Buoro esordio nella narrativa Una spremuta di adolescenza
Siamo in Kontagora, Nigeria. Siamo come accade spesso nella vita al margine di qualcosa, nelle adiacenze di un centro agognato e fantasticato che rappresenta per il protagonista di “I cinque misteri dolorosi di Andy Africa” (Edizioni Atlante) il luogo dove vorrebbe si consumassero i suoi desideri. Stephen Buoro, al suo esordio nella narrativa, si rivela capace di assegnare al narratore di questa storia, un adolescente che brilla per vitalità e tenerezza, una voce riconoscibile e sempre colma di verità. Come sottolinea la sua traduttrice, Clara Nubile, “questo libro è una spremuta di adolescenza”, lo è in tutte le risate, nei dolori, negli amori negati o vissuti, nelle disgrazie; lo è nel cuore di un continente, l’Africa, con le sue superstizioni e i suoi rituali. Immersi nelle giornate di Andrew Aziza, scorribandiamo con i suoi amici, uniti nel sogno di creare una lega di supereroi africani, entriamo e usciamo dalla classe dove l’insegnante Zahrah impartisce le sue lezioni, ci immergiamo nel silenzio della chiesa dove sta per svolgersi una funzione: c’è il canto stonato della madre Gloria, mentre scrive una delle sue ricevute tenendo in mano la penna con cura e mentre le fossette sulle guance si allungano in un sorriso, non c’è invece un padre, o almeno non ancora, non fino al giorno in cui Andy sarà costretto a recuperare il passato e a porre sotto una diversa prospettiva sua madre, le scelte compiute e i segreti che fra di loro si aprono come una crepa. Lui, prima che la vita prenda a scivolargli dalle mani, ha le sue certezze e le sue abitudini. Immagina una diversa versione della madre, una mamma seconda: se non fossero nati dove sono nati, ad esempio, Gloria non dovrebbe rammendare i reggiseni e non indosserebbe teli in cui s’incendiamo i colori, ma vesti plissettate con motivi a fiori. Perché è questo il sogno proibito, da cui erompono i sensi di colpa del giovane Andy: amare donne diverse rispetto a quella che l’ha partorito. “Cara gente bianca, amo le ragazze bianche”, confessa in apertura. Se bionde, ancora meglio. E allora fantastica sul fluire morbido di quei capelli per nulla ribelli, magari legati in una coda di cavallo, e giura a sé stesso che sposerà una bianca, una bionda. Quando poi Andy si trova a incontrarla sul serio, una bianca, è inevitabile non innamorarsi. Eileen è inglese, ha l’incarnato chiaro quanto la chioma che le incornicia il viso, è la nipote del parroco locale giunta in visita a Kontagora. Tutto ciò che è rappresentanza di esotico, d’ignoto, di misterioso, e per questo ancora più attraente, s’incarna nella ragazza: sogno proibito e desiderio incessante. “Mi giro verso di lei, ammirato. Per la prima volta in assoluto mi trovo faccia a faccia con qualcuno che sta vivendo la vita che avrei voluto vivere io, che ha mangiato e ha visitato i luoghi che mi fanno sospirare tutte le notti che non riesco a dormire.” È la chimera che coltiva qualsiasi adolescente in procinto di diventare un uomo, non importano le coordinate geografiche o il colore dei capelli, la carnagione, la religione, gli usi o i costumi, importa la l’auto-percezione di un’esistenza che è impossibilitata a consumarsi ora e che è sempre in proiezione verso il domani, meglio se lontano, ricco d’avventure e di sorprese. L’arrivo della straniera, tuttavia, coincide con un attentato anticristiano in cui la madre di Andy resta gravemente ferita. La storia generale s’innesta a quella soggettiva del protagonista e lo espone al cambiamento. Più del resto, a un uomo che gli si presenta reclamando il suo ruolo di padre. Ecco che in poche ore si capovolge la sua esistenza. È il senso eterno dei romanzi di formazione, la misura incontrovertibile di qualsiasi percorso di crescita: essere disposti a smentire sé stessi, riprendersi dalle cadute e rimontare in sella ai giorni. Le direzioni pronte ad accogliere Andy, così caratterizzato finora dalle sue aspettative, sono sorprendenti come lo sono le svolte narrative nei bei romanzi, o come lo sono le sterzate impreviste che la vita ha in serbo per ciascuno di noi.