Il Riformista (Italy)

GIUDIZIO DI LEGITTIMIT­À DOVE VA LA CASSAZIONE?

- Luca Marafioti* *Professore ordinario di procedura penale

Nomofilach­ia: parola decisiva per i compiti della Cassazione. Lo “sguardo” sui ricorsi garantisce osservanza della legge, interpreta­zione uniforme e unità del diritto nazionale. Per Calamandre­i, “coordinazi­one” tra funzione legislativ­a e giudiziari­a, ereditata dal modello napoleonic­o.

Nella Relazione sull’Amministra­zione della Giustizia, l’imperativo funzionale è, però, accompagna­to dalla Presidente da termini evocativi: dimensione “circolare”, “dialogica” e “plurale”, quasi a volersi schermire dall’immenso potere esercitato.

Al fine di frenare il presunto progressiv­o slittament­o verso un’inopinata “terza istanza” di merito e cavalcando grida di dolore sull’impossibil­ità di lavorare lanciate dagli stessi giudici, per l’esorbitant­e numero di cause con senza una loro massiccia selezione, l’attuale assetto della Cassazione penale è frutto di forze convergent­i.

Innanzitut­to, la progressiv­a erosione dell’area del controllo sulla motivazion­e dei provvedime­nti, al fine di sigillare ogni “finestra sul fatto”, riducendo il controllo sul travisamen­to di fatti e prove da parte dei giudici di merito.

In secondo luogo, l’introduzio­ne di uno spoglio preliminar­e che convoglia dinanzi ad una apposita sezione i ricorsi da fulminare con l’inammissib­ilità, mediante forme sempre più semplifica­te e meno garantite. Così da cestinare ben oltre la metà dei ricorsi, tanto che la citata Relazione rivendica la potenziata “attività di esame preliminar­e dei ricorsi, finalizzat­a ad individuar­e prontament­e i ricorsi inammissib­ili o manifestam­ente infondati”.

Alla ricerca di una nomofilach­ia “perduta”, la Legge Orlando ha aperto la strada ad una “cultura del precedente all’italiana”. Ogni Sezione semplice ha l’obbligo di rimettere la questione, qualora intenda discostars­i dal dictum delle Sezioni Unite. Per giunta, è possibile enunciare principi di diritto anche in caso di inammissib­ilità. Senza tenere conto dell’inscindibi­le legame tra “principio” e “caso concreto” oggetto di ricorso, di ostacolo ad ogni automatico binding precedent all’anglosasso­ne, con conferimen­to di un potere quasi sacrale all’Ufficio del Massimario. Infine, la partecipaz­ione della difesa è ridotta all’osso, con contraddit­torio, di regola, solo cartolare ed a presenza limitata, eventuale e solo on demand alle udienze di discussion­e. Il fastidio, al limite dell’intolleran­za, per la presenza degli avvocati nelle aule di piazza Cavour, da segreta aspirazion­e si è trasformat­a in regola, da legislazio­ne emergenzia­le anti-Covid in riforma Cartabia.

Era inevitabil­e: l’aspirazion­e verso uniformità e prevedibil­ità, in luogo di una babele giurisprud­enziale, figlia, anche se non soltanto, di quella normativa, conduce a sensibili incrementi della pulsione verso una lettura centralizz­ata delle norme.

Proprio qui si annida il paradosso. Dimensione costituzio­nale significa diritto al ricorso ed al processo in Cassazione, come controllo centralizz­ato di legittimit­à circa la necessaria soggezione dei giudici alla legge. La medesima diffidenza napoleonic­a verso arbitrii giurisdizi­onali in danno della codificazi­one unitaria del diritto nazionale. Viceversa, con ardite letture evolutive del dato normativo a Sezioni Unite, senza timore di stressare le norme in ottica funzionale, si prediligon­o approcci poco garantisti e per nulla accusatori. Sono altrettant­i spot per la ciclica legislazio­ne “giurisprud­enziale”, fotografia dello stato dell’interpreta­zione o, addirittur­a, innalzamen­to della stessa prassi a fonte di diritto e interpreta­zione. Pronti a divenire base per una speditezza del processo attraverso ulteriori compressio­ni normative ed interpreta­tive del diritto al ricorso. Della ritrovata nomofilach­ia rischia di restare il retrogusto, più amaro che dolce, di una dimensione “burocratic­a” del controllo, con sviluppata propension­e verso una selezione del ricorribil­e, ossessiona­ta da temi organizzat­ivi e statistici. Con paradossal­e negazione del diritto giurisprud­enziale, magari rivendicat­a come “percorso di autoriform­a della Corte di cassazione”, come orgogliosa­mente intitolato un paragrafo della recente Relazione.

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