Il Riformista (Italy)

Sinner: «Cari ragazzi state lontani dai social e lavorate»

- Claudia Fusani

Un’ora di domande a raffica, dalla scelta della residenza Montecarlo nel mirino dei soliti leoni da tastiera a come si fa a gestire la Sinnermani­a passando per Sanremo, vado oppure no. “Grazie - dice Sinner con un sorriso dolcissimo - ma farò il tifo da casa, in quella settimana sarò già in campo a lavorare. Finiti questi tre giorni romani per me l’Australia è finita. Devo guardare avanti”. Amadeus, siamo certi, capirà. Sessanta minuti di domande e non ha sbagliato una risposta. La qualità del giocatore ha esaltato gli appassiona­ti. Le qualità di questo ragazzo di 22 anni sono forse superiori. Propedeuti­che a quelle del campione. Nella tre giorni romana, il numero 4 del mondo e vincitore dell’Australian Open è riuscito ad incastrare una lista di appuntamen­ti istituzion­ali pari a quella di un Nobel. Oggi l’ingresso al Quirinale con la squadra della Davis. Accompagna­to con cura quasi paterna dal presidente della Fitp Angelo Binaghi, ieri Sinner ha ritagliato un’ora per la stampa italiana. Alla fine ti chiedi: cosa ha colpito di più? Lui, Sinner. La gestione del successo. “Sono e resto molto tranquillo. Sono contento perché vincere uno Slam era un mio obiettivo e un mio sogno. Ringrazio tutti per l’affetto e il calore ma resto quello di due settimane fa: non c’è solo un torneo, ce ne sono tanti, a volte andrà bene, altre volte magari no”. Lezione numero uno: vittoria e sconfitta, quei due impostori. Come hai programmat­o il 2024 appena iniziato? “So che posso fare tutto meglio. Nel fisico per aumentare la forza e la resistenza. Mentalment­e per affrontare certe partite e i momenti no”. Lezione numero 2: la lucidità. Ti sei chiesto perché è scoppiata la Sinnermani­a e perché piaci così tanto a tutti? “Credo la semplicità, che poi mi dà la forza di gestire vittorie e sconfitte, momenti belli e altri meno. Il successo è una cosa positiva ma non ti deve cambiare. È un’occasione per crescere e capire. Sono un ragazzo di 22 anni a cui piace stare al compuesita­to ter, mangiare a volte in camera da solo, fare cose semplici. Ho sempre degli obiettivi. Come diciamo con il mio team, noi andiamo a caccia e ci proviamo ad ogni torneo sapendo che a volte andrà bene e altre meno. La confidenza conquistat­a con questa vittoria sarà un’arma molto utile nel futuro”. Lezione numero 3: la sincerità non è mai banale. Il bello di Sinner è che si vede che sviluppa il ragionamen­to mentre ascolta la domanda, se non capisce alcune metafore lo dice e sorride, a volte prende delle pause e dice “boh”, poi trova il filo. Non ha ad esempio sulla residenza a Montecarlo, il fatto di non pagare le tasse in Italia. “A 18 anni ho seguito mio allenatore dell’epoca (Riccardo Piatti, ndr) che è residente a Monaco perché là ci sono tanti giocatori per allenarsi, ci sono campi e palestre, e tutto facile a cominciare dal fatto che posso andare al supermerca­to a fare la spesa senza problemi. Sto bene lì quando mi devo allenare”. Lezione numero 5: chiarezza. Il Sinner giocatore elogia il suo team, di ieri e di oggi. Darren Cahill, Simone Vagnozzi, Alex Vittur e tutti gli altri così diversi e così complement­ari. “Posso aggiungere che ho già scritto a tutti loro che bisogna rimettersi presto a lavorare”. Lezione numero 6: etica del lavoro. Tornerà anche in altre risposte. Gestire tutto questo a 22 anni, in pratica fare il manager di se stesso, ha qualcosa di mostruoso. Sinner ha dimostrato di poterlo e saperlo due anni fa quando ha deciso di lasciare il team Piatti, che lo ha scoperto e lanciato, e di fare altre scelte. Difficili. “Nella mia testa scatta sempre un però… e allora decido. Due anni fa ho capito che volevo conoscere un altro metodo di lavoro. E mi sono buttato nel fuoco. Non posso dire cosa sarebbe successo se fossi rimasto lì”. C’è spazio anche per Sinner figlio. La risposta su genitori, famiglia, l’infanzia arriva in tedesco (lui resta un po’ perplesso e s’improvvisa interprete tra gli applausi) è un elogio che emoziona: “I miei hanno sempre lavorato, mi hanno insegnato che se volevo qualcosa dovevo lavorare. Questo è quello che ho visto. E ho imparato”. Lezione numero 6bis: ancora etica del lavoro. La lezione numero 7 è rispetto ed educazione. “Avrei voluto andare subito a casa ma a Sesto è successa una tragedia ad una famiglia di amici. Non me la sono sentita di andare su a festeggiar­e”. Si porta sempre un libro dietro, in ogni torneo. Ama le serie tv (“in Australia guardavo Animal Kingdom, qui non c’è, con un vpn però… io non ce l’ho eh…”). Soprattutt­o Sinner sta lontano dai social “perché non è quella la realtà e non dicono la verità. Ho molto rispetto, ovviamente, ma vivo felice meglio standone lontano”. Lezione numero 8: vivere e non rappresent­are. Il futuro? “La cosa più bella per me è andare in campo a lavorare. Non ci sono segreti, forse ho lavorato più di altri e in modo profession­ale. Che vinca o che perda, la mattina mi sveglio e penso: mi devo allenare”. Lezione di vita.

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