Tanto cuore, pochi rifiuti
Come Solidarietà Alimentare e i mercati generali di Torino aiutano il pianeta e le fasce più deboli della società
Solidarietà Alimentare nasce a maggio del 2020, nel pieno della pandemia. Un gruppo di giovani universitari blindati in casa cercano un modo per fare del bene nella società e decidono di darsi da fare per contrastare la crisi che stava iniziando a colpire il nostro Paese, facendone aumentare il numero di poveri. Grazie ad alcune amicizie vengono a conoscenza di un grossista del CAAT. Tranquilli, anche loro quando hanno sentito per la prima volta quell’acronimo si sono guardati negli occhi domandosi che cosa fosse quella roba lì. Il Centro Agro-Alimentare di Torino, insomma i mercati generali del capoluogo piemontese. Così un venerdì, armati di mascherina FFP2, si sono trovati nel piazzale di uno stand del CAAT e hanno trovato due bancali di donazioni tra frutta e verdura che li aspettavano. Il venerdì successivo erano 4. Poi 8. E la volta dopo una dozzina. Avevano capito che c’era bisogno di loro al CAAT. E lo stesso CAAT aveva capito che c’era bisogno di quella ventina di universitari all’interno del mercato. Così nasce un protocollo d’intesa tra Solidarietà Alimentare, il CAAT, APGO (l’associazione che raggruppa i grossisti ortofrutticoli) e una cooperativa di logistica. Nel mentre la ventina di volontari diventa un gruppo di circa 200 persone che, nel momento del bisogno, si trovano sotto la tettoia che CAAT aveva concesso loro per ripararli dalle piogge primaverili per procedere con la cernita e lo smistamento degli alimenti. Poi arriva il magazzino, con la cella frigo e, nel 2021, arrivano anche i primi fondi con cui acquistano un furgone, una scaffalatura, il muletto e i trattorini elettrici. Tutti i venerdì ormai si trovano in quel magazzino, con la musica a palla, e con i loro trattorini fucsia dentro la galleria del mercato a chiedere ai grossisti se abbiano qualche eccedenza da donare. A ottobre arrivo anche io, grazie ad un amico. Insieme a Marcello e Alice entro nel magazzino, mi metto le scarpe antinfortunistiche, il gilet arancione catarifrangente e i guanti antitaglio: ero pronto all’avventura. Marcello era alla guida del trattorino, mentre io e
Alice a piedi ci fermavamo grossista per grossista a chiedere se avessero merce da donare.
Da quel giorno non ho mai mancato un appuntamento con Solidarietà Alimentare. Quelli che a ottobre 2021 per me erano grossisti generosi, oggi sono Angelo, Stefano, Marco, Beppe, Rocco e tanti altri e “quel tizio che posiziona i bancali sul carrello” è diventato Nino, o Said o ancora Ahmed, che mi ha pure invitato a casa sua in Egitto: “basta che ti paghi il volo e poi sei mio ospite”, peccato che debba rinnovare il passaporto… Insomma ho creato con loro un rapporto che definirei di amicizia. Ora quando entro nello stand non mi trovo più a sorridere dicendo “buongiorno, sono Francesco di Solidarietà Alimentare, ha qualcosa che vuole donare?”, ma con loro rido, chiacchiero, scherzo e in alcuni casi confidiamo anche cose più personali e, se c’è qualche eccedenza mi avvisano loro, altrimenti ci salutiamo dandoci appuntamento al venerdì successivo. Finito il giro in galleria, comincia il lavoro di cernita e di smistamento e iniziano ad arrivare le prime associazioni che si occupano poi di arrivare fino al consumatore finale. Così insieme ad altre associazioni arrivano anche Beppe e Giorgio, uno che si occupa di aiutare 12 famiglie curde con un’infinità di bambini, l’altro che distribuisce ad una trentina di famiglie nella valle di Lanzo. L’uno che ci porta la colazione salata, l’altro quella dolce. E, mentre componiamo i bancali chiacchieriamo del più e del meno, ma anche di argomenti più complessi, come il conflitto israelo-palestinese, o l’ipotetica società del prossimo futuro con l’integrazione dell’IA.
È in quei momenti che ci accorgiamo che lottare concretamente contro i cambiamenti climatici vuol dire recuperare circa un milione e mezzo di chili tra frutta e verdura da maggio 2020 ad oggi; che occuparsi veramente delle persone significa mettere in contatto grossisti, che senza noi sarebbero costretti a lasciar deperire la loro merce, e famiglie che non sanno cosa mettere sul piatto durante i pasti; che tutto ciò fa bene al mondo e di bene ce n’è sempre bisogno… e in più ci si diverte anche.
A me aiuta addirittura a comprendere ciò ch studio all’università: dalle fluttuazioni di mercato ai bilanci.
C’è anche chi, come Simone, un altro volontario, grazie a Solidarietà Alimentare ha trovato la sua strada: partecipando alle attività, una volta finite le superiori, ha scelto un ITS agroalimentare occupandosi della sostenibilità nella filiera food.
O chi, come Luca, è riuscito a trovare più facilmente un lavoro grazie al patentino per il muletto che aveva preso facendo il volontario da Solidarietà Alimentare. Non posso che concludere invitandovi a fare volontariato: per divertirvi, per capire meglio il mondo, per fare amicizia, per trovare la vostra strada o più semplicemente per fare del bene!