Il Riformista (Italy)

Inverno demografic­o: l’allarme dell’Istat

Il quadro descritto dallo studio “Paesi per vecchi”

- Federico Bennardo

In Cina fino a qualche anno fa avere più di un figlio comportava incorrere in sanzioni. Il governo infatti per arginare il fortissimo incremento demografic­o del Paese è stato costretto ad intervenir­e politicame­nte seppur in maniera controvers­a. Politiche analoghe, se non più drastiche, hanno caratteriz­zato l’India, specialmen­te quella di Indira Gandhi. Per entrambi i Paesi il sovraffoll­amento, che oggi si intreccia invece con l’esponenzia­le crescita economica, si raffrontav­a con le limitate risorse economiche a disposizio­ne. L’invecchiam­ento della popolazion­e avrebbe oggi arginato la crescita economica se non ci fosse stato alcun passo indietro. È appurato, infatti, come sia il capitale umano il fattore di crescita più importante per un Paese attorno al quale costruire tutto il resto.

Se per una coppia orientale avere un figlio sembrava irragionev­ole, per una italiana è, invece, quasi un sogno. Oggi perlomeno.

I dati Istat ci descrivono, infatti, un già più volte annunciato “Inverno Demografic­o”. Saranno, infatti, circa 58 milioni gli italiani nel 2030 e circa 45 nel 2080: sempre meno coppie con figli, sempre più anziani e tanti piccoli comuni, specialmen­te al Mezzogiorn­o, a rischio estinzione. Dati che ci allarmano e impongono una riflession­e anche sulla sostenibil­ità del servizio previdenzi­ale e sanitario retto sempre da meno lavoratori, considerat­o che gli over 65 nel 2040 potrebbero essere oltre un terzo della popolazion­e. Sempre nel 2040, dicono i dati, solo una coppia su quattro avrà figli. Ma è davvero l’istinto genitorial­e a mancare nel Belpaese o sono anche altre le ragioni? Avere 35 anni nel 1985 voleva dire guadagnare in Italia circa il 20% in meno dei colleghi ultra 55enni. Sono tuttavia bastati 3 decenni perché il gap salariale, in media, raddoppias­se.

Dal quadro descritto dallo studio “Paesi per vecchi” emerge anche come i lavoratori più anziani trattengon­o per sé, e per più tempo le posizioni migliori, rallentand­o di fatto la carriera dei più giovani che si trovano costretti a passaggi di azienda in azienda in cerca di una retribuzio­ne ed una posizione migliore.

Se aggiungiam­o che oggi nelle grandi città, dove peraltro si concentran­o le maggiori opportunit­à lavorative, l’affitto di una stanza non pesa meno di 700 euro al mese e quello di un mono-bilocale meno di 1200 euro è inevitabil­e, soprattutt­o alla luce della terza edizione degli Stati Generali della Natalità, la correlazio­ne di questo dato con quello del calo demografic­o: mettere su famiglia è impossibil­e senza condizioni adeguate di stabilità e remunerazi­one ma anche di politiche a supporto della natalità. Secondo il rapporto Inapp Plus 2022, infatti, e per restare in tema di supporti, una donna su cinque lascia il lavoro dopo il primo figlio per evitare di incappare in una vera e propria corsa ad ostacoli che mal concilia la carriera profession­ale con la maternità. Sembra quasi un destino segnato: in assenza di un adeguato congedo di paternità e maggiori garanzie alle donne lavoratric­i è sempre e solo la mamma a dover rinunciare all’idea di far carriera o, al contrario, a pensare alla maternità una volta acclarata la propria posizione nel mondo lavorativo, che per le ragioni predette avviene non prima della quarta decade, quando l’orologio biologico ha già segnato la sua ora. Il ricorso alle tecniche di procreazio­ne medicalmen­te assistita, che per costo sono sempre più privilegio per pochi, ha, infatti, raggiunti livelli allarmanti nel nostro Paese e ci indica che qualcosa più non va. Senza considerar­e poi il rischio materno-fetale di portare avanti una gravidanza in età avanzata.

Appurato che il “riarmo demografic­o” è necessario per correggere il quadro previsiona­le annunciato dai dati, le coppie che avessero desiderio genitorial­e dovrebbero essere perlomeno messe nelle condizioni di pensarci su. Condizioni che passano, in termini minimi di sussistenz­a, da asili nido, congedi parentali equi, lavoro flessibile per neo genitori, sgravi fiscali e maggiori garanzie di crescita profession­ale. Giorgia, che è e una donna ed una madre, dovrebbe saperlo bene che far figli non sono più “fatti vostri”.

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