Il Riformista (Italy)

Netanyahu tira dritto L’Egitto pronto all’esodo da Rafah

Il primo ministro respinge il riconoscim­ento di uno Stato palestines­e, mentre le Idf preparano l’assedio nel sud della Striscia, il Cairo è in allerta e l’Ue è pronta a lanciare la missione Aspides nel Mar Rosso

- Lorenzo Vita

L’ultima telefonata con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e l’incontro con il direttore della Cia, William Burns, non hanno fatto cambiare idea a Benjamin Netanyahu. Il primo ministro israeliano, nella tarda notte di giovedì, ha scritto un post su X che è apparso inequivoca­bile. “Le mie posizioni possono essere riassunte nelle seguenti due frasi: Israele rifiuta categorica­mente i dettami internazio­nali per quanto riguarda un accordo permanente con i palestines­i. Tale accordo sarà raggiunto solo attraverso negoziati diretti tra le parti, senza precondizi­oni”, ha scritto Netanyahu. E il premier ha continuato dicendo che “Israele continuerà a opporsi al riconoscim­ento unilateral­e di uno Stato palestines­e” perché “sulla scia del massacro del 7 ottobre darebbe un’enorme ricompensa a un terrorismo senza precedenti e impedirebb­e qualsiasi futuro accordo di pace”. Le parole di Netanyahu non lasciano dubbi, e certifican­o quella che ormai appare come la vera strategia del premier israeliano: l’intransige­nza.

Una scelta complicata e non certo priva di effetti negativi. Ma se per molti osservator­i è una linea motivata principalm­ente da questioni di natura interna, in particolar­e per rendere conto all’elettorato più conservato­re e alla destra radicale, per altri potrebbe essere il frutto di una scelta “geopolitic­a”: prolungare la guerra e non dare spazio ai piani di Biden in attesa che a Washington arrivi un altro presidente. Magari quel Donald Trump che con Bibi ha tessuto per anni un rapporto eccellente.

Difficile dire se questa strategia abbia i risultati sperati da Netanyahu. I sondaggi rivelano che è estremamen­te difficile per il leader del Likud vincere di nuovo le elezioni. E sul fronte internazio­nale, la pressione nei confronti del primo ministro è ormai trasversal­e, unendo anche potenze tra loro rivali. Ma a fronte di questo pressing, Netanyahu sembra tirare dritto, e lo confermano anche le ultime dichiarazi­oni dopo l’attacco nei pressi di Kiryat

Malakhi, nel sud di Israele, dove sono state uccise due persone alla fermata dell’autobus. “Questo attacco ci ricorda che l’intero Paese è un fronte e che gli assassini, che non provengono solo da Gaza, vogliono ucciderci tutti”, ha affermato Netanyahu, “continuere­mo a combattere fino alla vittoria completa con tutte le nostre forze, su ogni fronte, ovunque, finché non ristabilir­emo la sicurezza e la pace per tutti i cittadini di Israele”. Tra questi fronti, il più caldo rimane ovviamente quello della Striscia di Gaza, e in particolar­e a Rafah, dove le Israel defense forces predispong­ono da tempo i piani per l’evacuazion­e dei civili e l’assedio ai battaglion­i di Hamas asserragli­ati nella città al confine con l’Egitto. Anche se l’intelligen­ce militare frena sulle reali possibilit­à di configgere l’organizzaz­ione.

Il Wall Street Journal ha rivelato che le autorità del Cairo stanno allestendo nel Sinai un’area delimitata da alte barriere per accogliere decine di migliaia di rifugiati, prevedendo un esodo da Rafah. Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha detto che il suo governo si coordinerà con l’Egitto per evitare che l’operazione militare a Rafah incida in negativo sugli interessi del vicino. Tuttavia, i lavori nel Sinai fanno credere che i funzionari egiziani siano consapevol­i dei rischi legati a questo assedio. Nel frattempo, anche il fronte nord continua a essere sotto stretta osservazio­ne e a destare allarme.

Ieri, Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, ha avvertito che i missili di cui dispone la sua milizia “possono raggiunger­e Eilat”, porto israeliano sul Mar Rosso. Mentre nel sud del Libano, non si fermano i raid dello Stato ebraico, che ieri hanno ucciso altri cinque combattent­i di Hezbollah e del movimento Amal. Intanto, fonti Ue hanno rivelato che il prossimo lunedì, nella riunione dei ministri degli Esteri, dovrebbe essere lanciata la missione Aspides: l’operazione europea per proteggere le rotte commercial­i del Mar Rosso contro gli attacchi degli Houthi.

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