Ciao Matteo, Europa da cambiare
Arrivederci, Direttore Matteo Renzi. In bocca al lupo per la tua campagna elettorale, per le Europee più importanti di sempre. Dove deve andare il nostro continente, quello meno cresciuto economicamente negli ultimi decenni, più rissoso al suo interno e meno rilevante nel mondo, che si limita a produrre montagne di regole (il più delle quali autolesionistiche) mentre l’America inventa futuro e la Cina lo copia? Di cosa deve dotarsi l’Europa oggi disarmata di fronte alle minacce dei regimi al nostro mondo libero, mentre in Usa si vota e il probabile vincitore ci dice, a brutto muso: “O contribuite con almeno il 2% di Pil agli investimenti militari oppure noi smettiamo di proteggervi”? Che deve scegliere, per proteggere le proprie imprese e i relativi posti di lavoro, un continente oggi schiavo di insostenibili capricci ideologici sulla sostenibilità Timmermans style, della follia del politicamente corretto e della rivoluzione verde, che così come appare oggi offre solo la certezza di lasciare noi al verde?
Quale modello deve scegliere? Quello degli Stati Uniti d’Europa o quello iper-burocratico ostaggio dei veti dei piccoli paesi? Da queste scelte di fondo, vero bivio inedito delle prossime elezioni, ne deriveranno altre di dettaglio che arriveranno sin sullo zerbino della nostra porta di casa, e incideranno sulla nostra quotidianità, sulle chance di fare più figli senza vederli dover andare via da un continente superato e pachidermico, e su quella di crescere dove non si appanni ma si esalti la libertà d’iniziativa privata, caposaldo di una società forte che emancipa chi parte più indietro. Questa è la vera partita che chi si candida in Europa dovrà affrontare. Come cambiarla, visto che -dato di fatto- oggi non funziona minimamente.
Dunque, in bocca al lupo a Matteo Renzi per il suo atto di coraggio, dote che non gli difetta e che io scoprii dal vivo quando, solo contro tutti (se non con l’appoggio di noi parlamentari favorevoli), passò a 200 all’ora nella cruna dell’ago per portare Mario Draghi a riaprire l’Italia che Giuseppe Conte e Roberto Speranza avevano scambiato per un gigantesco ospedale da tenere recluso ancora per mesi, annullando con un tratto di penna le nostre libertà civili ed economiche e indebitandoci per centinaia di miliardi di euro.
Mi consentirete oggi un cenno personale, di ringraziamento, di questo ragazzo molto, molto intelligente e visionario, molto migliore di quanto non lo raccontino e di quanto egli stesso si racconti, con cui si può andare d’accordissimo eccome. Lo scorso anno fu per me deludentissimo sotto ogni profilo, anzitutto professionale. Il peggiore di sempre. Venne salvato dal fatto che Renzi pensasse a me come suo socio in questa avventura editoriale Riformista. Non era affatto scontato. Né minimamente dovuto. Io venivo dalla collaborazione strettissima con Silvio Berlusconi, e dallo scranno di suo deputato, oltretutto orgoglioso di esserlo. Perciò ringrazio di cuore Matteo Renzi, che mi ha lasciato libero di scrivere cose anche difformi dal suo pensiero, mentre restituiva a me che formalmente ero stato suo avversario fino al governo Draghi che insieme sostenemmo, una prospettiva e un’occasione per imparare cose nuove. Fino al 12 marzo al Riformista dunque resto io. Poi, anche io saluterò. Anche cambiare, in fondo, è riformare.