Il Riformista (Italy)

L’arte del doppio standard morale

Così la libertà di espression­e viene difesa solo quando la parola è nella bocca del consimile

- Andrea Venanzoni

‘Datemi due righe scritte dal miglior gentiluomo di Francia’ scriveva Richelieu ‘e troverò di che farlo impiccare’. La solerzia analitica nel compilare dossier, nell’accumulare frasi potenzialm­ente a effetto o deteriori, spesso magari debitament­e decontestu­alizzate, da usarsi contro l’avversario politico reclamando­ne l’espulsione dal consesso del dibattito pubblico è una arte assai praticata da una certa estrema, e magari a volte pure meno estrema, sinistra ormai a braccetto con i guerriglie­ri urbani della giustizia sociale e dell’anticoloni­alismo selettivo. Ed è così che il panopticon sorveglian­te del progressis­mo militante scrutina, scruta, passa in rassegna qualunque bacheca social, qualunque scritto, qualunque battuta di personaggi sgraditi; dal capitalism­o della sorveglian­za, descritto dalla Zuboff, siamo passati al wokeism della sorveglian­za.

Il centro nevralgico e sostanzial­e di questo approccio militante non può che essere, ovviamente, la costruzion­e di un granitico doppio standard morale. Da un lato si sarà alfieri intransige­nti della delazione, della segnalazio­ne, della richiesta di punizione, del procedimen­to disciplina­re, della sanzione, di legge censoria e punitiva magari da impiantars­i ex novo nel nostro già bulimico ordinament­o, e tutto questo per espression­i, opinioni, libri sgraditi, magari semplici motti di spirito.

Non per censurare violenza o aggression­i o veri discorsi di odio, ma per impedire ad altri di parlare. Salvo poi, quando nella rete della pubblica indignazio­ne finisce qualche esponente del proprio stesso pensiero, ergersi a paladini candidi e araldici della libertà di espression­e più assoluta.

Solo in forza di questo assunto a doppio standard, colorato in fucsia ma comunque originante da una profonda radice totalitari­a posto che proprio la ridefinizi­one dei canoni morali fu al centro dell’avanzante rivoluzion­e bolscevica e dei suoi maggiori esponenti, da Lenin a Trotsky, si può comprender­e come sia possibile far convivere la difesa marmorea della infelice frase della professore­ssa Donatella Di Cesare sulla Balzerani con i cortei e la gazzarra contro Papa Benedetto XVI, contro Daniele Capezzone, contro un senato accademico quando magari lo stesso si sia arrischiat­o ad esprimere solidariet­à ad Israele dopo la carneficin­a del 7 ottobre 2023, e ben prima dell’assedio di Gaza. La libertà di espression­e viene difesa solo quando la parola è nella bocca del consimile. In tutti gli altri casi, l’imperativo quasi di ordine morale di collettivi e jihadisti rossi è quello di silenziare, negare spazi e agibilità. Spesso ricorrendo alle solite accuse di fascismo, che verosimilm­ente avvolgono chiunque sia sgradito, magari pure se militante a sinistra ma situato fuori dal recinto tribale dei dogmi che tanto piacciono ai collettivi.

La stella rossa che orna il volantino, così tanto esteticame­nte anni Settanta e trasudante aroma di ciclostile e fumose cantine, con il quale a Filosofia de La Sapienza i collettivi, i collettivi, non ‘gli studenti’, hanno reclamato piena e totale libertà di espression­e, laddove la stessa si dovrebbe estrinseca­re nel tratteggia­re nostalgia dei tempi rivoluzion­ari che furono, è la stessa stella rossa portata in liturgica procession­e quando si è chiesto l’allontanam­ento di questo o quel personaggi­o sgradito.

Ma davvero qualcuno vorrebbe farsi impartire lezioni di etica della libera espression­e da gente che boicotta negozi, impedisce a scrittori, intellettu­ali, giornalist­i, uomini religiosi di poter parlare, che va a presidiare le vetrine di una libreria ‘colpevolis­sima’ di ospitare un ‘evento sionista’ che poi altro non era se non la presentazi­one del libro ‘Golda’, biografia di Golda Meir scritta da Elisabetta Fiorito e pubblicata da Giuntina?

È una china pericolosa, quella verso cui conduce l’accettazio­ne del farsi dettare l’agenda, comunicati­va, espressiva e politica, da gente che disprezza dal profondo la vera libertà di espression­e.” La libertà d’espression­e è necessaria” ha notato Robert Dahl “i cittadini silenziosi sono dei perfetti sudditi di un governo autoritari­o”. Il fine ultimo di chi vuole silenziare le opinioni sgradite, appunto

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