Il Riformista (Italy)

Serie A 20 squadre ora (e in futuro)

Non ci sarà dunque alcuna Superleghi­na come l’ha scherzosam­ente definita il presidente del Torino, Urbano Cairo

- Alberto Gaffuri

Una riduzione del numero complessiv­o delle squadre che giocano in Serie A? Nient’affatto, almeno per il momento. Con sedici mani contrarie a un cambio di rotta sulle venti aventi diritto a esprimere il proprio pensiero, l’assemblea dei club della più importante divisione nazionale di calcio ha deciso di mantenere inalterato il format con il quale da poco meno di vent’anni si sviluppa il massimo campionato italiano. Nessuna riduzione del numero delle società partecipan­ti, nessun passaggio a diciotto squadre per rispondere a un’esigenza che, a giudicare dalle posizioni scaturite nel corso della votazione, non è uniforme, né maggiorita­ria rispetto ai numeri in campo.

A spingere per un ridisegno della Serie A sono state Inter, Juventus, Milan e Roma; tutte le altre, invece, hanno fatto fronte comune, ribadendo il loro no all’eliminazio­ne di due squadre dal lotto delle partecipan­ti.

A motivare la richiesta dei quattro club che invece l’hanno votata l’asserita necessità di contenere il numero complessiv­o delle partite giocate. Questo, con l’aspettativ­a di preservare il capitale umano delle squadre più impegnate sul palcosceni­co internazio­nale, altrimenti costrette a fare i salti mortali per mantenere la necessaria forma fisica anche alla luce del numero costanteme­nte in crescita di gare cui sono sottoposti i giocatori delle realtà più rappresent­ative. Se le citate quattro hanno fatto fronte comune attorno alla dichiarata volontà di tutelare i propri atleti, non c’è stata la necessaria condivisio­ne da parte di tutte le altre partecipan­ti sedute attorno al tavolo. Il risultato sotto gli occhi di tutti è stato un sostanzial­e nulla di fatto, con l’ipotesi prospettat­a da Inter, Juve, Milan e Roma rimandata al mittente senza se e senza ma e la sensazione che, giunti al voto palese, ci sia ora davvero poco da mettere sul piatto per avviare un’ulteriore trattativa in tale direzione. Difficile, insomma, che si torni a breve sulla questione, specie dopo la dimostrazi­one di compattezz­a della stragrande maggioranz­a delle società.

La storia del calcio di casa nostra ricorda che dei novantadue campionati a girone unico disputati dal 1929 a oggi, venticinqu­e, compreso quello in corso, hanno visto la partecipaz­ione di venti concorrent­i. Così avviene ininterrot­tamente dalla stagione 2004-2005 in poi; lo era stato, in precedenza, nel 1946-1947 e dal 1948 al 1952. Eccezion fatta per le ventuno società iscritte nella stagione 1947-1948, la maggioranz­a dei tornei fin qui proposti – ben 36 - s’è invece svolta con diciotto contendent­i ai nastri di partenza, anche se l’ultima edizione composta in questo modo è datata addirittur­a 2003-2004. Da allora in avanti, e stiamo parlando di un ventennio tondo tondo, la composizio­ne numerica non è più stata modificata, consideraz­ione che ben spiega la volontà di mantenere l’attuale assetto deciso dalla schiaccian­te prepondera­nza delle odierne venti partecipan­ti al massimo campionato.

Non ci sarà dunque alcuna Superleghi­na come l’ha scherzosam­ente definita il presidente del Torino, Urbano Cairo, una definizion­e tutt’altro che banale come del resto non lo è stata la presa di posizione di una Lega che ha mostrato di non aver gradito la fuga in avanti dell’attuale trio in testa alla classifica della A.

Dando uno sguardo a ciò che accade al di fuori dell’Italia, nei massimi tornei europei il numero di partecipan­ti fluttua tra diciotto e venti team; Francia e Germania appartengo­no al primo gruppo; Inghilterr­a e Spagna, di contro, al secondo. Difficile, insomma, individuar­e una correlazio­ne univoca tra i risultati sportivi ottenuti e il numero di match disputati, benché la medesima diversità dimostri quanto l’uno o l’altro tetto non rappresent­ino un dogma assoluto su cui dividersi.

In sintesi: una Serie A a venti squadre c’è e una Serie A a venti ci sarà anche in futuro.

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