Adesso vinco io, il ritratto di Marcello Lippi
Un bel documentario, ricco e fluido, su un grandissimo e stimabilissimo italiano a cui dovremmo ispirarci tutti noi. Se tanti idoli del calcio sono ispiratori di bambini, lui è un autentico ispiratore di uomini
“Adesso vinco io” è un bel documentario, ricco e fluido, girato da Herbert Simone Paragnani e Paolo Geremei (prodotto da On Production e Master Five Cinematografica con Rai Cinema) che risveglia in noi ricordi e sensazioni che si riaccendono vivide dietro molte testimonianze eccellenti e variegate, e illustrano anzitutto il carattere di un uomo italiano nel senso più pieno, positivo e antropologico del termine, portatore sano di naturale carisma: Marcello Lippi. Inutile citarne la carriera: parliamo del mister storico della Juventus che torna a vincere in Italia e dominare in Europa dopo un decennio di buio pesto cui il Milan berlusconiano l’aveva relegata, e del commissario tecnico che trionfa al Mondiale 2006 sotto la tramontana giustizialista e luogocomunista di Calciopoli, riuscendo a motivare prima, e gestire poi, un manipolo di calciatori consapevoli di una sorte professionalmente atroce che li avrebbe attesi al rientro in Italia, e umiliati da una stampa giustizialista e in parte livorosa. Il tutto, facendo diversi fatti, e assai poche chiacchiere. Perché è questo il ritratto di Marcello Lippi che emerge dal documentario: quello di un uomo mite e forte, determinato ed equilibrato, che sa convincere e cui non serve comandare. Probabilmente, anche in famiglia, per cui è chiarissimo l’amore che prova. E per rispetto della quale dà l’addio controvoglia alla Nazionale dopo il trionfo ai rigori in finale in Germania che ci ha portato tutti in piazza, ebbri di gioia, dopo 24 anni di attesa frustrata dalle sconfitte rimediate proprio ai rigori con l’Argentina (semifinale del 1990), il Brasile (finale del 1994), la Francia (quarti del 1998). Ed è ricordando quei rigori contro la Francia a Berlino, che si capisce chi è Marcello Lippi: uno che tenta, con sano ottimismo. “I rigori sono un’opportunità di vincere”, dice lui, mentre ognuno di noi li vede come una lotteria del terrore.
Se tanti idoli del calcio sono ispiratori di bambini, Marcello Lippi è un autentico ispiratore di uomini. Asciutto, sicuro ed equilibrato, come rivela il suo vocabolario: “convinzione”, “considerazione” sono parole che un uomo carismatico pronuncia difficilmente. Lui sì. E spesso. Mentre ricorda con rispettosa gratitudine la sua famiglia d’origine, tributando un grazie ai suoi genitori che si erano impegnati per garantire anche a lui un livello di vita decoroso tramite tanti sacrifici, o quando rievoca lo scatto di orgoglio con cui motiva la Juventus dopo i primi passi falsi all’esordio, nel ’94, recuperando al massimo splendore Gianluca Vialli dopo anni di appannamento. Lo stesso Vialli che appare in un video messaggio inedito alla rimpatriata della sua Juve ultima campionessa d’Europa, i cui protagonisti appena lo vedono comparire cambiano espressione, facendo calare sul proprio volto un velo di grave consapevolezza, intrisa di affettuosissimo rispetto (bravi i registi a coglierlo). Ma Lippi - emerge dal racconto di Ciro Ferrara, altro uomo intelligente ed equilibrato - è anche un leader che sa delegare e non disdegna di chiedere. “Mi devi dare una grande mano”, gli dirà più volte nel corso della carriera, dimostrando di saper allargare la cerchia del protagonismo che non sequestra solo per sé. Grande dote… Di Marcello Lippi, in “Adesso vinco io”, emerge la statura di un grande professionista, sicuro, consapevole ma mai vanitoso, protagonista naturale grazie al suo carisma e mai egocentrico. Che mischia ragionevolezza e serietà, curiosità per gli uomini e un certo innato stile. Io stesso per anni ho osservato lo sguardo di quest’uomo che sembrava sempre guardare lontano. Avvertivo costantemente che stesse pensando qualcosa. Ispirava fiducia la certezza che stesse pensando. E i suoi giocatori confermano. Nel documentario sfilano infatti quelli che sono stati suoi ragazzi, dando la sensazione di aver forgiato e reso uomini, affidandogli responsabilità senza comandarli, ma convincendoli, infondendogli fiducia e oneri: Andrea Pirlo e la sua logica, Ciro Ferrara e la sua profondità di analisi, Christian Vieri e il suo spirito pragmatico anglosassone che Lippi ha esaltato dovendone prima spegnere gli ardori ambiziosi, Alessandro Del Piero con la sua consapevolezza, Francesco Totti che si arrende alla superiorità del mister storico della Juventus così capace di appoggiarlo anche nel momento più buio della sua carriera dopo l’infortunio che ne mise a rischio il Mondiale poi vinto, e la perla Zinedine Zidane, che sostanzialmente, con ironia tutta francese, ammette di aver esagerato nel trasporto che mise nella finale Mondiale, e dunque nell’aggressione a Materazzi, cui Zidane allude espressamente. Tutti ricordano qualcosa di speciale e tributano rispetto e gratitudine a questo signore autorevole senza dover essere autoritario, che sembra attraversare la vita e la carriera da passista determinato e calmo, ma che – specifica - si tiene dentro molto delle sue emozioni evidentemente assai più accese. Sullo sfondo, sempre costante, la sua famiglia: la moglie Simonetta, coprotagonista sorridente, i figli Stefania e Davide. Il quale racconta, commosso, severità e generosità protettiva di suo padre, che lui considera la sua leggenda e che prima gli nega di poter giocare alla Juventus essendone lui il mister, poi lo spinge a lasciare il calcio giocato per fare qualcos’altro (farà il procuratore), quindi lo difende pubblicamente quando alla vigilia del Mondiale viene ingiustamente attaccato da stampa e giustizia sportiva molto sommaria (ma lo sprona a rimboccarsi le maniche lo stesso, per rimontare nella considerazione pubblica), infine dice addio alla Nazionale che ha appena fatto trionfare perché finito il lavoro non dimentica l’ingiustizia con cui è stata aggredita la sua famiglia. Insomma “Adesso vinco io” è il ritratto di un grandissimo e stimabilissimo italiano, cui dovremmo ispirarci tutti noi. Complimenti a tutti.