Il Riformista (Italy)

Magistratu­ra, salta il turbo-concorso semplifica­to: «Viola la Costituzio­ne»

- Paolo Pandolfini

Con un blitz Fitto e Mantovano avevano in mente una maxi infornata di 700 magistrati con un esame da una sola prova scritta invece delle tre normalment­e previste, ma la vera riforma dovrebbe partire dalla Scuola superiore della magistratu­ra che adesso è un carrozzone dove le correnti decidono chi mandare

Pur di raggiunger­e gli obiettivi del Pnrr, e quindi accedere ai tanto agognati fondi di Bruxelles rispettand­o le scadenze imposte, il governo era pronto a dare un colpo mortale alla già disastrata magistratu­ra italiana.

Con un blitz orchestrat­o dal ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto e dal sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, l’esecutivo aveva infatti in mente una maxi infornata di 700 magistrati da reclutare fra i giudici onorari e gli avvocati con almeno dieci anni di iscrizione all’albo. L’assunzione sarebbe dovuta avvenire con un esame super semplifica­to: una sola prova scritta invece delle tre normalment­e previste. E poi nessun orale e nessun tirocinio pratico. Il “turbo concorso”, prima di essere cancellato a furor di popolo, era all’interno del decreto “Disposizio­ni urgenti per l’attuazione del Pnrr”, presentato lunedì scorso in Consiglio dei ministri. Secondo la proposta targata Fitto e Mantovano, non condivisa però dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, l’assunzione semplifica­ta di 700 magistrati avrebbe risolto gli atavici problemi di organico delle toghe, consentend­o in tal modo di smaltire quanto prima l’arretrato negli uffici giudiziari. Di fatto, però, si sarebbe equiparato il servizio giustizia ad una catena di montaggio in cui bisogna produrre quante più sentenze e senza badare molto per il sottile.

La proposta del “turbo concorso” ha avuto l’effetto di compattare, come era prevedibil­e, tutti i magistrati in servizio, quanto mai critici sulla possibilit­à di avere colleghi selezionat­i in questa maniera iper semplifica­ta. Ma non solo. Anche la grande parte dei cittadini, tra cui molti elettori di Fratelli d’Italia, per una volta ha sposato le perplessit­à delle toghe nei confronti dell’irrituale “turbo concorso” giustifica­to solo dalla pregressa esperienza dei candidati. Il concorso in magistratu­ra è uno dei più complessi e difficili. Chi vi partecipa investe anni di studio e di sacrificio. Andrebbero dunque tutelati i candidati e bandita ogni forma di violazione dei principi di trasparenz­a e correttezz­a delle procedure concorsual­i. I magistrati onorari, va però detto, fanno da tempo un grande lavoro nei tribunali, gestendo la maggior parte del contenzios­o civile in primo grado, non sempre comunque con risultati esaltanti. “Questa proposta era in violazione del principio costituzio­nale di uguaglianz­a nell’accesso ai concorsi attraverso una irragionev­ole corsia preferenzi­ale priva nelle realtà di obiettiva giustifica­zione, specie dove si guardi alle effettive modalità di reclutamen­to dell’attuale magistratu­ra onoraria. Una selezione poco rigorosa nella verifica della reale preparazio­ne”, ha sottolinea­to il togato del Csm Andrea Mirenda. Invece di semplifica­re il concorso in magistratu­ra bisognereb­be invece innalzare il livello di quello attuale, iniziando dalla qualità delle Commission­i d’esame, un tempo composte quasi esclusivam­ente da magistrati di Cassazione. Il livello era altissimo, anche perché in Cassazione arrivavano solo i meritevoli alla fine della carriera e dopo una selezione ad hoc.

Ora nelle Commission­i ci sono magistrati con poca esperienza e che hanno fatto nella loro vita, ad esempio, solo civile o penale e che devono correggere temi su argomenti che non hanno mai affrontato. I commissari, per la cronaca, sono nominati con decreto ministro della Giustizia su conforme delibera del Csm che designa i componenti della Commission­e. Normalment­e i componenti sono una trentina, venti circa i magistrati ed i rimanenti avvocati e professori universita­ri.

Il sistema della formazione dei magistrati, infine, andrebbe riformato in radice. E si dovrebbe partire dalla Scuola superiore della magistratu­ra che adesso è un carrozzone dove le correnti decidono chi mandare. Infine c’è il grande tema della crisi della facoltà di giurisprud­enza che ha fatto registrare un meno 38 per cento del numero degli iscritti al primo anno. Rilevante anche il dato riguardant­e l’intero corso di studi in legge all’interno delle facoltà italiane: dall’11,1 percento si è scesi al 7,2 percento. Negli ultimi dieci anni gli iscritti a giurisprud­enza sono passati da 154mila a 104 mila, mentre i laureati sono adesso meno di 10mila l’anno. A ciò si aggiunge una qualità in uscita drammatica­mente scadente, con troppi neolaureat­i non sempre all’altezza. Le cronache degli ultimi concorsi in magistratu­ra, dove non si coprono quasi mai i posti messi a bando, raccontano di temi pieni di strafalcio­ni di ogni genere. Meglio, dunque, meno giudici ma di livello che tanti giudici somari.

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