La direttiva che ammazza il business italiano
È lo schema del decreto che recepisce in Italia la Direttiva UE sulla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). Un’altra spada di Damocle sulle aziende europee sull’altare del verde e del politicamente corretto
Dal 16 febbraio 2024 è entrato in consultazione sul sito del MEF l’ennesima riforma ammazza imprese. Si tratta dello Schema del decreto che recepisce in Italia la Direttiva UE sulla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). Un’altra spada di Damocle sulle aziende europee, sull’altare del verde e del politicamente corretto, che insieme alla libertà stanno ammazzando anche l’economia.
La Commissione europea lo scorso anno ha adottato il regolamento delegato che fissa gli European Sustainability Reporting Standard’ – vale a dire, i modelli da seguire per la rendicontazione non-finanziaria – in attuazione della ‘Corporate Sustainability Reporting Directive. Il legislatore europeo vorrebbe così reindirizzare i flussi di capitali verso investimenti ‘sostenibili’, in linea con il proclama del Green Deal che ipotizza un’Europa a impatto zero entro il 2050. In vigore dal 5 gennaio 2023, dovrà essere attuata in Italia entro il 6 luglio 2024 attraverso apposito decreto. Entro il 18 marzo 2024 si esaurirà la consultazione pubblica aperta dal Ministero dell’Economia. Secondo la commissione europea le nuove regole sulla CSRD garantiranno che gli investitori e le altre parti interessate abbiano accesso alle informazioni di cui hanno bisogno per valutare l’impatto delle aziende sulle persone e sull’ambiente e che gli investitori possano valutare i rischi e le opportunità finanziari derivanti dai cambiamenti climatici e da altre questioni di sostenibilità. Gli Stati membri, compresa l’Italia, devono recepire la CSRD nella legislazione nazionale entro il 6 luglio 2024; di fatto l’applicazione graduale della CSRD e dell’ESRS inizierà il 1° gennaio 2025 quando le prime aziende inizieranno a pubblicare i reporting di sostenibilità (relativi all’esercizio finanziario 2024) in base al nuovo regime. In sintesi la CSRD impone a 50 mila imprese dell’UE di riferire sull’impatto ambientale e sociale delle loro attività e sull’impatto aziendale dei loro sforzi e delle loro iniziative ambientali, sociali e di governance. Il reporting CSRD si basa sul concetto di doppia materialità: le organizzazioni devono divulgare informazioni su come le attività del loro business influenzano il pianeta e le persone e su come gli obiettivi, le misure e i rischi di sostenibilità influiscono sulla salute finanziaria dell’azienda. Ad esempio, oltre a richiedere a un’organizzazione di rendicontare il proprio consumo e i costi dell’energia, la CSRD impone di comunicare le metriche delle emissioni che descrivono nel dettaglio l’impatto dell’utilizzo dell’energia sull’ambiente, gli obiettivi di riduzione di tale impatto e le informazioni su come il raggiungimento di tali obiettivi influirà sulle finanze dell’organizzazione. Ma rientrano nella direttiva anche caratteristiche “sociali” dei dipendenti: tipo il colore della pelle, le quote, la difesa delle minoranze. Tutte le informazioni divulgate nell’ambito della CRSD devono essere rese disponibili al pubblico ed esaminate da terzi incaricati di verificarne l’accuratezza e la completezza.
Gli standard europei di ‘Corporate Sustainability Reporting’ comprendono tre macro-gruppi di informazioni. Norme orizzontali si applicano a tutti gli ambiti di rendicontazione, a prescindere dal settore ove l’impresa opera. Esse comprendono i requisiti generali e di contenuto delle informazioni. Le informative devono incorporare gli elementi della due diligence e seguire una struttura composta da: Governance. I processi, i controlli e le procedure messe in atto per monitorare e gestire gli impatti, i rischi e le opportunità che le azioni messe in campo possono generare. – Strategy. Come la strategia e il modello di business dell’impresa interagiscono con i suoi impatti, i rischi e le opportunità materiali. Incluso il modo in cui l’impresa affronta tali situazioni. – Impact, risk and opportunity management. Il processo mediante cui l’impresa identifica impatti, rischi e opportunità e valuta la rilevanza e modalità di gestione delle questioni materiali di sostenibilità attraverso politiche e azioni. – Metrics and targets (MT). Criteri di misurazione dell’efficacia delle proprie azioni, tenuto anche conto degli obiettivi prefissati e i progressi raggiunti verso il loro raggiungimento. Cinque standard ambientali: – cambiamento climatico. Adattamento ai cambiamenti climatici, mitigazione del cambiamento climatico, energia, – inquinamento – acqua e risorse marine – biodiversità ed ecosistemi (Driver d’impatto diretto sulla perdita di biodiversità, lo stato della specie, l’estensione e la condizione degli ecosistemi, impatti e dipendenze dai servizi ecosistemici), – uso delle risorse ed economia circolare (Afflussi di risorse e loro utilizzo, deflussi di risorse relativi a prodotti e servizi, perdite e sprechi).
Quattro schemi d’informazione sul sociale: – personale proprio (Condizioni di lavoro, pari trattamento e opportunità, altri diritti legati al lavoro); – lavoratori nella catena del valore (Condizioni di lavoro, pari trattamento e opportunità per tutti, altri diritti legati al lavoro), – comunità (Diritti economici, sociali e culturali delle comunità colpite, diritti civili e politici delle comunità, diritti politici degli indigeni); –consumatori e utenti finali (ESRS S4. Impatti relativi alle informazioni ai consumatori e/o gli utenti finali, sicurezza personale dei consumatori e/o utenti finali, inclusione sociale dei consumatori e/o utenti finali). Governance: Cultura aziendale, tutela dei whistleblowers, benessere degli animali, impegni in politica e attività di lobbying, corruzione e concussione, gestione dei rapporti con i fornitori comprese le pratiche di pagamento. Tra pochi giorni terminerà la consultazione pubblica aperta dal Mef e poi il decreto entrerà in vigore in Italia. Nessuno ha protestato, né i partiti né le associazioni datoriali o sindacali. Ormai l’ideologia woke sembra aver occupato il pensiero unico e nessuno vuole protestare per non sembrare cheap. Meglio soccombere.
“Tra pochi giorni terminerà la consultazione pubblica, poi entrerà in vigore
Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan è a Washington per incontrare il segretario di Stato americano Antony Blinken nel quadro degli incontri del meccanismo di dialogo strategico Turchia-USA. Il suo è il primo viaggio negli Stati Uniti da quando Ankara ha dovuto cedere, dopo una lunga disputa con Washington, alla richiesta di dare l’assenso all’adesione della Svezia alla Nato. In cambio, il Congresso Usa ha ceduto alle richieste del Dipartimento di Stato di allentare le sanzioni militari contro la Turchia per consentire l’approvazione della vendita di 40 aerei da combattimento F-16 e 79 kit di ammodernamento necessari ad Ankara per il potenziamento della propria flotta di caccia. La fine del braccio di ferro tra Ankara e Washington ha alimentato le speranze di un miglioramento delle relazioni dopo un prolungato periodo di tensioni rendendo possibile la discussione su dossier spinosi come quelli riguardanti i conflitti in Ucraina e a Gaza, le dispute nel Mediterraneo orientale con Grecia e Cipro, la Siria, lo Yemen, l’Iran, la Libia e il processo di pace tra Azerbaigian e Armenia. Ma le questioni economiche-commerciali restano in primo piano nei contatti di Fidan con Blinken tanto quanto quelle politico-militari che hanno avuto un ruolo nella crisi economica in corso in Turchia. Non è un caso che il ministro turco delle Finanze è in attesa di sviluppi positivi nelle relazioni economico-commerciali tra i due alleati che rendano possibile l’aumento del volume di interscambio fino a 100 miliardi di dollari e una forte continuazione della cooperazione energetica dal momento che Ankara rimane il più grande acquirente di Gas Naturale Liquefatto (Gnl) dagli Stati Uniti. Altro dossier cruciale riguarda la persistente partnership degli Stati Uniti con le Forze democratiche siriane (Sdf) a guida curda nel nordest della Siria ritenuta dalla Turchia una minaccia alla sua sicurezza nazionale dal momento che queste sono considerate una diramazione del Pkk che combatte nel sudest anatolico per l’autonomia. Erdoğan ha riaffermato la sua determinazione a istituire quello che lui chiama “corridoio libero dal terrore”, una “zona di sicurezza” profonda 40 chilometri che corre lungo tutto il lungo confine di 1240 chilometri con Siria e Iraq per tenere a bada i combattenti curdi. È improbabile che la visita di Fidan possa spostare l’ago della bilancia di Washington in Siria dal momento che il Pentagono ha ribadito che non ha alcuna intenzione di ritirare il suo contingente di circa 900 uomini dislocati nelle basi del nordest del paese né di interrompere la sua partnership con i curdi, preziosi alleati nella guerra contro l’Isis che in quella regione continua a rappresentare una minaccia, anche se l’amministrazione Biden sembrerebbe disposta a chiudere un occhio sui continui attacchi delle forze turche contro i militanti curdi e le sue infrastrutture civili. Dobbiamo registrare che il leader turco sembra aver abbassato i toni delle sue invettive contro Washington ed entrambe le parti sembrano determinate a non permettere che alcuna delle annose criticità esistenti possa far precipitare rovinosamente la preziosa partnership strategica dei due alleati Nato. Così come le posizioni nettamente differenti sul conflitto a Gaza non faranno deragliare l’atmosfera positiva che si è venuta a creare dopo il via libera di Ankara all’ingresso della Svezia nella Nato.
Non vi è dubbio che in questo momento un nuovo approccio pragmatico stia caratterizzando le relazioni tra USA e Turchia. Sono finiti da tempo i giorni in cui Washington si aspettava che Ankara, in quanto membro Nato, si allineasse alle sue politiche. Ora gli Usa riconoscono il desiderio della Turchia di raggiungere l’autonomia strategica allo stesso modo di altre potenze medie come l’Arabia Saudita, l’India e il Brasile. Pertanto, Washington sta cercando – nel contesto della cooperazione competitiva esistente – finestre di opportunità per cooperare con Ankara in nuove aree come l’Africa dove è forza emergente, vista come una valida alternativa alla Cina nell’Africa sub-sahariana e nell’Asia centrale. Gli Usa sanno che la Turchia si comporta come un paese multi-allineato che si siede comodamente dove vuole su qualsiasi questione geopolitica, che si tratti della guerra in Ucraina, del conflitto nel Caucaso meridionale o dell’instabilità in Medio Oriente dialogando indifferentemente con Nato, Russia, Europa, Iran, con le ricche monarchie del Golfo e con altri attori regionali e globali senza sentirsi in dovere di scegliere un partner preferito. Anche nel conflitto in Ucraina sta dimostrando tutta la sua importanza geostrategica. È l’unico paese Nato che dialoga indifferentemente sia con Mosca che con Kyiv. Nei prossimi giorni Erdoğan incontrerà Zelenskyy e tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, Putin.