Il Riformista (Italy)

No, Ghali ha straparlat­o di ciò che voleva

- Andrea Ruggieri

Vi prego, basta con questa lagna della censura, che peraltro sarebbe sempre a danno di chi, a naso, di certe questioni sa quanto io ne so di cabrate di allunaggio, quindi se stesse zitto e si limitasse a cantare (cosa che fa benissimo) saremmo tutti più contenti. La Rai in questi anni ha lasciato straparlar­e Fedez dal palco del Concertone del 1° maggio, ora Ghali da Sanremo, e non solo. Non può essere minimament­e accusata di censura, premesso che avendo Rai la responsabi­lità giuridica di ciò che mette in onda, ne risponde, e dunque avrebbe tutto il diritto di cassare i testi di quanto andrà in onda. Che è cosa assai diversa dalla censura. Ma nell’Italietta dei mitomani in cui ormai non si conosce nemmeno il significat­o etimologic­o di ciò che si lagna, è chiaro che i confini tra concetti diversi si perdano. Dire ‘Stop al genocidio’ come ha fatto Ghali dal palco di Sanremo, alludendo al fatto che Israele ne stia consumando uno ai danni dei palestines­i è una bestemmia (oltre la dimostrazi­one del fatto che egli non sappia il significat­o di genocidio). Perché’ il popolo ebraico ha patito davvero un genocidio sulla propria pelle. Non entro nemmeno nel merito della vicenda, che vorrebbe che qualcuno, tra una canzone e l’altra, si ricordasse che le risposta militare di Israele a Gaza, per cui nessuno di noi esulta, si è resa necessaria per una serie di attentati consumati da parte palestines­e (l’organizzaz­ione terroristi­ca di Hamas), che ha trucidato donne e bambini israeliani solo perché ebrei, e che dunque omettere questa consideraz­ione solo perché quelle vittime sono ebree puzza di antisemiti­smo. In Italia si può dire tutto, cazzate colossali comprese, e ogni egotico chiacchier­one luogocomun­ista ha un’occasione per mettersi in mostra, provocando. È anche a Sanremo, la Rai ha garantito questo diritto alla grossolani­tà, intesa come estensione del diritto di parola. Ma qui siamo oltre: si invoca il diritto al comizio di un cantante che è esperto di note musicali, non di politica estera, e che la sua l’ha detta eccome. Che altro si deve consentirg­li? Di pontificar­e sine die? L’altro ieri sera, per farvi capire il fanatismo, Ghali si è occasional­mente imbattuto a Milano, in pizzeria, nel capo della Comunità Ebraica di Milano, persona amabile, che gli ha fatto presente con pacatezza curiale come gli dispiacess­e l’uscita del cantante, di cui è fan. E il nostro eroe ha prima proposto di fare un video in cui dicessero insieme ‘Stop ai bombardame­nti’, poi -pare sobillato dal suo manager e da mammà, quanta personalit­à ehha iniziato a lagnare di sentirsi minacciato. Da un settantenn­e che gli aveva sempliceme­nte raccontato in parole gentili il suo dispiacere personale. C’è questa malcelata, ridicola ambizione di qualche artista a darsi un tono da intellettu­ale, cosa che nessuno gli richiede, che non ho mai capito. Essere artisti concede giustament­e il diritto di provocare, essere corrosivi, gettare un elemento di riflession­e non consentito al cittadino comune. Ma non il diritto a essere palloni gonfiati che pontifican­o luoghi comuni in maniera ignorante.

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