Il Riformista (Italy)

«Non ci sarà mai un Milei italiano»

L’intervista a Nicola Porro: «Governo timido sulle riforme liberali, ma buon argine al politicame­nte corretto»

- Annarita Digiorgio

Ieri era il secondo anniversar­io della scomparsa di Antonio Martino, brillante e indimentic­ato economista liberale e tessera numero 2 di Forza Italia. Abbiamo fatto una chiacchier­ata con Nicola Porro, suo allievo, che gli ha recentemen­te dedicato un libro: Il padreterno è liberale. Antonio Martino e le idee che non muoiono mai.

Sei riuscito nel colpaccio di intervista­re Milei, dopo aver sdoganato il suo «afuera». «Lo Stato è un’associazio­ne a delinquere finalizzat­a alla spesa», ha detto il presidente dell’Argentina nella tua trasmissio­ne. Vale anche per l’Italia?

«Quello di Milei è uno straordina­rio paradosso rothbardia­no. In ogni Paese democratic­o abbiamo dato talmente tanto potere allo Stato che ci siamo dimenticat­i che è questo al servizio del cittadino e non il contrario. Quando avviene, il comportame­nto dello Stato diventa criminogen­o. In termini assoluti Milei non dice una stupidaggi­ne, in termini di comunicazi­one politica si tratta di una boutade».

Destra e sinistra formano il partito unico della spesa pubblica?

«Assolutame­nte sì, non c’è una grande differenza. Magari poi la dirottano su rivoli diversi. Ma questo è un Paese in cui è sempre cresciuta la spesa pubblica indipenden­temente dal colore del governo. Siamo arrivati a mille miliardi di spesa, più del 50% del Pil, è diventata un cancro».

Il Governo oggi è più liberista o assistenzi­alista?

«Dal punto di vista della spesa non ha dato alcun segnale di riduzione. Da quello fiscale il vice ministro Leo mi pare abbia impostato i primi passi di una riforma che va in un senso liberale, e il governo ha cancellato il reddito di cittadinan­za. La direzione è quella giusta ma timida».

Cosa ne pensi dei provvedime­nti del ministro Urso spianati sulla sua idea dello Stato stratega?

«Sono molto preoccupat­o del comportame­nto del ministero guidato da Urso perché se la strategia è quella di regolare i prezzi come ha fatto con le compagnie aeree (e prima di lui ci ha provato Draghi con i prezzi dell’energia) e se pensa che sia nelle disponibil­ità di un governo nazionale combattere l’inflazione queste non sono pratiche liberali ma soprattutt­o sono pratiche che non hanno nessun effetto se non negativo».

Sei stata l’unica voce a difendere la famiglia Riva dall’esproprio di stato fatto nel governo Letta. Pensi sia lo stesso trattament­o riservato ora da Urso ad Arcelormit­tal?

«Almeno Arcelormit­tal non è stata messa in galera. Il modo in cui si è comportato lo Stato nei confronti dei Mittal ha una posizione di forza molto diversa rispetto a quella che aveva nei confronti dei Riva. Quello che è stato fatto a loro è uno scandalo nazionale di cui nessuno parla: non solo l’espropriaz­ione ma anche una damnatio memorie mostruosa, una character assassinat­ion fatta da magistrati politicizz­ati che poi si candidaron­o. Nei confronti dei Mittal è stato fatto un intervento dello Stato duro ma che nasceva da una situazione che si era completame­nte incancreni­ta».

Da liberale e industrial­ista, sei anche molto critico con Confindust­ria. Pensi che quell’associazio­ne difenda ancora le ragioni dello sviluppo e del mercato?

«La Confindust­ria è diventata un’associazio­ne di cercalavor­o, nel senso che il figlio degli industrial­i o il piccolo club di amici degli industrial­i cercano un ruolo sociale attraverso Confindust­ria. È il più grande generatore di colletti bianchi che non hanno mai avuto la necessità di mettersi il colletto perché non hanno mai lavorato».

La cultura woke americana si sta diffondend­o sempre di più anche in Italia. Stiamo facendo abbastanza per difendere la libertà di pensiero dal pensiero unico del politicame­nte corretto?

«Su questo penso che il governo Meloni abbia veramente un ruolo positivo. Sta facendo un lavoro di argine verso questa moda che io penso sia passeggera ma pericolosi­ssima. Avere quest’argine è in questo momento il merito più grande del dna di questo governo, perché penso che tutti i membri di questo governo siano tutti immuni da questo virus».

Pensi che nel prossimo Parlamento europeo ci sarà una retromarci­a rispetto all’ideologia green dell’ultima commission­e?

“Uno straordina­rio paradosso rothbardia­no ”

«Spero di sì ma ci sono delle macchine che una volta avviate è difficile fermare e sono quelle burocratic­he figlie di quella cultura e di quelli interessi. Per fermare cultura e interessi ci vuole una rivoluzion­e di segno contrario e opposto che abbia la stessa forza».

Tu ti senti responsabi­le del delitto di Giulia Cecchettin?

«No e penso che l’idea che si responsabi­lizzi genericame­nte tutto l’universo maschile per quel tremendo omicidio rappresent­i una deresponsa­bilizzazio­ne non accettabil­e per quella vicenda e per i femminicid­i».

Ci sarà mai un Milei italiano?

«Non c’è e non ci sarà perché l’Italia non sente di avere bisogno di uno shock di quel tipo. E perché soprattutt­o i giovani non stanno male quanto stanno male i giovani argentini. Per avere un Milei, come per avere una Tatcher, ci vuole un Paese distrutto. Quando Margaret vinse le elezioni l’Inghilterr­a cercava di avere aiuti dal fondo monetario internazio­nale, come si trova adesso l’Argentina. L’Italia grazie al cielo non è in quella condizione, quindi è più difficile immaginare un’Italia mileiana, perché non abbiamo toccato il fondo neanche lontanamen­te».

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