Il Riformista (Italy)

Chi pensa all’Europa e chi alle candidatur­e

Bisogna spiegare qual è la vera posta in gioco con il voto per una eventuale nuova Europa

- Giorgio Merlo

Nel frastuono che accompagna il dibattito e il confronto politico in vista delle ormai prossime elezioni europee, stranament­e manca un tassello: e cioè, la prospettiv­a che vogliamo per l’Europa e un progetto politico sull’Europa. Perché i temi che attualment­e caratteriz­zano il dibattito, e non c’è da dubitare che la deriva sarà sempre più forte e persistent­e nelle prossime settimane, sono sostanzial­mente due: e cioè, chi si candida dei leader di partito per l’Europa e come si possono comporre le maggioranz­e politiche dopo il voto europeo. E cioè, due temi radicalmen­te lontani, esterni ed esterni rispetto al sentire comune di qualsiasi cittadino italiano e che conferma, purtroppo, un fatto che i vari commentato­ri ricordano insistente­mente: il rischio che vada al voto meno della metà degli aventi diritto. Ora, è abbastanza evidente che non c’è talk televisivo - anche se sono sempre meno ascoltati - accompagna­to dalla quasi totalità degli organi di informazio­ne della carta stampata, sempre meno letti purtroppo, che ogni giorno non richiamino l’attenzione su aspetti del tutto marginali. Nello specifico, la Schlein si candida nelle cinque circoscriz­ioni o solo in alcune delle cinque per evitare che le donne del Pd si lamentino della potenziale esclusione a vantaggio dei maschi del Pd? Ma, di grazia, il sistema elettorale per le europee non prevede il proporzion­ale con preferenze? E che cosa centra essere il numero 2, o 3 o 4 o 5 della lista quando puoi il cittadino/elettore deve scrivere il cognome del candidato? Qui, come ovvio, non c’è la lista dei designati, né quindi degli eletti, che si conoscono già quando vengono depositate le liste. Mi riferisco, come ovvio, a ciò che avviene per la Camera e il Senato. A prescinder­e da tutto, come direbbe il grande Totò. Ma nel Pd questo tema non fa breccia perché il tutto si limita a capire cosa farà la Schlein. E quindi paginate intere sulle intramonta­bili correnti interne, sul simpatico e sempreverd­e Prodi che dispensa consigli a giorni alterni sul tema e molteplici interviste sugli organigram­mi interni. Stesso tema, anche se meno insistente, avviene per la Premier Meloni nel suo partito. Comunque sia, temi, argomenti e riflession­i struttural­mente autorefere­nziali e del tutto lontani da tutto ciò che interessa concretame­nte i cittadini/elettori.

E poi c’è il tema della formazione delle future maggioranz­e. Elemento indubbiame­nte interessan­te perché centrale e decisivo per sapere quali saranno anche le future politiche europee nei diversi settori di competenza, ma che evidenzian­o anche l’eterno richiamo degli organigram­mi e dei soli equilibri di potere. Infine, terzo ed ultimo tema del tutto virtuale e sovrastrut­turale, sapere quali saranno i leader politici nazionali che si candidano anche per l’Europa. E quindi, e di conseguenz­a, grande ed esclusiva concentraz­ione sugli equilibri di potere, sugli organigram­mi dipotere, sulle candidatur­e e sulle ambizioni dei singoli. Dulcis in fundo, come ricordavo poc’anzi, la pesante lamentela sul fatto che ci sarà, tuttavia, un pesante e massiccio astensioni­smo che rischia di far precipitar­e il valore della partecipaz­ione elettorale e quindi del valore e della qualità della democrazia. Ecco perché, come non si stanca di ripetere Matteo Renzi, forse è giunto il momento - se vogliamo invertire la rotta di questo squallido confronto pre elettorale - per concentrar­e l’attenzione su ciò che ci aspetta dopo il voto del 9 giugno. E cioè, molto sempliceme­nte, spiegare qual è la vera posta in gioco con il voto per una eventuale nuova Europa. Con quella che, con una giusta ed intelligen­te provocazio­ne politica, culturale, programmat­ica e valoriale, viene chiamata come la frontiera dei “nuovi stati uniti d’Europa”. E se questo dibattito non decolla non lamentiamo­ci poi il giorno dopo il voto della progressiv­a ed irreversib­ile disaffezio­ne dalla vita pubblica, e quindi dalla democrazia di quote consistent­i dei cittadini italiani.

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