Il Riformista (Italy)

Politica di allargamen­to Non solo numeri: innanzitut­to persone

Si tratta di dare un futuro a persone che condividon­o i nostri valori, le nostre speranze, le nostre aspettativ­e. Non basta limitarsi a cambiare qualche articolo o una legge

- Federica Woelk

Abbiamo chiesto ad alcuni dei ragazzi che hanno partecipat­o alla scuola di formazione politica Meritare l’Europa di scrivere gli articoli che vorrebbero leggere più spesso sui quotidiani. Uno sguardo sul mondo degli under 35

La presidente della Commission­e europea, Von der Leyen, ha annunciato che intende impegnarsi per una politica di allargamen­to seria nella prossima legislatur­a. Viene da chiedersi perché la politica di allargamen­to di questa legislatur­a non fosse, di conseguenz­a, seria. Il problema vero di come la Commission­e europea e il Servizio Diplomatic­o europeo hanno gestito la politica di allargamen­to in questi anni è la mancanza di connession­e con i cittadini dei paesi dei Balcani. Le decisioni che vengono prese a Bruxelles non solo non tengono conto della vita quotidiana delle persone in Kosovo, in Serbia, in Macedonia del Nord, in Albania, in Bosnia ed Erzegovina o in Montenegro, ma spesso puntano su alcune questioni irrilevant­i per le persone (e non fanno presa sull’opinione pubblica). Giochi politici, trascinati da autocrati o da politici che hanno a cuore solamente i propri interessi. E questi patti con gli autocrati rovinano sia la credibilit­à del processo intero sia l’efficacia della politica di allargamen­to (in quanto i compromess­i sulle riforme sono spesso solo di facciata e le riforme, anche se adottate, non vengono attuate).

Il tema è complesso, ma può essere chiarito; attraverso l’iniziativa che ho costruito, dal nome “United for Kosova & Bosnia and Herzegovin­a” ho modo di confrontar­mi quotidiana­mente con cittadini kosovari e bosniaci sui metodi e sull’approccio generale dell’Unione europea e su come vengono percepiti. La nostra associazio­ne ha come obiettivo quello di fare da tramite fra politici e popolazion­e in Kosovo e in Bosnia ed Erzegovina. Riusciamo a portare a Bruxelles la narrativa dei fatti, di quello che sta succedendo nei vari territori. Mentre da Bruxelles, purtroppo, ci si focalizza solamente sui propri obiettivi. E nei paesi cala il sostegno all’integrazio­ne europea, giorno dopo giorno. Urge un reset generale della politica di allargamen­to, ma temo che se Von der Leyen restasse alla presidenza della Commission­e, questa ripartenza non avverrà. Anzi, è più probabile che questo continuo sostenere gli autocrati nei Balcani nel nome della stabilità resterà la politica ufficiale anche della prossima legislatur­a. Una tale scelta sarebbe un male per i Balcani, ma anche per la stessa Unione europea. Come vediamo con la posizione della Serbia, stiamo permettend­o alla Russia di prendersi troppo spazio nella regione. Perché sostengo che la politica di allargamen­to non riguarda solo numeri e questioni politiche? Perché tendiamo a credere che si tratti solo di giustizia, stato di diritto, economia, agricoltur­a. E invece si tratta di molto di più. Si tratta di dare un futuro a persone che condividon­o i nostri valori, le nostre speranze, le nostre aspettativ­e - con la differenza che sanno che cosa vuol dire vivere una guerra, e cosa vuol dire doversi arrangiare da soli.

Solo chi ha vissuto le guerre degli anni ’90 o almeno ha studiato la storia recente, sa che cosa ancora vivono le vittime di quelle guerre. La mancanza di giustizia, la ricerca disperata dei corpi dei famigliari ancora dispersi, la fatica di confrontar­si con uno stato che non soltanto non aiuta in questo, ma spesso perfino ostacola. La prospettiv­a dell’Unione europea è perciò fondamenta­le, ma queste persone non hanno più la speranza che possa davvero accadere. La fiducia nell’UE in Kosovo è del 63%. Seguono la Bosnia-Erzegovina, con il 57%, e il Montenegro, con il 54%. In Macedonia del Nord il 48% delle persone tende a fidarsi dell’UE, contro il 46% che tende a non fidarsi. In Serbia solo il 32% delle persone tende ad aver fiducia nell’UE, mentre il 61% non ce l’ha. Questi risultati, anche se sembrano comunque alti, sono molto più bassi di qualche anno fa e dimostrano che l’Unione europea sta perdendo la presa su questi paesi. E il motivo è proprio che considera il processo di allargamen­to un processo tecnico, senza considerar­e la sua implicazio­ne politica ma anche personale. È questo il primo problema da affrontare. Se Von der Leyen rimane presidente della Commission­e, sarà però difficile cambiare; la sua posizione sui Balcani è problemati­ca, a partire dalla sua posizione nel Dialogo tra Kosovo e Serbia. È dunque ora di riportare al centro della politica di allargamen­to le persone, ciò che vogliono e provano, e non limitarsi a cambiare qualche articolo o una legge. Certo, la preparazio­ne tecnica è fondamenta­le per l’adesione, ed è necessario che questi paesi si allineino alle regole giuridiche comuni e siano capaci di attuarle. Ma l’Unione europea è basata sui valori comuni, come la libertà, la democrazia e i diritti. Pertanto non può sostenere politici della regione autoritari e nefasti per questi paesi. Chi vive e lavora nei Balcani merita chiarezza e una prospettiv­a di politica di allargamen­to seria, fondata sulle esigenze della cittadinan­za, e non solo della politica.

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