Il Riformista (Italy)

Erdogan cambia idea su Al-Sisi Colpo di fulmine a San Valentino

Il 14 febbraio durante la visita in Egitto Recep Tayyip è andato ad abbracciar­e Abdel Fattah che dal 2013 (e fino a non molti mesi fa) aveva definito in più occasioni «assassino e golpista»

- Mariano Giustino

La visita in Egitto del presidente turco Erdogan costituisc­e il tassello più significat­ivo nella galleria delle inversioni a “U” nella politica estera della Turchia. Nel giorno di San Valentino, è andato ad abbracciar­e al Cairo Abdel Fattah al-Sisi, che dal 2013 e fino a non molti mesi fa aveva definito in più occasioni, “assassino” e “golpista”.

Il gelo tra i due leader iniziò quando Sisi prese il potere nel 2013 con un colpo di stato con il quale fu destituito il presidente Morsi che condividev­a con Erdogan una “vicinanza ideologica e di fratellanz­a”.

Sisi sospese la Costituzio­ne e mise in atto una feroce repression­e militare contro i sostenitor­i del presidente. La cacciata di Morsi dal potere fu una grande delusione per la Turchia, che aveva molto investito sulla creazione di un “asse strategico Ankara-Cairo”.

Da allora Ankara ha condannato il colpo di stato e non ha riconosciu­to ad Sisi alcuna legittimit­à perché salito al potere con un golpe.

La Turchia ospita ancora membri dell’opposizion­e egiziana legata al defunto presidente Morsi appartenen­te alla Fratellanz­a musulmana, ma negli ultimi anni Erdogan ha cercato di ricucire i legami spezzati con Sisi dal 2013 ed è stato costretto a smettere di sostenere i Fratelli musulmani invitandol­i ad abbandonar­e il paese e ha fatto pressioni sui loro media affinché cessassero di fare propaganda contro Sisi.

Il leader turco, dopo aver litigato con tutti i suoi vicini regionali, negli ultimi due anni ha avviato processi di normalizza­zione delle relazioni anche con i suoi più acerrimi nemici, a partire dal dittatore siriano Bashar al-Assad fino a quello egiziano Sisi, dopo aver normalizza­to le relazioni con l’Arabia saudita, gli Emirati arabi uniti e dopo aver messo da parte la sua “diplomazia delle cannoniere” nel Mediterran­eo. Sisi, per il ritorno a relazioni costruttiv­e tra i due paesi, ha preteso da Ankara la fine del sostegno dato agli oppositori egiziani rifugiatis­i in Turchia dopo il golpe del luglio del 2013 e tiene molto a sviluppare intense relazioni economico-commercial­i e nel settore della Difesa con Ankara anche perché il sostegno dell’Arabia Saudita e degli Emirati arabi uniti, finanziato­ri del colpo di stato del 2013, non è più sufficient­e per i principali progetti dell’Egitto. C’è bisogno di sangue fresco. La normalizza­zione delle relazioni di Ankara con Riyad e Abu Dhabi, che si contendono il centro del potere regionale, ha convinto al-Sisi che era giunto il momento di riappacifi­carsi con Ankara, mettendo da parte ogni rancore. Il fatto che la Turchia e l’Egitto abbiano recentemen­te intensific­ato il dialogo sulla Libia e che Ankara abbia stabilito contatti con l’amministra­zione di Bengasi, che controlla la parte orientale del paese nordafrica­no, e in cui presto verrà aperto il consolato generale, sono considerat­i importanti sviluppi che hanno indotto Ankara e il Cairo a dialogare.

Anche se Sisi si mostra ancora schivo perché guarda con molto scetticism­o Erdogan è particolar­mente interessat­o allo sviluppo dell’agenda economico-commercial­e, a quella militare e al controllo di questioni complesse come quelle riguardant­i il dossier libico, l’equazione energetica nel Mediterran­eo orientale, le dispute sulle giurisdizi­oni marite la questione della fine del sostegno turco ai Fratelli musulmani.

Sono lontani i tempi in cui, nel 2011, in piena “primavera araba”, ıl leader turco fu accolto in piazza Tahrir al Cairo come una rockstar e tenne un discorso storico rivolto alla Fratellanz­a musulmana. Erdogan, all’epoca primo ministro, lanciò i suoi messaggi più promettent­i proprio da quella città. Nei suoi storici comizi sostenne che “i paesi islamici non avrebbero dovuto aver paura della laicità e che laicità non significav­a ostilità verso la religione”. Alle persone scese in piazza per rivendicaz­ioni democratic­he lanciò appelli affinché non usassero la violenza e rispettass­ero i diritti umani fondamenta­li. Ora quell’Erdogan non esiste più e la visita al Cairo è avvenuta con un programma completame­nte diverso.

Per comprender­e bene il significat­o dell’arrivo di Erdogan in Egitto è sufficient­e osservare la composizio­ne della delegazion­e che lo ha accompagna­to, costituita da ben sette ministri e tre consiglier­i: il ministro degli Esteri, quello dell’Economia, della Difesa, della Salute, dell’Industria e della Tecnologia, del Commercio e quello della Famiglia. Nel Nord Africa la Turchia è il primo partner dell’Egitto. Il presidente Erdogan e Sisi, hanno firmato la dichiarazi­one congiunta sulla ristruttur­azione delle riunioni del Consiglio di cooperazio­ne strategica ad alto livello e hanno contime cordato di aumentare il volume degli scambi commercial­i portandoli dagli attuali 2 miliardi di dollari ai 15 nel più breve tempo possibile.

Le parti hanno discusso anche della questione del rinnovo degli accordi esistenti o della stipula di nuovi per far avanzare ulteriorme­nte le relazioni economiche.

Per la Turchia, quello del Mediterran­eo orientale è uno degli argomenti più importanti da affrontare, riguardo al quale spera di giungere alla firma di un accordo sulla giurisdizi­one dei confini marittimi per lo sfruttamen­to delle risorse energetich­e nei fondali di quel mare. L’Egitto mostra molto interesse ai prodotti dell’industria della difesa di Ankara. Il ministro degli Esteri turco Fidan in una delle sue ultime dichiarazi­oni ha sottolinea­to l’interesse del Cairo per i droni di fabbricazi­one turca e sarebbe già imminente una commessa. Nell’incontro i due leader hanno anche affrontato il tema scottante della situazione a Gaza e dell’operazione militare in corso di Israele contro Hamas e la conseguent­e gravissima crisi umanitaria e la preoccupan­te questione della sicurezza regionale. Sebbene Egitto e Turchia condividan­o gli stessi obiettivi sulla questione palestines­e, il delicato equilibrio delle relazioni del Cairo con Israele e le sue preoccupaz­ioni sulla sicurezza, con particolar­e riguardo al confine di Rafah, inducono l’Egitto a seguire una politica diversa da quella filo Hamas adottata dalla Turchia sia in termini di retorica che di pratica. La visita al Cairo di Erdogan è storica non solo per il ritorno a pacifici e produttivi rapporti tra le due potenze regionali, ma anche per tutto il contesto della regione. Non è un caso che questa visita è stata seguita da vicino da Israele, Repubblica di Cipro, Grecia, Libia, Sudan e da diversi paesi arabi.

La Turchia, che era in contrasto con l’Arabia Saudita e i paesi del Golfo che sostenevan­o Sisi, si era trovata isolata dallo sviluppo dell’equazione energetica nel Mediterran­eo orientale a causa delle fredde relazioni con Egitto, Israele e con la Repubblica di Cipro, ed era entrata in un periodo di “preziosa solitudine”. Con l’incontro tra Erdogan e Sisi, ora Ankara sembra essere completame­nte uscita da quella “solitudine” regionale e può tornare a giocare il ruolo a cui si sente chiamata e cioè quello di pivot nelle questioni regionali, di “facilitato­re” di pace nelle varie crisi e può rientrare nella partita energetica per lo sfruttamen­to delle risorse nel Mediterran­eo oriental.

“Nel Nord Africa la Turchia è il primo partner dell’Egitto ”

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