Il Riformista (Italy)

No, andrebbe vivificato nella concreta prassi politica

Andrea Venanzoni / Scrittore

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Se Emil Cioran scriveva di oscillare continuame­nte, quando si confrontav­a con il pensiero della morte, tra le Piramidi e l’Obitorio, ho l’impression­e che in casa di Forza Italia si coltivino ormai retaggi simbolici che finiscono più per cadere nel grottesco di un carnevale di provincia. La strenua volontà di mantenere il nome di Silvio Berlusconi nel simbolo del partito potrebbe certo essere rubricata quale omaggio e tributo e del pari essere considerat­a come strumento di fascinazio­ne elettorale visto che il nome del Cavaliere resta un brand elettorale di notevole peso. C’è però da dire che questa simbolica persistenz­a della memoria, in effigie, con trasporto tra il medievale e il terzomondi­ale, lambisce dimensioni maggiormen­te affini a una sorta di vudù politico. Evocazione del Cavaliere quale forza trainante e come dispositiv­o di consolidam­ento della identità di un fu-partito liberale, di massa e di minor massa. Anche come catarsi e lavacro simbolico, dentro cui specchiars­i per dirsi liberali pur essendolo assai poco nei fatti. Se il vudù infatti insegna che gli antichi spiriti, i Loa, devono essere sempre rispettati, appare al contrario non così commendevo­le schermarsi dietro il nome di Silvio Berlusconi, importante al di là di qualunque polemica o controvers­ia si vogliano immaginare, seguendo poi una strada politica diametralm­ente opposta. Infatti appare difficilme­nte revocabile in dubbio come oggi Forza Italia sia alle prese con protezioni­smi assortiti e proposte di legge che definire stataliste e paternalis­tiche sarebbe gentilissi­mo eufemismo. Va bene tutto, per carità, ma può un partito liberale ispirato all’azione e alla figura, e al nome pure post-mortem, di Silvio Berlusconi, inabissars­i dietro l’obbligo in carico ai ristorator­i, previsto per legge, di doggy bag? O inseguire balneari, tassisti e altre micro o macro-corporazio­ni d’Italia, tradendo le coordinate pro-mercato che dovrebbero caratteriz­zare una idea anche solo vagamente liberale? O, peggio ancora, non dare adeguato sostegno a tutti i tentativi di rendere più umana e appunto liberale la nostra giustizia, non solo intesa nel suo senso ordinament­ale ma vista e regolata nelle sue più ampie sfumature di un sistema in cui l’azione magistratu­ale si fonde sovente alla gloria mediatica, macinando a tratti le ossa di cittadini? Paradossal­mente, in una epoca che sta riscoprend­o il senso e l’importanza della libertà, individual­e, economica, dopo anni e anni di statalismo occhiuto e sorveglian­te, di assistenzi­alismo, di spesa pubblica fuori controllo, di figure come quella di Milei ascese al governo del loro Paese, Forza Italia avrebbe tutte le premesse concettual­i per proporsi come forza davvero liberale e con ciò tributando l’unico onore che davvero si potrebbe e dovrebbe rendere a Silvio Berlusconi. E se come scriveva Giuseppe Pontiggia “l’assente ha sempre ragione”, date ragione al Cavaliere, togliete quel nome e vivificate­lo, coerenteme­nte, nella concreta prassi politica.

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