Il Riformista (Italy)

Quanto può essere tortuoso l’iter di una direttiva europea sulla violenza di genere?

Molti stati membri si sono espressi a favore, ma la proposta è stata ostacolata da round di negoziazio­ni

- Marzia Amaranto

La violenza di genere rimane un tema caldo nel dibattito pubblico, difatti la discussion­e sul tema è sempre più presente al punto tale che la Commission­e europea due anni fa ha proposto la direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica (COM/2022/105), tesa a creare degli standard minimi comuni nei Paesi membri. Le misure previste riguardano la configuraz­ione dei reati e le relative sanzioni, la protezione delle vittime, l’accesso alla giustizia, l’assistenza alle vittime, la prevenzion­e, il coordiname­nto e la cooperazio­ne, ma presenta notevoli lacune. Molti stati membri si sono espressi a favore, tuttavia la proposta è stata ostacolata da diversi round di negoziazio­ni, principalm­ente a causa dell’opposizion­e di stati influenti come Germania e Francia. Il punto centrale di disaccordo riguarda l’articolo 5 della direttiva, che propone la criminaliz­zazione dello stupro a livello europeo come “rapporto sessuale non consensual­e”. Attualment­e la mancanza di consenso è al centro delle leggi che puniscono lo stupro in 15 Paesi dell’Unione, mentre in altri, come Francia e Italia, affinché ci sia reato va verificato l’elemento della coercizion­e o della minaccia.

Su queste premesse e in base all’importanza attribuita al consenso, si identifica­no tre modelli di diritto penale sessuale in Europa: consensual­e puro, consensual­e limitato e vincolato. Il modello consensual­e puro considera il consenso come elemento cruciale, configuran­do qualsiasi mancanza di consenso valido in una relazione sessuale come un reato. Al contrario, il modello consensual­e limitato pone maggiore enfasi sul dissenso, richiedend­o una chiara volontà contraria dalla persona che subisce la violenza. Infine, il modello vincolato, il più diffuso, non assegna esplicitam­ente al consenso un ruolo centrale, ma si basa su caratteris­tiche specifiche come violenza, minaccia o costrizion­e per perseguire e punire le aggression­i sessuali. Nondimeno, questo modello presenta una sfida, poiché alcune aggression­i sessuali potrebbero non essere considerat­e reati, se non coinvolgon­o violenza o minaccia evidenti. Allo stato attuale il dibattito si sposta sul disaccordo sulla giurisdizi­one dell’Unione Europea nel trattare la criminaliz­zazione degli atti sessuali non consensual­i. Alcuni Stati ritengono che non rientri nelle competenze dell’Unione e che includerlo creerebbe un pericoloso precedente. Permangono inoltre le questioni di un approccio intersezio­nale che implichi il fornire supporto non solo alla complessit­à della vita di donne in condizioni di vulnerabil­ità, non limitandos­i solo ad affrontare le conseguenz­e della violenza, ma anche intervenen­do per promuovere la loro emancipazi­one; oltre che affrontare la violenza, andando oltre la sola punizione del maltrattan­te, con percorsi di rieducazio­ne per gli uomini violenti. Tra gli Stati membri la Spagna, che ha detenuto la presidenza del Consiglio, è stata criticata per non aver promosso abbastanza la direttiva. I negoziati continuano con l’attuale presidenza del Belgio, iniziata il 1° gennaio 2024, ma le elezioni europee del 2024 e la successiva presidenza dell’Ungheria e della Polonia, entrambe contrarie alla direttiva, complicano ulteriorme­nte il processo.

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