tavolo di confronto, se verrà convocato, rilancerem­o l’idea di evolvere la “governance” delle grandi imprese nel solco della partecipaz­ione dei lavoratori alle decisioni ed agli utili aziendali, promuovend­o un modello di gestione più inclusivo e orientato ai valori di responsabi­lità sociale d’impresa. Poste Italiane potrebbe diventare davvero un laboratori­o di innovazion­e e buone pratiche su questo tema, fungendo da esempio virtuoso per l’intero settore.

Se il governo deciderà di procedere con la privatizza­zione senza tener conto delle nostre legittime preoccupaz­ioni e richieste, sarà inevitabil­e una vertenza aspra e determinat­a da parte dei lavoratori e dei sindacati, al fine di tutelare i propri diritti e interessi. Sul nuovo contratto nazionale abbiamo appreso dai giornali che siamo in “dirittura d’arrivo”. Troviamo singolare tutto questo visto che il negoziato non e’ ancora iniziato, consideran­do la complessit­à delle tematiche in gioco e l’importanza delle trattative per il futuro dei lavoratori e dell’azienda stessa. È fondamenta­le garantire un processo negoziale trasparent­e ed equo, nel rispetto dei diritti e delle esigenze dei lavoratori, affinché si possa giungere a un accordo soddisface­nte per tutte le parti coinvolte.

Senza dialogo e confronto aperto, ci troveremo di fronte a enormi rischi e potenziali conflitti che potrebbero compromett­ere seriamente il funzioname­nto e la stabilità dell’azienda postale. Tuttavia, crediamo fermamente che sia ancora possibile percorrere la strada giusta, lavorando insieme per trovare soluzioni sostenibil­i e inclusive che salvaguard­ino il futuro di Poste Italiane e di tutti coloro che vi lavorano e ne benefician­o.

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