Serie A 20 squadre ora (e in futuro)
Non ci sarà dunque alcuna Superleghina come l’ha scherzosamente definita il presidente del Torino, Urbano Cairo
Una riduzione del numero complessivo delle squadre che giocano in Serie A? Nient’affatto, almeno per il momento. Con sedici mani contrarie a un cambio di rotta sulle venti aventi diritto a esprimere il proprio pensiero, l’assemblea dei club della più importante divisione nazionale di calcio ha deciso di mantenere inalterato il format con il quale da poco meno di vent’anni si sviluppa il massimo campionato italiano. Nessuna riduzione del numero delle società partecipanti, nessun passaggio a diciotto squadre per rispondere a un’esigenza che, a giudicare dalle posizioni scaturite nel corso della votazione, non è uniforme, né maggioritaria rispetto ai numeri in campo.
A spingere per un ridisegno della Serie A sono state Inter, Juventus, Milan e Roma; tutte le altre, invece, hanno fatto fronte comune, ribadendo il loro no all’eliminazione di due squadre dal lotto delle partecipanti.
A motivare la richiesta dei quattro club che invece l’hanno votata l’asserita necessità di contenere il numero complessivo delle partite giocate. Questo, con l’aspettativa di preservare il capitale umano delle squadre più impegnate sul palcoscenico internazionale, altrimenti costrette a fare i salti mortali per mantenere la necessaria forma fisica anche alla luce del numero costantemente in crescita di gare cui sono sottoposti i giocatori delle realtà più rappresentative. Se le citate quattro hanno fatto fronte comune attorno alla dichiarata volontà di tutelare i propri atleti, non c’è stata la necessaria condivisione da parte di tutte le altre partecipanti sedute attorno al tavolo. Il risultato sotto gli occhi di tutti è stato un sostanziale nulla di fatto, con l’ipotesi prospettata da Inter, Juve, Milan e Roma rimandata al mittente senza se e senza ma e la sensazione che, giunti al voto palese, ci sia ora davvero poco da mettere sul piatto per avviare un’ulteriore trattativa in tale direzione. Difficile, insomma, che si torni a breve sulla questione, specie dopo la dimostrazione di compattezza della stragrande maggioranza delle società.
La storia del calcio di casa nostra ricorda che dei novantadue campionati a girone unico disputati dal 1929 a oggi, venticinque, compreso quello in corso, hanno visto la partecipazione di venti concorrenti. Così avviene ininterrottamente dalla stagione 2004-2005 in poi; lo era stato, in precedenza, nel 1946-1947 e dal 1948 al 1952. Eccezion fatta per le ventuno società iscritte nella stagione 1947-1948, la maggioranza dei tornei fin qui proposti – ben 36 - s’è invece svolta con diciotto contendenti ai nastri di partenza, anche se l’ultima edizione composta in questo modo è datata addirittura 2003-2004. Da allora in avanti, e stiamo parlando di un ventennio tondo tondo, la composizione numerica non è più stata modificata, considerazione che ben spiega la volontà di mantenere l’attuale assetto deciso dalla schiacciante preponderanza delle odierne venti partecipanti al massimo campionato.
Non ci sarà dunque alcuna Superleghina come l’ha scherzosamente definita il presidente del Torino, Urbano Cairo, una definizione tutt’altro che banale come del resto non lo è stata la presa di posizione di una Lega che ha mostrato di non aver gradito la fuga in avanti dell’attuale trio in testa alla classifica della A.
Dando uno sguardo a ciò che accade al di fuori dell’Italia, nei massimi tornei europei il numero di partecipanti fluttua tra diciotto e venti team; Francia e Germania appartengono al primo gruppo; Inghilterra e Spagna, di contro, al secondo. Difficile, insomma, individuare una correlazione univoca tra i risultati sportivi ottenuti e il numero di match disputati, benché la medesima diversità dimostri quanto l’uno o l’altro tetto non rappresentino un dogma assoluto su cui dividersi.
In sintesi: una Serie A a venti squadre c’è e una Serie A a venti ci sarà anche in futuro.