Idealista affascinante che farà i conti con la realtà
Quasi piangevo nell’ascoltare il presidente di una nazione stuprata dall’assistenzialismo e dalla corruzione dire con decisissima calma l’altro ieri sera a Quarta Repubblica, a Nicola Porro: “Io dico alla gente la verità: l’Argentina non ha soldi, ma ha un futuro. Solo se questo futuro è liberale, però”. Milei -si vede a occhio nudo- è un idealista feroce e rigido, stufo fino al vomito dell’andazzo statalista sprecone che ha affossato una nazione che salvare sarà difficilissimo anche per lui. Mi pare anche un grande divulgatore: ha capito che per ‘passare’, una comunicazione deve essere provocatoria, e vende in maniera incendiaria concetti liberali. Per questo afferma che lo Stato “è un’associazione criminale che ruba ai cittadini privati”. In realtà vuol dire che intende restringere al minimo il perimetro dello Stato, che crede sia popolato da fannulloni (prevalentemente dipendenti pubblici) o gente di scarsa visione (i politici), e restituire all’iniziativa privata tutti i metri di campo possibile. Io questo lo trovo straordinario, e visti i tempi che corrono e correranno, credo sia l’unica via percorribile anche qui da noi, dove la mammella dello Stato più inefficiente del mondo civile affama chi il latte glielo dona a mezzo di troppe tasse e non sfama chi dovrebbe allattare a mezzo di troppa spesa pubblica. Che, altro passaggio da urlo, Milei vuole tagliare con la motosega, per dire quanto virulentemente voglia spuntare le unghie a uno Stato capace solo di varare piani contro la povertà che producono più poveri. Standing ovation anche quando a Porro (che osserva: “Di lei dicono sia un populista ma lei dice ‘Non ci sono soldi’, mentre in Europa si vincono le elezioni promettendo di spendere più soldi pubblici”) oppone: “Mi ricorda infatti quale è il continente che cresce meno di tutti al mondo?”. Ma sono sedotto anche dalla considerazione per cui la scuola abitua a una mentalità perdente e sbagliata se privilegia e spaccia per apprezzabili autori come Karl Marx, che hanno fallito miserrimamente, anziché Friedman e compagni, ignorati. Meno apprezzabile il passaggio sulla politica, descritta un po’ alla grillina come un ammasso di gente inutile che mal rappresenta il popolo, molto meglio di chi viene eletto. Io credo che i politici servano eccome, ma che debbano essere preparati e ambiziosi. Quando questo non ricorre, prevale la voglia di loro autoconservazione, che confligge con l’interesse comune nel nome del quale dovrebbero essere eletti. Non granché’ anche il passaggio sulle opere pubbliche, secondo lui (credo si riferisse all’Argentina) inutili per definizione perché altrimenti realizzate dai privati, e occasione di corruzione sistematica. Io credo che lo Stato vada ridotto al minimo ma debba essere efficiente e usare la raccolta, più esigua possibile, di trasse prelevate dalle tasche dei cittadini per investire in opere pubbliche che siano un moltiplicatore di quell’investimento, con vantaggio di tutta la collettività in termini di nuovo lavoro e ricchezza prodotta. Insomma, al netto di un eccessivo ardore ideale-accademico che ha mostrato da Nicola Porro, io credo che abbiamo assistito al dispiegarsi di una teoria economico-civile affascinante (illuminante circa la qualità dei suoi critici statalisti, il fatto che chi assistesse assieme a me alla sua intervista non avesse minima idea di cosa volesse dire ‘miniarchista’, come si è definito Milei) che sarà messa a dura prova dal confronto con una realtà non anglosassone, anzi molto latina e dunque meno dinamica.
Ma anche qui, l’intervista lascia intravvedere che Milei sa bene quanto certi principi se vogliamo massimalistici debbano poi essere mischiati con il dato di realtà. E lo si capisce quando gli viene chiesto del Papa, appena incontrato (È il personaggio argentino più rilevante, ho dovuto rivedere alcune mie considerazioni su di lui”, quando invece lo aveva apostrofato come “servo dei comunisti”). Detto ciò, io il cocktail Milei me lo berrei eccome. Con mucho gusto.