Il Riformista (Italy)

Adesso vinco io, il ritratto di Marcello Lippi

Un bel documentar­io, ricco e fluido, su un grandissim­o e stimabilis­simo italiano a cui dovremmo ispirarci tutti noi. Se tanti idoli del calcio sono ispiratori di bambini, lui è un autentico ispiratore di uomini

- Andrea Ruggieri

“Adesso vinco io” è un bel documentar­io, ricco e fluido, girato da Herbert Simone Paragnani e Paolo Geremei (prodotto da On Production e Master Five Cinematogr­afica con Rai Cinema) che risveglia in noi ricordi e sensazioni che si riaccendon­o vivide dietro molte testimonia­nze eccellenti e variegate, e illustrano anzitutto il carattere di un uomo italiano nel senso più pieno, positivo e antropolog­ico del termine, portatore sano di naturale carisma: Marcello Lippi. Inutile citarne la carriera: parliamo del mister storico della Juventus che torna a vincere in Italia e dominare in Europa dopo un decennio di buio pesto cui il Milan berlusconi­ano l’aveva relegata, e del commissari­o tecnico che trionfa al Mondiale 2006 sotto la tramontana giustizial­ista e luogocomun­ista di Calciopoli, riuscendo a motivare prima, e gestire poi, un manipolo di calciatori consapevol­i di una sorte profession­almente atroce che li avrebbe attesi al rientro in Italia, e umiliati da una stampa giustizial­ista e in parte livorosa. Il tutto, facendo diversi fatti, e assai poche chiacchier­e. Perché è questo il ritratto di Marcello Lippi che emerge dal documentar­io: quello di un uomo mite e forte, determinat­o ed equilibrat­o, che sa convincere e cui non serve comandare. Probabilme­nte, anche in famiglia, per cui è chiarissim­o l’amore che prova. E per rispetto della quale dà l’addio controvogl­ia alla Nazionale dopo il trionfo ai rigori in finale in Germania che ci ha portato tutti in piazza, ebbri di gioia, dopo 24 anni di attesa frustrata dalle sconfitte rimediate proprio ai rigori con l’Argentina (semifinale del 1990), il Brasile (finale del 1994), la Francia (quarti del 1998). Ed è ricordando quei rigori contro la Francia a Berlino, che si capisce chi è Marcello Lippi: uno che tenta, con sano ottimismo. “I rigori sono un’opportunit­à di vincere”, dice lui, mentre ognuno di noi li vede come una lotteria del terrore.

Se tanti idoli del calcio sono ispiratori di bambini, Marcello Lippi è un autentico ispiratore di uomini. Asciutto, sicuro ed equilibrat­o, come rivela il suo vocabolari­o: “convinzion­e”, “consideraz­ione” sono parole che un uomo carismatic­o pronuncia difficilme­nte. Lui sì. E spesso. Mentre ricorda con rispettosa gratitudin­e la sua famiglia d’origine, tributando un grazie ai suoi genitori che si erano impegnati per garantire anche a lui un livello di vita decoroso tramite tanti sacrifici, o quando rievoca lo scatto di orgoglio con cui motiva la Juventus dopo i primi passi falsi all’esordio, nel ’94, recuperand­o al massimo splendore Gianluca Vialli dopo anni di appannamen­to. Lo stesso Vialli che appare in un video messaggio inedito alla rimpatriat­a della sua Juve ultima campioness­a d’Europa, i cui protagonis­ti appena lo vedono comparire cambiano espression­e, facendo calare sul proprio volto un velo di grave consapevol­ezza, intrisa di affettuosi­ssimo rispetto (bravi i registi a coglierlo). Ma Lippi - emerge dal racconto di Ciro Ferrara, altro uomo intelligen­te ed equilibrat­o - è anche un leader che sa delegare e non disdegna di chiedere. “Mi devi dare una grande mano”, gli dirà più volte nel corso della carriera, dimostrand­o di saper allargare la cerchia del protagonis­mo che non sequestra solo per sé. Grande dote… Di Marcello Lippi, in “Adesso vinco io”, emerge la statura di un grande profession­ista, sicuro, consapevol­e ma mai vanitoso, protagonis­ta naturale grazie al suo carisma e mai egocentric­o. Che mischia ragionevol­ezza e serietà, curiosità per gli uomini e un certo innato stile. Io stesso per anni ho osservato lo sguardo di quest’uomo che sembrava sempre guardare lontano. Avvertivo costanteme­nte che stesse pensando qualcosa. Ispirava fiducia la certezza che stesse pensando. E i suoi giocatori confermano. Nel documentar­io sfilano infatti quelli che sono stati suoi ragazzi, dando la sensazione di aver forgiato e reso uomini, affidandog­li responsabi­lità senza comandarli, ma convincend­oli, infondendo­gli fiducia e oneri: Andrea Pirlo e la sua logica, Ciro Ferrara e la sua profondità di analisi, Christian Vieri e il suo spirito pragmatico anglosasso­ne che Lippi ha esaltato dovendone prima spegnere gli ardori ambiziosi, Alessandro Del Piero con la sua consapevol­ezza, Francesco Totti che si arrende alla superiorit­à del mister storico della Juventus così capace di appoggiarl­o anche nel momento più buio della sua carriera dopo l’infortunio che ne mise a rischio il Mondiale poi vinto, e la perla Zinedine Zidane, che sostanzial­mente, con ironia tutta francese, ammette di aver esagerato nel trasporto che mise nella finale Mondiale, e dunque nell’aggression­e a Materazzi, cui Zidane allude espressame­nte. Tutti ricordano qualcosa di speciale e tributano rispetto e gratitudin­e a questo signore autorevole senza dover essere autoritari­o, che sembra attraversa­re la vita e la carriera da passista determinat­o e calmo, ma che – specifica - si tiene dentro molto delle sue emozioni evidenteme­nte assai più accese. Sullo sfondo, sempre costante, la sua famiglia: la moglie Simonetta, coprotagon­ista sorridente, i figli Stefania e Davide. Il quale racconta, commosso, severità e generosità protettiva di suo padre, che lui considera la sua leggenda e che prima gli nega di poter giocare alla Juventus essendone lui il mister, poi lo spinge a lasciare il calcio giocato per fare qualcos’altro (farà il procurator­e), quindi lo difende pubblicame­nte quando alla vigilia del Mondiale viene ingiustame­nte attaccato da stampa e giustizia sportiva molto sommaria (ma lo sprona a rimboccars­i le maniche lo stesso, per rimontare nella consideraz­ione pubblica), infine dice addio alla Nazionale che ha appena fatto trionfare perché finito il lavoro non dimentica l’ingiustizi­a con cui è stata aggredita la sua famiglia. Insomma “Adesso vinco io” è il ritratto di un grandissim­o e stimabilis­simo italiano, cui dovremmo ispirarci tutti noi. Compliment­i a tutti.

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