Lettera aperta a Emmanuel Macron, Valérie Hayer e Matteo Renzi
Cari Emmanuel, Valérie e Matteo, con il voto del Parlamento di Atene di giovedì diventano 22 gli Stati europei che riconoscono il matrimonio come istituto aperto a coppie sia etero che omosessuali, inclusi tutti i Paesi che confinano con l’Italia al di là delle Alpi: Francia, Svizzera, Austria e Slovenia. L’Italia ha una legge sulle unioni civili approvata nel 2016 che la relega in una divisione inferiore in compagnia di Cipro, Croazia, Liechtenstein, Monaco, Montenegro, Repubblica Ceca, San Marino e dell’Ungheria di Viktor Orban. La legge del 2016 introdotta dal Governo Renzi è stata considerata, ed era effettivamente, una legge storica, che ha introdotto nel nostro Paese una parità sostanziale tra coppie etero e coppie gay, parità gravemente lesa tuttavia dall’assenza di norme sulla filiazione, come dimostrato dalle dolorose vicende che in Italia toccano i bambini di coppie omogenitoriali.
In Grecia, come era già successo nel Regno Unito e in Germania, la nuova legge è stata introdotta da un governo guidato da un partito di destra. È naturale che sia così: è certamente conservatrice l’idea che le relazioni di coppia siano necessariamente inquadrate in uno schema legale uniforme e valido per tutti. La sinistra, storicamente, ha anche considerato la possibilità di forme familiari più fluide e fondate sulla libertà della coppia di determinare il proprio impegno reciproco. Non a caso, anche in Italia, è stata la destra a opporsi all’idea del divorzio e a sostenere l’indissolubilità del matrimonio. Con il diffondersi dal matrimonio ugualitario in questa parte del mondo (la Spagna lo prevede da quasi vent’anni), e anche da noi con le unioni civili in vigore da 8 anni, non si può neanche pensare che l’idea di vedere due donne o due uomini unirsi in un legame stabile e legalmente riconosciuto causi più alcuno scandalo o preoccupazione. Come sappiamo per esperienza anche diretta, le unioni civili non hanno provocato nessun collasso della famiglia tradizionale né alcuna corruzione morale della società, come preconizzavano coloro che fieramente si opposero in parlamento alla legge 76/2016. E tuttavia in Italia di matrimonio ugualitario non si parla, nulla si muove. E non è solo la destra al governo a opporsi o la sinistra conservatrice - in tema di famiglia, la sinistra da noi non è mai stata particolarmente aperta - che anche in Grecia ha avuto da ridire sulla nuova legge. Anche coloro che si professano liberali nutrono riserve, al punto che il disegno di legge che io stesso ho presentato in Senato non è stato firmato nemmeno da tutti i colleghi dei gruppi che nel Parlamento italiano fanno capo a Renew Europe, la famiglia dei liberal-democratici europei. Diciamolo chiaramente: essere liberali e non appoggiare il matrimonio ugualitario è una contraddizione in termini. Si badi bene: qui non è in ballo nessuna questione di coscienza: questo è semplicemente un tema di uguaglianza davanti alla legge di una data categoria di cittadine e cittadini, e arrivati a questo punto un’eventuale contrarietà si giustifica soltanto considerando le coppie (e dunque le persone) omosessuali meno degne di quelle eterosessuali. È una mera questione di omofobia, intesa non come odio o violenza agiti, ma come affermazione di una condizione di inferiorità giuridica delle persone omosessuali e una violazione del principio costituzionale di uguaglianza davanti alla legge.
Se non si tratta dunque di una questione di coscienza ma di un essenziale tema politico che identifica la famiglia liberal-democratica, chiedo dunque a Renew Europe di chiedere formalmente a tutti i partiti nazionali che esprimeranno candidati di Renew Europe per il Parlamento di Strasburgo di impegnarsi a sostenere - ove già non previsto - l’approvazione di una legge sul matrimonio ugualitario nei Paesi di provenienza e mi aspetto che siate voi leader ad agire in questo senso prima delle prossime elezioni europee. L’Unione Europea è uno spazio di libertà e di diritto e tutti i suoi cittadini, qualsiasi siano le loro caratteristiche personali, devono poter godere degli stessi diritti e della stessa dignità. Noi che siamo gli alfieri degli Stati Uniti d’Europa, non possiamo pensare a un’Unione che non sia inclusiva e rispettosa di tutti.