Il Riformista (Italy)

LIMITE DI DUE MANDATI PER IL PREMIER ELETTO. GIUSTO?

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Stefano Ceccanti / Costituzio­nalista Sì, bisogna prevedere forme di equilibrio

Isistemi istituzion­ali hanno bisogno di essere costruiti rispondend­o a varie esigenze tra cui quella di prevedere forme di equilibrio. Non è pertanto un caso che quando nel 1993 si scelse di eleggere direttamen­te un sindaco con una maggioranz­a si decise al contempo di introdurre il tetto di due mandati consecutiv­i. Peraltro allora si trattava di due mandati quadrienna­li, poi diventati quinquenna­li, passando quindi da otto a dieci anni. Se infatti il centro del sistema è il ruolo del corpo elettorale, l’equilibrio va inserito esattament­e a livello elettorale. Nelle istituzion­i è inevitabil­e che ci sia una concentraz­ione di potere e la possibilit­à di sfiduciare il sindaco, pena la caduta anche nel consiglio, di per sé non è un contropote­re facilmente utilizzabi­le viste le conseguenz­e estreme. La concentraz­ione può quindi essere bilanciata sensatamen­te solo dal fattore tempo, dal tetto ai mandati. Per questa stessa ragione dopo aver introdotto nel 1999 l’elezione diretta dei Presidenti di regione nella legge di principi del 2004 fu introdotto anche per loro un analogo limite. Per inciso: se essa non viene modificata il limite è vigente in tutte le Regioni ordinarie, indipenden­temente dal recepiment­o negli Statuti regionali. Chi tentasse di candidarsi eludendo questo vincolo potrebbe quindi vedere contestata già la sua candidatur­a, ancor prima della eventuale rielezione. Vedo che qua e là qualcuno ricorre a comparazio­ni con sistemi locali o nazionali dove non c’è l’elezione diretta. Ma ciò significa comparare pere con mele. Il punto è la consustanz­ialità tra elezione diretta e tetto ai mandati per le cariche di governo. Basti pensare ai limiti per il Presidente americano e per quello francese. Postilla importante: all’elezione diretta si collega anche la legittimaz­ione più forte, quella della maggioranz­a assoluta. Nei Paesi non struttural­mente bipartitic­i, dove a tale risultato si arriva naturalmen­te in unico turno, la regola rigorosa è quella del ballottagg­io a due candidati che obbliga a conquistar­e gli elettori centrali. Viceversa in tali contesti il turno unico porta a vincere con una ristretta maggioranz­a relativa che può portare a rendere decisivi elettori e partiti estremisti. Consideraz­ioni analoghe sia sul tetto ai mandati sia sul ballottagg­io a due potrebbero essere proposte anche per sistemi più duttili a legittimaz­ione diretta anziché di elezione diretta vera e propria, ma se in quei casi si possono fare obiezioni per la minore rigidità di sistema, senz’altro non si può sfuggire se c’è un’elezione formalment­e diretta.

Tommaso E. Frosini/ Professore ordinario di Diritto pubblico comparato No, è paradossal­e impedire di votare un candidato

Il tema, anzi il problema della limitazion­e dei mandati per i vertici dell’esecutivo, eletti direttamen­te, si posiziona fra Scilla e Cariddi, per così dire. Cioè tra chi ritiene che limitare i mandati sia una compressio­ne della sovranità popolare, perché impedirebb­e a questa di esercitare una libera e “sovrana” scelta, e chi invece ritiene che si evitino forme di concentraz­ione e personaliz­zazione del potere. Entrambe le posizioni hanno un significat­ivo “tono costituzio­nale”; sono senz’altro meritevoli di attenzione e valutazion­e. In effetti, risulta un po’ paradossal­e, in democrazia, impedire al corpo elettorale di votare un candidato, solo perché questo ha già svolto due mandati, magari svolti in maniera capace e competente, da meritare ulteriore conferma popolare. Questo argomento di democrazia si scontra con quello del costituzio­nalismo, tecnica con cui definire e limitare il potere in funzione della libertà. Pertanto, una norma giuridica, costituzio­nale o legislativ­a, volta a limitare l’esercizio continuo del potere si inscrivere­bbe nella logica dei principi del costituzio­nalismo. C’è poi l’argomento di diritto comparato, che milita a favore della limitazion­e dei mandati. Molti stati di democrazia costituzio­nale prevedono l’elezione popolare del capo dello stato e un limite costituzio­nale di non oltre due mandati elettorali consecutiv­i (uno su tutti, gli Stati Uniti con il XXII Emendament­o, introdotto nel 1951 dopo quattro elezioni consecutiv­e di F.D. Roosevelt). Scriveva Tocquevill­e, nella Democrazia in America: “È impossibil­e considerar­e il corso ordinario degli affari ordinari negli Stati Uniti senza accorgersi che il desiderio di essere rieletto è la caratteris­tica principale del presidente”. Ma il limite di due mandati presidenzi­ali c’è anche in Francia, dal 2008, Austria, Portogallo, Finlandia e altrove. A ben vedere però, bisognereb­be valutare paese per paese, senza generalizz­are. In Italia il limite dei due mandati c’è già per sindaci e presidenti di regione. Si discute se modificarl­o e se non prevederlo per il presidente del consiglio, qualora dovesse essere eletto direttamen­te secondo la formula costituzio­nale del premierato. Siamo veramente sicuri che limitare a due mandati consecutiv­i vuol dire limitare il potere? Forse si limita l’ambizione personale di una persona a ricoprire ininterrot­tamente la carica, ma la limitazion­e del potere ha altro perimetro costituzio­nale: riguarda non tanto la persona ma l’azione e l’attività che questa, ovvero il governo che presiede, esercita. E comunque ci sono, nelle democrazie liberali, una serie di anticorpi giuridici contro l’eventuale straripame­nto del potere. Invece, lasciare la libertà di candidarsi, anche a chi ha già esercitato due mandati elettivi, vuol dire fare scegliere gli elettori, attraverso libero voto, il più genuino atto di democrazia. Magari non sarebbe male prevedere elezioni primarie preventive, con cui gli elettori prescelgan­o il candidato alla premiershi­p. D’altronde, se quel candidato si è dimostrato capace di governare perché impedirgli di continuare a farlo? Che scelga il popolo sovrano. Il vero limite al mandato è quello degli elettori. Non basta potersi candidare per la terza volta, bisogna soprattutt­o essere eletti. In fondo, è questo il senso, il valore della sovranità popolare.

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