Cipro, con i caschi blu nella “terra di nessuno”
Dal 1974 la missione Unficyp vigila sulla linea verde che divide l’isola A operare sul campo anche i Carabinieri italiani
- NICOSIA
La strada ancora asfaltata è circondata da edifici abbandonati ricoperti di filo spinato, fori di proiettili, sacchi di sabbia e le insegne ferme al 1974. Da una parte cartelli in turco che indicano di non avvicinarsi alla zona militare. Dall’altra parte, le torrette dei militari greco-ciprioti che monitorano qualsiasi movimento sospetto da nord. In mezzo, una terra di nessuno che divide Cipro e la capitale Nicosia in due parti: il territorio sotto il controllo della Repubblica di Cipro e l’autoproclamata Repubblica turca di Cipro nord, riconosciuta solo da Ankara. In quella striscia di terra, tutto è fermo al 1974: anno in cui la Turchia intervenne militarmente nell’isola cambiando per sempre i destini di Cipro. Cinquant’anni dopo, il tempo è ancora congelato. La capitale è trafitta come una Berlino della Guerra Fredda ma immersa nel Mediterraneo orientale, lontana dal freddo del Nord Europa. Le case abbandonate dentro la zona cuscinetto ma anche nei dintorni indicano a tutti che quel luogo non è affatto redento. Il senso di precarietà e di dolore non se n’è mai andato, e tutto lascia intendere che la ferita sarà molto difficile da rimarginare, richiedendo uno sforzo politico ma anche culturale di non poco conto. Ogni mossa della parte opposta viene vista come un pericoloso incidente diplomatico. E nella terra di nessuno, la “buffer zone”, gli unici autorizzati a muoversi e a vigilare affinché tutto resti immutato sono i militari delle Nazioni Unite. Unficyp, la Forza delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace a Cipro, è nell’isola dal 1964. Ma è dal 1974 che il suo compito è quello di presidiare la zona demilitarizzata. I caschi blu sono centinaia, e da un punto all’altro dell’isola controllano che anche il minimo incidente non sfoci in un qualcosa di grave. La tensione può esplodere anche per un episodio banale. E il sospetto che contraddistingue i rapporti tra il governo di Cipro e le autorità turche rende impossibile fare altrimenti. Sono i militari dell’Onu a dovere intervenire ogni volta che c’è un incidente o un pericolo registrato nella zona cuscinetto. E sono quindi loro gli unici agenti in un sottile territorio dai tratti surreali, tra checkpoint, case murate, vecchi bunker, una parte in cui si sente parlare turco e si ascolta il canto del muezzin, mentre una parte parla greco e in cui l’Unione europea è già da anni realtà. Se questa è la situazione del cuore di Nicosia, appena fuori dal centro abitato è l’aeroporto internazionale a essere il vero memoriale della guerra del 1974. Abbandonato dopo essere stato teatro di battaglie tra greco-ciprioti e turco-ciprioti, lo scalo di Nicosia, nato con il sogno di essere l’hub di un Paese a vocazione turistica, appare come una scenografia di un film post-apocalittico. Le scritte del controllo passaporti e dei “gate” ricordano al visitatore un tempo in cui i passeggeri usavano un aeroporto costruito con un’architettura moderna e una pista d’atterraggio da fare impallidire quelle dei più importanti scali occidentali. Mentre le pubblicità dell’epoca e i sedili comodi delle sale d’aspetto ci riportano a un mondo diverso, dove viaggiare era spesso un lusso e dove gli aeroporti apparivano come luoghi in cui si poteva attendere ore vicino a una caffetteria e senza controlli di sicurezza. In questo luogo in cui le lancette dell’orologio sono ferme al momento in cui si decise per quella “Linea Verde”, tra case abbandonate, trincee realizzate in fretta e furia, un aeroporto perduto forse per sempre e gatti che dominano incontrastati sul loro regno largo spesso solo pochi metri, i militari di Unficyp svolgono un lavoro complesso, suddiviso tra componenti civili, militari e di polizia. In quest’ultimo elemento, rientrano anche i carabinieri italiani: una componente numericamente piccola ma dal valore molto più che simbolico. Impiegati in tre diversi ambiti, il maresciallo capo Carmen Cicerelli, il maresciallo ordinario Alessia Neve e il maresciallo capo Federico Aschettino si trovano a lavorare in un teatro solo apparentemente semplice, ma in realtà denso di sfide. Sono arrivati a Cipro con una solida esperienza interna e internazionale e dopo avere superato una selezione impegnativa. Operare in un contesto come quello delle Nazioni Unite a Cipro e in assenza di un contingente militare come quello di altre missioni italiane all’estero implicano una scrematura e una preparazione diversa, e solo dopo la selezione interna si può accedere ai colloqui con gli stessi caschi blu. Anche l’organizzazione della missione, la sua natura, così come l’incardinamento dei militari dell’Arma nella componente della polizia dell’Onu (Unpol), conferiscono a questa missione caratteristiche uniche. E proprio per la preparazione dei Carabinieri, per le loro capacità militari e di polizia, il valore del contributo italiano è particolarmente apprezzato. Lo ha spiegato Satu Koivu, Senior Police Advisor della missione, ma anche il portavoce Aleem Siddique, portavoce di Unficyp, che ricordando la rilevanza politica della missione specialmente per il coordinamento con le autorità locali e la popolazione civile, ha sottolineato come il lavoro dei Carabinieri sia visto con molta attenzione dai caschi blu. Tra Pyla, luogo di incontro (e scontro) tra le due comunità, il punto di passaggio di Ledra tra le strade di Nicosia, e il quartier generale della missione, il personale italiano riveste incarichi di prestigio e conferma il valore delle missioni all’estero da parte dei militari di Roma. A maggior ragione in un contesto come quello cipriota, dove i destini dell’isola e i suoi equilibri si reggono su fili sottilissimi fatti di rapporti tra comunità, convivenza, incidenti più o meno “diplomatici”, e dove anche l’episodio apparentemente significante può diventare oggetto di scontro ai più alti livelli. Fino a diventare una questione di Stato. Un vero e proprio laboratorio geopolitico che unisce Europa e Mediterraneo. Con più di uno sguardo sul mondo mediorientale.