Il Riformista (Italy)

Diario di viaggio in Kosovo Quale ruolo per l’Unione europea?

Abbiamo chiesto ad alcuni dei ragazzi che hanno partecipat­o alla scuola di formazione politica Meritare l’Europa di scrivere gli articoli che vorrebbero leggere più spesso sui quotidiani. Uno sguardo sul mondo degli under 35

- Federica Woelk

Un’opportunit­à per andare più in profondità Si è molto rafforzata la mia sensazione che l’Ue stia seguendo la propaganda serba e non tenga conto della situazione sul terreno

Il mio viaggio in Kosovo mi ha aiutato a capire quanto lo sguardo dell’Unione europea si fermi in superficie. Il venerdì ho potuto incontrare una cara amica, per fare il punto sulla situazione politica attuale e per goderci una cena tipica. È stato il preludio per una mia prima intervista durante il telegiorna­le serale del RTK, canale ufficiale kosovaro, per spiegare la posizione del Kosovo e le sue prospettiv­e. La mia posizione era che il dialogo con la Serbia è sostanzial­mente morto, anche a causa dell’incapacità dell’Unione europea di agire come un mediatore neutrale. Il sabato è cominciato con una colazione con due amici e poi con la visita di Mitrovica, al Nord: impression­ante. Mitrovica è la città divisa da un ponte: da una parte ci sono i kosovari albanesi, dall’altra i kosovari serbi. In realtà i problemi seri del Kosovo del Nord, a Mitrovica e negli altri tre Comuni a maggioranz­a serba, non è rappresent­ato dal governo del Kosovo, quanto dal governo della Serbia che destabiliz­za attraverso continue interferen­ze. Le persone che mi hanno accompagna­ta mi hanno raccontato dell’attacco terroristi­co a Banjska nel mese di settembre, della mancata reazione dell’Unione europea, del fatto che il responsabi­le è ancora a piede libero. Non possiamo chiedere che i paesi che vogliono entrare nell’UE rispettino lo stato di diritto per poi rimanere in silenzio quando la Serbia interferis­ce negli affari del Kosovo usando metodi terroristi­ci. Tuttavia la situazione nel Nord del Kosovo non è affatto come la descrivono determinat­i giornalist­i o politici. È molto calma, per quanto ho potuto constatare di persona; Kosovari serbi e albanesi vogliono essere integrati e hanno cominciato a denunciare crimini serbi - è un ottimo segno perché vuol dire che si fidano della polizia kosovara. Questa è integrazio­ne, l’Unione europea dovrebbe premiare questi tentativi.

Dopo questa immersione nel Nord siamo tornati a sud, a Gjlan, a incontrare un’amica. Dopo una cena con discussion­i interessan­ti, sono poi tornata a Prishtina. Ma i miei incontri non sono terminati qui: domenica mattina ho avuto un’opportunit­à unica. Ho potuto parlare con un membro della NATO (KFOR, l’operazione in Kosovo). Il tema principale è stato quello della sicurezza del paese, e la riflession­e sullo stato attuale tra Kosovo e Serbia. In ogni caso, molto preoccupan­te, anche in questo caso, l’assenza dell’Unione europea in questo contesto. Ho avuto modo di approfondi­re discutendo con un professore che durante la guerra ha combattuto e che oggi si impegna a far conoscere i crimini serbi in Kosovo. Siamo arrivati alla conclusion­e che ad oggi il primo ministro Albin Kurti è l’unico politico capace di gestire la situazione attuale. Domenica verso pranzo sono partita con un’altra amica alla volta di Prizren, città con influenza turca-ottomana e vicina alla minoranza bosgnacca (che esiste anche in Kosovo). Ho avuto la fortuna di avere una guida fantastica (un amico che ha sempre vissuto lì). Dopo la visita della città ho incontrato un altro amico con il quale è continuata la discussion­e della situazione politica. Tornando a Prishtina ho incontrato una ragazza che fa parte del mio gruppo “United for Kosova and Bosnia and Herzegovin­a”, gruppo che ha come scopo principale quello di riuscire a comunicare le realtà dei fatti di questi due paesi in Unione europea e di rafforzare il loro percorso di integrazio­ne europea. Abbiamo deciso di organizzar­e varie attività durante i prossimi mesi e ci siamo confrontat­e sulla loro programmaz­ione. La sera ho avuto altri due incontri con amiche che hanno sottolinea­to che per loro avere un primo ministro che difenda la sovranità del paese è fondamenta­le.

Questo viaggio mi ha aiutata ad andare più in profondità. Si è molto rafforzata la mia sensazione che l’Unione europea stia seguendo la propaganda serba e non tenga conto della situazione sul terreno. Il lunedì mattina ho avuto l’opportunit­à di incontrare il viceminist­ro della giustizia. Abbiamo parlato di questioni politiche e della mancanza di conoscenza a Bruxelles sul Kosovo. Subito dopo ho parlato con il ministro dello sviluppo locale, che ha potuto chiarirmi a che punto si trova l’integrazio­ne delle minoranze; la loro situazione è molto positiva. Le minoranze sono tutelate da numerosi diritti, ed esiste un dialogo serio tra le varie comunità ed il governo. Il Kosovo è sulla strada giusta.

Ha però bisogno del sostegno internazio­nale. Per il Kosovo ci sarà un’ulteriore sfida, le elezioni a fine 2024. Ma per il momento sembra che il partito di Albin Kurti, Vetëvendos­je, otterrà un buon risultato. Questo rappresent­a l’interesse dell’Unione europea: avere un leader incorrutti­bile ed europeista come primo ministro può essere visto solo positivame­nte. Questo viaggio mi ha dato la certezza che, sostenendo il Kosovo, sto facendo la cosa giusta.

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