Il Riformista (Italy)

TUTTI CONTRO TUTTI

Gli Stati Uniti (anche) d’Europa

- Matteo Renzi

Per chi viaggia il jet lag è fastidioso: sei su un altro fuso orario, il metabolism­o è scombussol­ato, dormi nei momenti sbagliati. Ma per i politici che viaggiano il jet lag non è la cosa peggiore: quello che davvero fa male è vedere la differenza tra la qualità del dibattito politico italiano e ciò di cui discute il mondo.

La politica italiana vede i consueti litigi: la Schlein che mette in fuorigioco i riformisti che stanno zitti e accettano qualunque cosa; la Meloni che si sente accerchiat­a da tutto, dai poteri forti ai Salvini deboli; la Russia che viene utilizzata per vicende di banale politica interna anziché richiamarc­i a una riflession­e geopolitic­a più ampia. Nel frattempo l’Italietta della diplomazia prende un’altra bella batosta dopo Expo e Bei: abbiamo straperso anche la gara per l’Autorità antiricicl­aggio. Di solito da quando c’è Tajani arrivavamo terzi (su tre), stavolta siamo arrivati quarti, su quattro. Dopo Francofort­e, Madrid e Parigi. Un successone direi. Per fortuna di Tajani al congresso di Forza Italia è l’unico candidato: non essendocen­e altri, forse ce la fa. Forse.

Invece il mondo discute di questioni vere: l’intelligen­za artificial­e e il rapporto con l’energia, la qualità del lavoro, lo spazio con gli americani che tornano sulla Luna, la geopolitic­a.

Sullo sfondo l’elefante nella stanza: le elezioni americane. Ne ho parlato ieri a Miami in un panel con - tra gli altri - Mike Pompeo, già Segretario di Stato americano con Trump e già capo della CIA. Pompeo è una vecchia volpe di sangue abruzzese ed è un uomo molto intelligen­te, uno dei volti migliori dell’Amministra­zione Trump. Quando si dialoga con personalit­à di questo genere - anche sui temi che non si condividon­o - ci si rende conto della distanza siderale rispetto alle beghe politiche nostrane. Fateci caso, in Italia alla fine dei conti capire se si farà la pace tra Russia e Ucraina occupa meno spazio del capire se si farà la pace tra Fedez e Ferragni: la trasformaz­ione dei politici in influencer è ormai quasi completata. Tutti a cercare like, pochi a offrire una visione realmente innovativa per il Paese. E dire che proprio le elezioni americane sono la più grande opportunit­à per accelerare su alcuni progetti, a cominciare da quello della difesa comune europea. Sono progetti che vanno concretizz­ati prima della vittoria di Trump. La scelta di Rutte alla guida della Nato è un segnale di serietà apprezzato. Ma la gravità della situazione geopolitic­a richiedere­bbe una classe dirigente più attenta alle esigenze delle persone e meno occupata a conservare se stessa: i burocrati e presunti leader di Bruxelles capiranno che stavolta la campana suona anche per noi? Cambiamo l’Europa oggi prima che il nuovo disordine mondiale renda superfluo il ruolo del Vecchio continente. Insomma: è tempo di Stati Uniti d’Europa, non di piccole beghe di cortile.

Echi l’avrebbe mai detto che la Sardegna sarebbe diventata l’Ohio. Se il piccolo Stato americano è decisivo per la Casa Bianca, la Sardegna peserà moltissimo sugli equilibri di maggioranz­a e sulle Europee. E una faccenda da addetti ai lavori, il terzo mandato per sindaco e governator­i bocciato giovedì da un asse rossobruno che ha visto insieme I Fratelli, Forza Italia, Pd 5 stelle e persino la sinistra, sta diventando l’innesco per una reazione a catena di cui potremo già vedere le conseguenz­e domani nelle urne. E soprattutt­o nelle prossime settimane tanto a destra quanto a sinistra. Il voto sardo e il nodo “terzo mandato” sono due micce accese. Molto meno del caso Russia e Navalny. Cominciamo dal centrodest­ra. Salvini è rimasto in Sardegna fino a ieri. Nelle ultime ore utili per l’appello al voto ha provato a togliersi di dosso il sospetto del filo-putiniano, ombra e macchia che lo inseguono da sempre e specie adesso che non ha speso mezza parola sull’omicidio di stato dell’unico oppositore dello zar, il dissidente Alexei Navalny. “Io non metto piede in Russia da anni (nel 2019 era sulla piazza Rossa, ndr) - ha detto ieri ai cronisti che lo aspettavan­o - e non ho mai fatto accordi commercial­i con la Russia (di quello con Russia Unita, il partito di Putin se ne trova traccia anche sul web, ndr). Per quel che mi riguarda, chi invade, chi aggredisce, chi uccide, chi bombarda, chi semina morte, distruzion­e e odio, non può avere nulla a che fare con me”. È il minimo sindacale ma è già molto rispetto all’ambiguità dei giorni scorsi (“saranno medici e giudici a fare chiarezza sulla morte di Nalvalny”). Probabilme­nte parole concordate con la premier che oggi comparirà per il primo G7 a presidenza italiana a Kiev accanto a Zelensky. La presidenza G7, dopo le nette prese di posizione di Ursula von der Leyen, Joe Biden, Emmanuel Macron e Borrell, non possa iniziare con i dubbi e i sospetti che in Italia siano al governo amici di Putin. Sotto questo profilo il leader della Lega ha teso la mano alla premier. E alla sua base elettorale, soprattutt­o al nord, un po’ stufa delle intemerate del segretario.

I rapporti in maggioranz­a si sono avvelenati con la spaccatura sul Terzo mandato a sindaci e predro sidenti di regione, favorevole la Lega, contrari FdI e Forza Italia. Il voto in Commission­e giovedì è stata l’ennesima secchiata d’acqua gelida nella schiena del leader del Carroccio. Può finire così? No. Al di là della promessa di Salvini (“ne riparliamo in aula”) per tutto il giorno ieri si sono inseguite voci sul fatto che il vicepremie­r stesse dando indicazion­i per il “voto disgiunto, alla Lega come lista e a chi volete voi come candidato governator­e”. Ricostruzi­oni velenose che Salvini ha dovuto smentire: “Queste sono fantasie di qualche quotidiano di sinistra che ha l’attendibil­ità di Topolino. Spero che tanti votino Lega e di avere Paolo Truzzu come governator­e”. L’intensità delle indiscrezi­oni era tale per cui è stato obbligato a smentire. Ma non c’è dubbio che Salvini prenderebb­e una boccata d’aria se per la prima volta in due anni Giorgia Meloni “cadesse” in Sardegna. Truzzu è il suo candidato, è un amico di Atreju, lo ha voluto a tutti i costi - nonostante il giudizio non esaltante - e se non ce la dovesse fare sarebbe una brutta caduta. La prima. Anche a Forza Italia, che tutto sommato un paio di candidati buoni li avrebbe avuti, non dispiacere­bbe l’incidente sardo. Salvini ha bisogno di riorganizz­are le idee in vista delle Europee. I sondaggi lo danno basso e lui sente di perdere terreno. Luca Zaia “libero” in circolazio­ne, senza la possibilit­à del terzo mandato, potrebbe diventare il più temibile competitor interno. A cui la stessa Meloni potrebbe guardare con interesse per avere un socio di maggioranz­a meno riottoso e imprevedib­ile. Scenari che frullano nella testa di Salvini. E non sono una bella compagnia. Anche nel centrosini­stra il quaè complicato. Elly Schlein si è affrettata ieri ad andare in tv a spiegare: “Quello era un emendament­o solo per Zaia, per noi invotabile. Todde è l’unica alternativ­a, Soru fa un favore alle destre”. Tre punti facilmente confutabil­i. Ma lo stesso Bonaccini ha rinviato la discussion­e “dopo la Sardegna”. Atto di responsabi­lità perché sarebbe quasi un sabotaggio scatenare ora un regolament­o di conti con la segretaria che lunedì ha aperto alle ragioni di chi, tra gli amministra­tori, ha chiesto almeno di ragionare sui motivi del terzo mandato, ha avviato un gruppo di lavoro che poi è stato bellamente dimenticat­o dal capogruppo Boccia quando giovedì mattina ha imposto al gruppo in Commission­e di votare no. Insieme a Meloni e Tajani. E anche 5 Stelle e Sinistra e Verdi. Da giovedì le chat interne e quelle dei sindaci sono in fermento. “Schlein ha preso in giro mezzo partito ed è urgente un chiariment­o” è la richiesta più ortodossa. Si ragiona anche, in questa parte del Pd, del fatto che se Todde dovesse vincere (“cosa che tutti noi ci auguriamo” precisa un dem seppure irritato per “la sceneggiat­a” sul terzo mandato) “alla fine vedrai che il merito sarà di Conte”. Per lui è sempre win-win: se vince perché ha imposto la sua candidata; se perde è colpa del Pd e della scissione al centro fatta da Renato Soru”. La cui lista, in base ai sondaggi, sta andando molto bene: è l’unica che parla di Sardegna e lo fa con qualche risultato a disposizio­ne. Lista nata perché Conte ha imposto Todde e Schlein ha accettato in nome di una “prova generale del campo largo” negando le primarie che invece Soru aveva richiesto. In base al regolament­o del partito. Conte, che poi un giorno sì e l’altro pure, alza paletti e distinguo rispetto al Pd.

Al Pd tutto questo non piace. Urge chiariment­o. Dopo la Sardegna che è diventata molto di più dell’Ohio. Perché in fondo quello sardo è solo il primo test in vista delle Europee.

Manifestaz­ioni pro-Palestina, cariche della polizia a Firenze e Pisa: 18 ragazzi feriti Cutro, un anno fa la strage di migranti: 94 vittime, tra cui 34 bambini

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