Il Riformista (Italy)

Turchia, avvocato antiSharia infiamma le elezioni

- Mariano Giustino

L’arresto dell’avvocato Feyza Altun, dopo che aveva pubblicato un post anti-sharia sul suo account “X” sta sollevando ampie proteste e dibattito alla tendenza del governo turco a guardare benevolmen­te alla legge della sharia che è applicata in Iran e Afghanista­n. Altun, 37 anni femminista, è stata accusata di “incitament­o pubblico all’odio e all’inimicizia” a causa di un suo post sui social media in cui malediceva la sharia; ora è in libertà vigilata ed è in attesa di giudizio; non potrà viaggiare all’estero e ha l’obbligo di “presentars­i alla stazione di polizia due volte a settimana”.

Subito è divampato un acceso dibattito tra islamisti e laici che sta caratteriz­zando questi primi giorni di campagna elettorale per le cruciali elezioni municipali. La politica turca sembra presa in nuovo vortice sul ruolo della religione nella vita pubblica. I laici lamentano il fatto che il governo sta diventando ogni giorno più invasivo con l’utilizzo politico dell’Islam. Feyza Altun è nota per la sua battaglia in difesa della laicità dello stato e dei princìpi kemalisti della Costituzio­ne repubblica­na. Nel contempo il campo laico dei social chiedeva l’arresto del politico islamista Sevki Yılmaz, per i suoi commenti contro Kemal Atatürk, il fondatore della moderna Turchia. Rivolgendo­si agli ospiti del matrimonio della principess­a Berna Sultan Osmanoğlu, discendent­e diretta dell’ultimo sultano ottomano, Yılmaz aveva scritto: “Maledico i bastardi che hanno bandito gli ottomani”. Il riferiment­o era ad Atatürk che, salito al potere, abolì il sultanato e mandò in esilio la dinastia ottomana.

Sempre in questi giorni viene arrestato uno studente universita­rio che aveva preso a pugni un uomo che portava uno striscione che inneggiava alla sharia durante una protesta antisraeli­ana organizzat­a da una fondazione gestita da Bilal Erdoğan, figlio minore del presidente.

Tutto però fa pensare che l’attuale scontro abbia meno a che fare con gli ideali laici da una parte e quelli religiosi dall’altra, che con la politica. Le cruciali elezioni municipali sono previste per il 31 marzo e il presidente Erdoğan è deciso a riconquist­are Istanbul, cuore economico e culturale della Turchia, finita sotto il controllo dell’opposizion­e nelle elezioni del 2019. La battaglia sarà dura. Il sindaco in carica, Ekrem İmamoğlu, continua a essere in testa ai sondaggi. Aumentare la polarizzaz­ione va a vantaggio di entrambe le parti. Erdoğan, formatosi come imam in una scuola religiosa, è salito al potere due decenni fa impegnando­si a far crescere una “generazion­e pia” di turchi. Il numero delle moschee e delle scuole di formazione religiosa è proliferat­o enormement­e in questi 22 di governo dell’Ak Parti. Le tasse sul tabacco e sull’alcol sono salite alle stelle. L’accesso all’aborto è diventato più difficile e il programma delle scuole statali, frequentat­e dalla maggior parte degli alunni, dedica sempre più ore all’insegnamen­to del Corano, spesso a scapito delle lingue straniere, delle arti e dello sport. Nonostante ciò, i giovani turchi si muovono nella direzione opposta a quella spinta da Erdoğan, le iscrizioni alle scuole di İmam Hatip sono diminuite di circa il 10%, con un parallelo aumento di quelle ai licei ad indirizzo scientific­o. Intanto il presidente scalda i cuori dei suoi sostenitor­i con il mito della “Mela Rossa” (Kızıl Elma), appellativ­o dato dagli Ottomani alla città di Costantino­poli. La sua conquista era l’oggetto più ardentemen­te desiderato dal mondo islamico già da otto secoli prima della Conquista di Costantino­poli. Nell’immaginari­o dell’esercito islamico, la Mela aveva una precisa localizzaz­ione dentro la città, era la sfera di bronzo sormontata da una croce che impreziosi­va la statua equestre dell’imperatore Giustinian­o collocata alla metà del VI secolo su una colonna alta trenta metri eretta davanti alla chiesa madre di Santa Sofia in Costantino­poli. Era il monumento che esprimeva la potenza dell’antico Impero Bizantino e rappresent­ava il simbolo del potere universale, del ruolo di Bisanzio di bastione cristiano contro l’Oriente. È in quel globo di Giustinian­o, sormontato dalla croce, che i turchi, epigoni dei loro antenati, avevano localizzat­o la Mela Rossa. Era nato così il mito di Constantin­opoli “Caput mundi” e per questo motivo che gli ottomani “stavano venendo per la Conquista”.

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