«Giustizia, il governo non bluffa»
Sisto: «Separazione delle carriere, pagelle dei magistrati e Csm, cambieremo tutto»
La separazione delle carriere è il fantasma che appare e scompare dall’agenda di legislatura. Ieri il governo, dopo un vertice con il guardasigilli e i leader della maggioranza, ha annunciato la presentazione di un ddl costituzionale ad aprile. Oggi la maggioranza ha fatto saltare la discussione sulla proposta di legge delle camere penali, fatta propria dalla maggioranza ma non da FdI, sostenuta da Renzi e calendarizzata in Parlamento. C’è chi dice che è un modo per metterla in coda al premierato e spedirla in un vicolo cieco perché né la Meloni, né Mantovano vorrebbero la separazione? «È una tempesta in un bicchier d’acqua, unitamente a un falso ideologico. Perché il Parlamento va certamente rispettato, ma vi era la necessita che il governo partecipasse ai lavori della commissione con una qualche idea. E a brevissimo, cioè all’inizio del prossimo mese, il governo presenterà un’idea, che non sarà distante da quella che è in discussione. Si è trattato anche della necessità di far sentire al Parlamento che questo tema per noi di Forza Italia è ineludibile. La separazione delle carriere è la riforma delle riforme, quella che restituisce al cittadino una geometria piana della giustizia, cioè un triangolo isoscele al cui vertice c’è il giudice, e alla base, alla stessa distanza dal giudice, ci sono accusa e difesa, pm e avvocato. Questa giustizia percepita fa sì che il cittadino veda nel giu- dice un punto di riferimento, un giudice diverso tanto dall’accusa quanto dalla difesa. Significa recuperare una dimensione costituzionale della Giustizia. Non a caso la Carta dice che solo il giudice è terzo e imparziale. Il falso ideologico sono le strumentalizzazioni che vogliono privare il governo dell’adempimento di un punto del programma elettorale...
Il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, interviene in aula per il Question time a Palazzo Madama. L’interpellanza è di Italia Viva, con Raffaella Paita che gli chiede conto dei rischi per la tenuta democratica – sotto la voce “sicurezza nazionale” – del dossiergate. Il ministro parte piano: «Non penso che ci siano, dietro questa vicenda specifica, delle problematiche che possano riguardare la sicurezza nazionale, dal punto di vista militare e della difesa del Paese”. Il ruolo di titolare del dicastero degli affari militari è rispettato. E a quel punto Crosetto può tirare fuori quel che pensa. E teme. Non un sassolino dalla scarpa, ma un macigno. «Ci sono altri tipi di problematiche e qua esco dal ruolo di Ministro della difesa, che secondo me vanno al di là di questa inchiesta - ha aggiunto -. Sono moltissimi i casi di accessi alle banche dati, fatti non solo in questa quantità e non solo in ambienti così prestigiosi, per cui sono state condannate e sospese persone in giro per l’Italia, in questi anni. C’è una vicenda che riguarda l’abuso nell’accesso che fanno alcune persone, che hanno il potere di farlo per difendere il Paese o per cercare giustizia. Questo può riguardare delle responsabilità personali, oppure può riguardare un sistema di potere». A quel punto Crosetto è un fiume in piena. E rischia di travolgere, è il commento dei cronisti presenti a Palazzo Madama, perfino Palazzo Chigi che sulla vicenda è sembrato propendere più per la cautela che
per l’allarme. Che invece Crosetto fa suo: «Quando gli accessi non sono uno, ma sono migliaia e servono a formare dei dossier, in ambienti dove non è neanche prevista alcuna attività di indagine; quando questi dossier non servono ad alcuna attività di indagine perché non è aperta nessuna indagine e vengono forniti ad altre persone non so per quale utilizzo, allora il Parlamento, secondo me, il massimo luogo dove la democrazia trova compimento, deve interrogarsi sulle regole in atto, sulle persone che di queste cose possono abusare, sulle persone che su queste cose possono avere interessi, su come queste cose possono influenzare la vita democratica e politica, indipendentemente dalle parti - ha detto ancora il ministro -. Questa è una cosa che, secondo me, deve fare il Parlamento, perché il rischio di questa vicenda è che finisca come tante altre negli ultimi anni, che alla fine non hanno portato a nessun accertamento definitivo, ma soltanto a liquidare con alcune persone senza andare a fondo su quali sono le logiche, le persone, gli interessi e il calcolo che c’è stato dietro». Se si fosse votato per la Commissione d’inchiesta parlamentare, l’intemerata di Crosetto sarebbe parsa un’alzata di mano bella e buona. E infatti lo dice chiaro: «Mi auguro che questo percorso sarà fatto. Che sia fatto con il Copasir, con la Commissione antimafia o con una Commissione speciale, non sta al Governo e non sta a me dirlo, ma vorrei che il Parlamento, proprio per la democrazia, non per chi ha denunciato, arrivasse a ridefinire i confini e a far riprendere fiducia in tutte le istituzioni da parte dei cittadini in questo momento - ha concluso Crosetto -. Le persone che amministrano la giustizia, la polizia giudiziaria, le persone che hanno accesso a queste banche dati, tutti noi veniamo coinvolti da una delegittimazione complessiva in cui sembra che lo scontro di potere autorizzi chiunque a fare qualunque cosa. Va ripristinata la credibilità delle istituzioni nel suo complesso e questo non può che passare dal Parlamento».