USA nelle urne del Super Tuesday
L’ex ambasciatrice Onu Nikki Haley non ha nessuna intenzione di mollare, Biden crocefisso in casa per aver fatto muro con gli israeliani, mentre Trump è sempre più furioso
Donald Trump è furioso perché non si può ancora levare dai piedi Nikki Haley per dedicarsi soltanto alla distruzione di Joe Biden e assicurarsi la possibile vittoria finale che è tutt’altro che garantita. Ieri in quindici Stati dell’Unione, gli elettori americani registrati nell’uno o nell’altro partito, hanno votato per i delegati che poi eleggeranno formalmente il Presidente. I meccanismi, le regole e le eccezioni sono complicatissimi anche perché molti Stati ma non tutti permettono di iscriversi al voto anche come “uncommitted”, gli indipendenti che possono passare da un candidato all’altro o vedere come vanno le cose per decidersi all’ultimo momento.
Le magre ma toste vittorie di Nikki le hanno permesso miracolosamente non solo di tenere duro contro Trump, ma di proporsi come possibile candidato perfetto, buono sia per i repubblicani moderati (che vedono Trump come il fumo negli occhi) sia per i democratici esausti per il peso, che sono costretti a sopportare, delle critiche a Joe Biden specialmente in politica estera.
Dunque, oggi si saprà se esiste o no, e se ha carburante e quanto, la cometa Haley che acceca dalla rabbia Donald Trump che è costretto a occuparsi della ex ambasciatrice all’Onu mettendone in ridicolo perfino i vestiti e il make-up. Haley dice di voler continuare ma su un punto è stata chiara: anche nel caso in cui fosse costretta a ritirarsi per assoluta mancanza di fondi, lei non dirà mai ai suoi elettori di riversarsi su Trump, perché intende, come minimo, lasciarlo a secco.
Quel che succede in queste ore è dunque clamoroso e inaspettato, determinato non da un complotto ma da forti dissensi anche in politica estera. Se Biden è crocefisso in casa per aver fatto muro con gli israeliani, Trump ha lasciato tutti molto perplessi di fronte alle sue sconsiderate affermazioni quando ha detto che spingerà il presidente russo Putin a invadere e conquistare i Paesi aderenti alla Nato non in regola con l’investimento del due per cento del Pil per la spesa militare. Queste affermazioni, non nuove, hanno creato tumulti nelle ambasciate americane in Europa.
Insomma, la sperimentata coppia di duellanti Biden-Trump, ciascuno in casa sua osserva con preoccupazione prossima al panico, i segni non di malcontento, ma di frenetica ricerca per trovare un terzo candidato, non importa se democratico, repubblicano o indipendente, che vada bene per tutti.
E poiché la Haley non ha fatto una sola allusione a un suo ritiro, gli esperti sul campo dicono che uscirà di scena soltanto dopo aver speso l’ultimo dollaro di chi paga i conti dei suoi spot pubblicitari.
E questo è un problema per Trump ma anche per Biden perché il Presidente vede crescere tra le sue fila un vero complotto per farlo fuori. Formalmente i ribelli democratici spiegano il loro desiderio di cambio in extremis con l’età di Biden perché non può garantire ai suoi elettori di essere ancora in piedi fra quattro anni. L’altro e più grave motivo che domani lo spoglio dovrebbe registrare è il totale dissenso contro le azioni di Biden nella guerra di Gaza. Questa crescita politica degli arabo-americani è un fatto nuovo esploso ed espanso giorno dopo giorno a partire dalla prima settimana di sostegno a Israele. Pr primi sono stati gli americani palestinesi – che sono più di due milioni – e poi tutti gli americani di origine araba che hanno fatto fronte comune. I loro potere è cresciuto per gli echi nel Congresso e al Senato dove è emerso un vero fronte della sfiducia democratica alla Casa Bianca. È nata in poche settimane l’unità politica degli americani di origine araba, ovunque esista una base elettorale come nel Michigan. Gli scontenti dei due partiti e gli arabo-americani hanno iscritto loro candidati fuori dalle liste di partito, in quelle degli uncommitted, gli indipendenti che possono cambiare idea e partito senza doverne render conto a nessuno. Nikki Haley che ha un buon risultato a Washington DC ha riaperto i giochi che stanno rendendo Donald Trump furioso. Gli elettori di sinistra che non ne vogliono più sapere di Biden e che stanno votando da indipendenti secondo il complicato sistema delle primarie, sono diventati l’oggetto del desiderio dei repubblicani moderati che cercano disperatamente voti democratici da far convergere su Nikki Haley e portarla alla Casa Bianca con voto bipartisan.
Ma per vincere occorre una notevole somma di denaro da spendere in ogni Stato. E quelle somme stratosferiche non sono frutto di follie ma di calcoli dei cosiddetti “donors”, i donatori ricchi che agiscono per conto terzi i quali non vogliono certo dissipare fortune su cavalli perdenti. E quindi vogliono prima di tutto vedere bene i risultati di ieri, quello del Super Tuesday. E poi valutare quanto sono disposti a spendere e con quali vantaggi. Questa situazione spiega perché ieri siano cresciuti come funghi iscritti indipendenti.
Che Trump sia furioso dunque si spiega benissimo e lo vedono tutti specialmente nel campo repubblicano, dove la sua rabbia non è tanto determinata dal preteso tradimento della Harley (la sua prima ambasciatrice alle Nazioni Unite e supporter) ma per essere rimasto inchiodato perdendo tempi preziosi da dedicare alla distruzione di Biden, e dover invece far fallire il piano congiunto di democratici dissidenti e di repubblicani conservatori che cercano di profittare della congiuntura favorevole per liberarsi della vecchia coppia già vista in scena dal 2020. Vedremo solo oggi se l’audace tentativo sarà visibile dalla conta dei voti.