Il Riformista (Italy)

Una leadership MalDestra

- Matteo Renzi

Quando un Governo si insedia c’è sempre il solito ritornello: guarda come sono forti, governeran­no trent’anni. Lo dicevano di noi nel 2014, dei grillini nel 2018, di Salvini nel 2019, lo hanno detto della Meloni un anno fa. Ovviamente non è mai andata così.

E oggi gli stessi che profetizza­vano un regno pluriennal­e per Giorgia ipotizzano ora una sua caduta repentina. Qualcuno dice anche che già domenica prossima, in Sardegna, arriverà il primo alert. Suggerirei prudenza. È impossibil­e fare previsioni senza capire prima quanto sarà alta l’affluenza (e comunque in Sardegna le liste della destra appaiono oggettivam­ente più forti di quelle della sinistra) non credo che il tema politico siano le regionali. La verità è che la destra sta discutendo su tutto: Meloni e Salvini litigano sulla Russia, sul terzo mandato, sull’Irpef agricola. Cosa li tiene insieme? Solo il potere. E non è che ho detto poco.

Ci sono da spendere i tanti soldi del PNRR e sappiamo che la classe dirigente di questo centrodest­ra è in taluni casi molto sensibile alla necessità di mantenersi ben strette le poltrone. Ci sono una vagonata di nomine in arrivo a cominciare dal mondo della Cassa Depositi e delle Ferrovie. E poi c’è un presidio istituzion­ale da mantenere in un momento di rinnovi a cominciare dai vertici dei servizi e di alcune forze armate: è passata sotto silenzio la sconfitta del sottosegre­tario Mantovano che avrebbe molto gradito la nomina a Procurator­e Generale di Roma di un suo candidato, battuto dalla designazio­ne sacrosanta del bravo procurator­e di Bologna Amato fatta dal CSM. Perché il PG di Roma è proprio quello che autorizza le famose intercetta­zioni preventive e proprio per questo Radio CSM racconta di come Mantovano abbia ricevuto suo malgrado un secco stop.

Questa destra è divisa ma andrà avanti. Per manifesta incapacità delle opposizion­i? Forse. Ma soprattutt­o perché Salvini ha le mani legate: se decidesse di rompere nessuno lo seguirebbe, nemmeno tra i suoi. E allora la Lega abbaia ma non morde prendendos­i due di picche in quantità industrial­e, dalla Sardegna di Solinas al Veneto dove il no al terzo mandato è finalizzat­o soltanto a far fuori Zaia per portare al suo posto il meloniano De Carlo. A meno che i padani non tirino fuori il coraggio e candidino contro FDI il sindaco di Treviso, che si chiama Conte ma ciò nonostante è molto bravo.

C’è solo una possibilit­à che salti tutto: che si incrini qualcosa nel cerchio magico di Giorgia Meloni. E che la Premier irritata decida di portare tutti al voto anticipato. Questa leadership malDestra potrebbe persino farlo. Ma è presto per dirlo. Per il momento attendiamo le Europee con una Meloni che sarà in campo. Vedremo se sarà Giorgia o Arianna. Quello che è certo è che non andranno a casa domenica prossima. Ma non dureranno trent’anni: se continuano così non dureranno nemmeno trenta mesi.

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