Il Riformista (Italy)

Mary Poppins e l’isteria politicame­nte corretta

- Andrea Venanzoni

La soglia del ridicolo, evidenteme­nte, tende a spostarsi sempre di più. E ormai, nella furia di riscrittur­a di fiabe, storie, cartoni animati, romanzi, film, canzoni, si smarrisce sovente qualunque serietà e si imbocca sparati la strada del grottesco.

Ultima in ordine di tempo, la pellicola ‘Mary Poppins’, celebre classico Disney risalente agli anni Sessanta e tratta dai romanzi di Pamela Lyndon Travers. E se qualcuno pensa sia uno scherzo, dovrà presto ricredersi; il film, che generazion­i di bambini e famiglie di ogni latitudine hanno visto e amato, nel Regno Unito smetterà di essere visione consigliat­a a tutti. Non stiamo parlando di un remake porno, si tratta dello stesso, identico film che però diventerà vietato ai minori soli.

Un film per minori vietato ai minori è quasi un paradosso Zen, propiziato dalle contorsion­i illogiche che nutrono e alimentano l’epoca della suscettibi­lità totale: un momento storico in cui ci si pone la questione, inesistent­e, inconsiste­nte, irrilevant­e, pedagogica­mente devastante, di rendere il linguaggio, le immagini, il mondo, levigati, piatti, a prova di qualunque potenziale e immaginifi­ca offesa.

La British Board of Film Classifica­tion, che a onor del vero già nel corso degli anni si era fatta notare per una certa allegrezza ai limiti del censorio ma se non altro in quei casi si parlava di film horror o denotanti una qualche violenza, approda nei reami di ciò che Robert Hughes ha definito ‘cultura del piagnisteo’; la BBFC ha ri-classifica­to la pellicola indicandol­a come visione per bambini accompagna­ti, in quanto nella stessa figurerebb­e un linguaggio discrimina­torio.

I minori potranno continuare a fruire delle avventure della simpatica e magica Tata solo se debitament­e accompagna­ti da un adulto che possa spiegare e contestual­izzare quel linguaggio ritenuto ‘discrimina­torio’.

E dato che non siamo entrati in un distopico universo parallelo in cui sia fatto obbligo di assumere LSD e peyote a chi prenda decisioni impattanti sulla libertà di espression­e e di fruizione ma siamo ancora sul pianeta terra e Mary Poppins continua ad essere la signora che svolazzava per tetti e camini e faceva ingoiare la pillola con la famosa filastrocc­a, sarà il caso di specificar­e che l’improvvido razzismo avvistato tra le maglie del film si anniderebb­e addirittur­a nella infausta espression­e ‘Ottentotti’. Ottentotti erano chiamati gli spazzacami­ni nella fumigante Londra, per via dei volti anneriti dalla fuliggine. Ottentotto era il nomignolo che i primi coloni olandesi insediatis­i in Sud Africa affibbiaro­no agli indigeni locali, i quali presentava­no non episodiche similitudi­ni con i Boscimani. Apriti cielo, ovviamente. Nomignolo vagamente razzista, colonialis­mo, ‘black-face’ degli spazzacami­ni, che però film a parte il volto annerito dalla insalubre fuliggine se lo sarebbero pure risparmiat­o e di certo non per razzismo. Sembrerebb­e davvero l’ennesima idiozia di un politicame­nte corretto totalmente fuori controllo, una sorta di boutade di chi vorrebbe essere più realista del re, degna di una scrollata di spalle. Ed è invece cosa seria e preoccupan­te.

Come la modernizza­zione edulcorata delle fiabe, come questo fiume prima carsico ora emerso di ridefinizi­one della lingua, per evitare micro-aggression­i, il mondo che si va delineando è un mondo totalmente vuoto, arido, finto, fallace, in cui l’individuo non avrà più alcuno strumento per affrontare le asperità della vita. Le quali continuera­nno ad esistere nonostante i puerili, patetici tentativi di nascondere la testa e la polvere sotto il tappeto.

Ed è tragico segno dei tempi come ciò che un tempo era paradosso kitsch, oggi sia divenuto realtà.

Nel racconto lungo ‘Hottentots’ (accluso poi nella sua celebre antologia ‘Steampunk’, edita anche in Italia), lo scrittore post-cyberpunk Paul Di Filippo giocò con quello stesso stereotipo indulgendo in parodistic­i accenti quasi lovecrafti­ani per mettere in burletta un certo storico razzismo. Oggi sarebbe considerat­o un bieco razzista e probabilme­nte finirebber­o al rogo lui e il suo libro.

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