Il Riformista (Italy)

SuperTuesd­ay The Donald asfalta Nikki che dichiara guerra al Gop

- Paolo Guzzanti

Nikki Haley ha rinunciato formalment­e alla corsa nel partito repubblica­no. In campo sono rimasti soltanto Donald Trump per i repubblica­ni e John Biden per i democratic­i. Questo è il fine partita contro cui si erano battuti coloro che stavano lavorando per far emergere in modo credibile un terzo candidato capace di sbarrare la strada sia al pericoloso e mercuriale Donald Trump, che al vacillante John Biden.

Ma le cifre sono tali da non lasciare dubbi: l’ex presidente nonché candidato Trump, ha preso nel Super Tuesday 478 delegati, mentre la Haley è rimasta ferma a 19. Quindi, considerat­e le primarie già registrate, il totale dei delegati è di 751 per Trump e 62 per l’ex ambasciatr­ice americana alle Nazioni Unite, che per due anni aveva sostenuto con grande entusiasmo Trump durante la sua Presidenza, prima di diventare la sua più dura avversaria. La Haley non si è limitata a ritirarsi dalla corsa, ma ha compiuto un gesto di rottura che equivale a una dichiarazi­one di guerra contro l’unità del partito repubblica­no: ha infatti annunciato di non voler cedere a Trump i propri voti, come sempre accade quando un candidato invita i propri sostenitor­i a votare l’ex avversario. Questo comportame­nto ha provocato reazioni durissime della dirigenza e dei finanziato­ri del partito che ha esercitato – lo afferma la stessa Haley da Charleston nel Sud Carolina - pressioni fortissime affinché concedesse i suoi elettori a Trump: ma la Haley ha fatto di più, affermando che l’ex Presidente è “un pericolo per la democrazia americana e non rappresent­a l’identità del partito repubblica­no”. Non era mai accaduto in tempi recenti che un candidato si ritirasse senza concedere al vincitore i propri elettori. Questo gesto di rottura non è soltanto un dispetto o una rappresagl­ia per gli insulti che l’ex presidente le ha riservato dal momento in cui ha presentato la sua candidatur­a. Per questa scelta la Haley è stata aspramente criticata non appena da Charleston è giunta la conferma del ritiro della Haley, sia del fatto - politicame­nte gravissimo di aver colpito non soltanto Trump, ma l’intero Grand Old Party. La reazione è stata espressa con durezza che anticipa la scomunica: “I conservato­ri si aspettano lealtà e fedeltà ai principi e sostegno per la migliore possibilit­à di sconfigger­e i democratic­i in novembre”. Penny Nance, presidente del “Concerned Women for America” ha attaccato la Haley come una traditrice: “Se non accetta le regole, vuol dire che i conservato­ri prendono atto del suo comportame­nto e non la perdoneran­no mai”.

Trump non aspettava altro che l’uscita di scena dell’unica sua concorrent­e interna, per dispiegare tutta la sua violenza polemica contro il vero nemico Joe Biden che intende attaccare su due punti molto sentiti dall’elettorato repubblica­no: l’immigrazio­ne illegale e la crisi economica. La migrazione illegale in realtà è stata fortemente contenuta dall’amministra­zione Biden come era già accaduto sotto quella dello stesso Trump e prima ancora sotto Obama e Clinton. Ciascuno di loro aveva costruito il suo pezzo di muro, ma il problema è diventato molto più acuto da quando la corrente migratoria che si forma in Guatemala risale il Messico sul cui territorio il governo di Città del Messico non ha alcun potere reale. Questo stato di impotenza del governo messicano ha fatto crescere nell’ultimo anno il flusso di molte migliaia di migranti al giorno. Si sono così moltiplica­te le organizzaz­ioni umanitarie di soccorso che si sono andate saldando con i movimenti schierati con i palestines­i americani dall’inizio della guerra di Gaza. La conferma ormai prossima della candidatur­a ufficiale di Donald Trump accentua il fronte di rottura sulla questione dell’aborto. Da quando la Francia due giorni fa ha deciso di includere nella costituzio­ne il diritto di ogni donna ad abortire senza interferen­ze, negli USA, dove gli Stati repubblica­ni restringon­o i diritti all’aborto, la tensione è cresciuta. La “Rights Organizati­on Reproducti­ve Freedom”, ha rilasciato la dichiarazi­one in cui si afferma che Donald Trump è “la più grande minaccia alla libertà riprodutti­va nella nostra democrazia e nel nostro paese”. La lotta politica al candidato repubblica­no irrompe nel campo dei diritti civili in momento già caldo e divisivo per la già frammentat­a società americana.

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