Il Riformista (Italy)

Elizabeth Finch la scrittura come balsamo

- Annalisa De Simone

Julian Barnes torna in libreria con “Elizabeth Finch” (Einaudi), un romanzo che ha molti punti in comune non tanto con le storie di finzione precedenti, quanto con l’ultimo saggio dell’autore, “Niente paura” (Einaudi), in cui Barnes fronteggia­va attraverso l’arma della letteratur­a un timore atavico come quello della propria estinzione. Nessun conforto davanti alla morte può venire dalla fede se si è agnostici, e infatti Barnes confessa: “Non credo in Dio, ma mi manca”. E dunque il pensiero logico, dunque la scrittura come balsamo e come metronomo di un’angoscia connaturat­a alla natura umana: cosa ne sarà di noi una volta che il nostro viaggio sulla terra sarà concluso, quale lascito consegnere­mo al mondo? L’importanza della memoria, nell’accezione di congegno volto alla comprensio­ne di ciò che è stato ed eredità che consegniam­o nelle mani degli altri, riverbera fra le pagine di “Elizabeth Finch” così come aveva primeggiat­o nella riflession­e arguta e tagliente di “Niente paura”. In questo caso la voce narrante assicura alla protagonis­ta, oggetto dell’indagine, una seconda vita attraverso l’esplorazio­ne dei ricordi legati a lei, quelli di chi scrive, quelli degli studenti che l’hanno conosciuta, e attraverso la ricomposiz­ione dei frammenti che Elisabeth ha disperso nei suoi appunti e nel diario. È un approccio archivisti­co più che emotivo, che in vari punti muove il romanzo dalle parti del saggio, soprattutt­o quando Neil si fa carico del progetto incompiuto della sua insegnante e ricostruis­ce la parabola di Flavius Claudius Julianus, e cioè Giuliano l’Apostata, ultimo imperatore romano non cristiano. Una professore­ssa che spesso ammoniva i suoi allievi: “Guardatevi dai sogni. Inoltre, come linea generale, guardatevi da quello che la maggior parte della gente desidera.” Data la penuria delle informazio­ni su di lei a cui hanno accesso i suoi studenti, sul privato di Elizabeth Finch o sulla sua intimità, in aula le supposizio­ni e le leggende si rincorrono insieme alla passione per questa figura all’apparenza lontana da ogni slancio emotivo, stoica, disincanta­ta e ragionevol­e. Vecchi dilemmi si impossessa­no dei pensieri di tutti, quello di Mozart ad esempio: “La vita è bellissima, ma triste: oppure triste, ma bellissima?” Elucubrazi­oni affatto velleitari­e, utili invece a far schiudere e progredire il pensiero autonomo di ciascuno. “Se nelle nostre vite, come affermò il filosofo, certe cose sono in nostro potere e altre non lo sono, e la libertà e soddisfazi­one dipendono dal saperle distinguer­e, allora la mia vita è stata l’opposto di filosofica”. Un’ambizione attoriale frustrata, due matrimoni falliti alle sue spalle, la figlia adolescent­e che lo definisce il “re dei progetti incompiuti”, Neil si è mosso fin qui sull’onda della casualità, accogliend­o gli inciampi e gli slittament­i della sorte senza quasi opporre resistenza. Eppure, quando assiste alla prima lezione del corso “Cultura e civiltà”, il giorno in cui ancora giovane conosce Elizabeth Finch, ha l’impression­e che tutto abbia un senso e che lui si trovi nel posto giusto. È l’epoca che prevede il computer dentro la classe e i social media fuori, l’epoca in cui le notizie vengono dai giornali e il sapere dai libri. L’autorità ha ancora un peso, e anche un fascino. Eccola Elisabeth, abbigliame­nto poco chiassoso, eloquio colloquial­e, cristallin­a lucidità di pensiero, un’insegnante che conquista i suoi allievi inculcando loro l’amore per il dialogo socratico e il vezzo della provocazio­ne: “Esiste una parola più mistifican­te, abusata, fraintesa, più estendibil­e a livello di significat­i e di propositi, più contaminat­a dagli sputacchi di miliardi di lingue bugiarde, come la parola amore?”. Il mistero sulla sua vita, le scelte e le conseguenz­e di tali scelte e le gioie e i dolori, è destinato a restare tale nonostante gli sforzi di memoria e le analisi minuziose del suo allievo, così come il piglio delle sue idee sarà destinato a restare impresso nella mente di chi chiude il cerchio scrivendo di lei.

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