Chi pensa all’Europa e chi alle candidature
Bisogna spiegare qual è la vera posta in gioco con il voto per una eventuale nuova Europa
Nel frastuono che accompagna il dibattito e il confronto politico in vista delle ormai prossime elezioni europee, stranamente manca un tassello: e cioè, la prospettiva che vogliamo per l’Europa e un progetto politico sull’Europa. Perché i temi che attualmente caratterizzano il dibattito, e non c’è da dubitare che la deriva sarà sempre più forte e persistente nelle prossime settimane, sono sostanzialmente due: e cioè, chi si candida dei leader di partito per l’Europa e come si possono comporre le maggioranze politiche dopo il voto europeo. E cioè, due temi radicalmente lontani, esterni ed esterni rispetto al sentire comune di qualsiasi cittadino italiano e che conferma, purtroppo, un fatto che i vari commentatori ricordano insistentemente: il rischio che vada al voto meno della metà degli aventi diritto. Ora, è abbastanza evidente che non c’è talk televisivo - anche se sono sempre meno ascoltati - accompagnato dalla quasi totalità degli organi di informazione della carta stampata, sempre meno letti purtroppo, che ogni giorno non richiamino l’attenzione su aspetti del tutto marginali. Nello specifico, la Schlein si candida nelle cinque circoscrizioni o solo in alcune delle cinque per evitare che le donne del Pd si lamentino della potenziale esclusione a vantaggio dei maschi del Pd? Ma, di grazia, il sistema elettorale per le europee non prevede il proporzionale con preferenze? E che cosa centra essere il numero 2, o 3 o 4 o 5 della lista quando puoi il cittadino/elettore deve scrivere il cognome del candidato? Qui, come ovvio, non c’è la lista dei designati, né quindi degli eletti, che si conoscono già quando vengono depositate le liste. Mi riferisco, come ovvio, a ciò che avviene per la Camera e il Senato. A prescindere da tutto, come direbbe il grande Totò. Ma nel Pd questo tema non fa breccia perché il tutto si limita a capire cosa farà la Schlein. E quindi paginate intere sulle intramontabili correnti interne, sul simpatico e sempreverde Prodi che dispensa consigli a giorni alterni sul tema e molteplici interviste sugli organigrammi interni. Stesso tema, anche se meno insistente, avviene per la Premier Meloni nel suo partito. Comunque sia, temi, argomenti e riflessioni strutturalmente autoreferenziali e del tutto lontani da tutto ciò che interessa concretamente i cittadini/elettori.
E poi c’è il tema della formazione delle future maggioranze. Elemento indubbiamente interessante perché centrale e decisivo per sapere quali saranno anche le future politiche europee nei diversi settori di competenza, ma che evidenziano anche l’eterno richiamo degli organigrammi e dei soli equilibri di potere. Infine, terzo ed ultimo tema del tutto virtuale e sovrastrutturale, sapere quali saranno i leader politici nazionali che si candidano anche per l’Europa. E quindi, e di conseguenza, grande ed esclusiva concentrazione sugli equilibri di potere, sugli organigrammi dipotere, sulle candidature e sulle ambizioni dei singoli. Dulcis in fundo, come ricordavo poc’anzi, la pesante lamentela sul fatto che ci sarà, tuttavia, un pesante e massiccio astensionismo che rischia di far precipitare il valore della partecipazione elettorale e quindi del valore e della qualità della democrazia. Ecco perché, come non si stanca di ripetere Matteo Renzi, forse è giunto il momento - se vogliamo invertire la rotta di questo squallido confronto pre elettorale - per concentrare l’attenzione su ciò che ci aspetta dopo il voto del 9 giugno. E cioè, molto semplicemente, spiegare qual è la vera posta in gioco con il voto per una eventuale nuova Europa. Con quella che, con una giusta ed intelligente provocazione politica, culturale, programmatica e valoriale, viene chiamata come la frontiera dei “nuovi stati uniti d’Europa”. E se questo dibattito non decolla non lamentiamoci poi il giorno dopo il voto della progressiva ed irreversibile disaffezione dalla vita pubblica, e quindi dalla democrazia di quote consistenti dei cittadini italiani.