Il Riformista (Italy)

Ore decisive per Rafah e accordo Usa in pressing su Israele

Dopo avere incontrato il re Abdallah II di Giordania, Biden si è espresso su X: «Vi do la mia parola: sto lavorando giorno e notte per riportare a casa tutti gli ostaggi»

- Lorenzo Vita

Mentre nella Striscia di Gaza le truppe israeliane continuano a premere su Rafah e a predisporr­e i piani per l’evacuazion­e dei civili e l’assedio, la diplomazia lavora per raggiunger­e l’agognato accordo tra Hamas e Israele su tregua e liberazion­e degli ostaggi rapiti il 7 ottobre. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è in prima linea per arrivare a un’intesa che per la politica estera di Washington è ormai fondamenta­le. Il Medio Oriente in fiamme mette a repentagli­o tutta la strategia della Casa Bianca nell’area. E l’interesse di Biden è che l’accordo tra Hamas e Stato ebraico venga raggiunto prima che l’operazione militare a Rafah possa incendiare ulteriorme­nte l’exclave palestines­e e la regione. Anche per evitare una nuova “guerra infinita” in piena corsa per la rielezione alla guida del Paese. Dopo avere incontrato il re Abdallah II di Giordania, Biden ha espresso il suo pensiero con un posto sul suo profilo X. “Vi do la mia parola: sto lavorando giorno e notte per trovare i mezzi per riportare a casa tutti gli ostaggi, per alleviare la crisi umanitaria, per porre fine alla minaccia terroristi­ca e per portare la pace a Gaza e in Israele - una pace duratura con due Sati per due popoli” ha scritto il “commander in chief ” Usa. Un messaggio inequivoca­bile, che si unisce alle parole con le quali lo stesso presidente aveva commentato l’incontro appena avvenuto col monarca giordano. Ai giornalist­i presenti, il capo della Casa Bianca aveva accennato al fatto che nel vertice bilaterale si era parlato di “un accordo sugli ostaggi tra Israele e Hamas che porterebbe un periodo di calma immediato e prolungato a Gaza per almeno sei settimane” e che “gli elementi chiave dell’accordo” erano sul tavolo pur esistendo ancora alcune “lacune”. Biden non ha poi fornito ulteriori dettagli. Tuttavia, non è un mistero che da tempo il presidente Usa sia fortemente critico nei confronti delle politiche espresse dal premier israeliano Benjamin Netanyahu. E questo è stato confermato sia nei richiami pubblici sulla possibile operazione a Rafah (dove ha trovato rifugio buona parte della popolazion­e della Striscia) sia in quelli per esortale i leader israeliani e palestines­i a tornare al tavolo delle trattative. Un negoziato a cui Biden ha voluto che prendesse parte il direttore della Cia, William Burns, da tempo protagonis­ta della diplomazia del presidente democratic­o. L’uomo della Cia si è incontrato nella capitale egiziana con il direttore del Mossad, David Barnea, il capo dell’intelligen­ce del Cairo e il primo ministro qatariota, Mohammed bin Abdul Rahman al Thani. Mentre è giallo sulla delegazion­e di Hamas. Secondo i media Usa, che hanno avuto modo di parlare con fonti di alto livello del gruppo palestines­e, queste 24 ore potrebbero essere decisive. “C’è una chiara e forte determinaz­ione tra i mediatori nel raggiunger­e accordi di cessate il fuoco e avviare un processo di scambio per liberare i prigionier­i da entrambe le parti e portare cibo, rifornimen­ti, forniture mediche e petrolifer­e” ha detto ieri una fonte di Hamas alla Cnn. I negoziati non sono semplici, ripetono le fonti vicine al dossier. Ma la pressione è tutta per l’intesa, complice anche la contrariet­à dell’intera comunità internazio­nale a un eventuale assalto a Rafah che metta a rischio i civili palestines­i. Il portavoce del consiglio di Sicurezza della Casa Bianca, John Kirby, ha ricordato che “ogni piano credibile che possa essere applicato dovrebbe tenere in conto il loro trasferime­nto fisico, la sicurezza del trasferime­nto, insieme alle adeguate risorse riguardo a cibo, acqua, medicine e accesso ad assistenza medica”. Secondo il Wall Street Journal, Israele avrebbe presentato all’Egitto un piano di evacuazion­e che prevede 15 siti con 25.000 tende ciascuno da allestire nel territorio della Striscia a sud di Gaza city. Tuttavia, Kirby ha detto che gli Usa “non hanno visto quello che gli israeliani stanno pensando” per proteggere la popolazion­e, pur ricordando lo sforzo delle Israel defense forces per evitare un più alto numero di morti. “Le abbiamo viste adottare delle azioni, a volte azioni che non sono sicuro che i nostri militari hanno adottato, nell’informare i civili prima delle operazioni, indicando dove andare e dove non andare” ha ammesso il portavoce. Eppure, fonti del Dipartimen­to di Stato che hanno parlato all’Huffington Post hanno rivelato che a Washington si starebbe indagando per eventuali “violazioni dei diritti umani” nel conflitto. In particolar­e, i funzionari Usa starebbero da tempo monitorand­o le mosse di Israele per capire se queste siano in linea con il Civilian Harm Incident Response Guidance. Il governo ha sempre smentito indagini sullo Stato ebraico. Ma queste rivelazion­i, oltre a contraddir­e la versione ufficiale, sarebbero la conferma del pressing su Netanyahu per accettare un compromess­o sulla guerra. Il capo di stato maggiore delle Idf, il generale Herzi Halevi, non ha però dubbi: per sconfigger­e Hamas “c’è ancora molta strada da fare”.

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