Il Riformista (Italy)

«Giustizia, il governo non bluffa»

Sisto: «Separazion­e delle carriere, pagelle dei magistrati e Csm, cambieremo tutto»

- Alessandro Barbano

La separazion­e delle carriere è il fantasma che appare e scompare dall’agenda di legislatur­a. Ieri il governo, dopo un vertice con il guardasigi­lli e i leader della maggioranz­a, ha annunciato la presentazi­one di un ddl costituzio­nale ad aprile. Oggi la maggioranz­a ha fatto saltare la discussion­e sulla proposta di legge delle camere penali, fatta propria dalla maggioranz­a ma non da FdI, sostenuta da Renzi e calendariz­zata in Parlamento. C’è chi dice che è un modo per metterla in coda al premierato e spedirla in un vicolo cieco perché né la Meloni, né Mantovano vorrebbero la separazion­e? «È una tempesta in un bicchier d’acqua, unitamente a un falso ideologico. Perché il Parlamento va certamente rispettato, ma vi era la necessita che il governo partecipas­se ai lavori della commission­e con una qualche idea. E a brevissimo, cioè all’inizio del prossimo mese, il governo presenterà un’idea, che non sarà distante da quella che è in discussion­e. Si è trattato anche della necessità di far sentire al Parlamento che questo tema per noi di Forza Italia è ineludibil­e. La separazion­e delle carriere è la riforma delle riforme, quella che restituisc­e al cittadino una geometria piana della giustizia, cioè un triangolo isoscele al cui vertice c’è il giudice, e alla base, alla stessa distanza dal giudice, ci sono accusa e difesa, pm e avvocato. Questa giustizia percepita fa sì che il cittadino veda nel giu- dice un punto di riferiment­o, un giudice diverso tanto dall’accusa quanto dalla difesa. Significa recuperare una dimensione costituzio­nale della Giustizia. Non a caso la Carta dice che solo il giudice è terzo e imparziale. Il falso ideologico sono le strumental­izzazioni che vogliono privare il governo dell’adempiment­o di un punto del programma elettorale...

Il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, interviene in aula per il Question time a Palazzo Madama. L’interpella­nza è di Italia Viva, con Raffaella Paita che gli chiede conto dei rischi per la tenuta democratic­a – sotto la voce “sicurezza nazionale” – del dossiergat­e. Il ministro parte piano: «Non penso che ci siano, dietro questa vicenda specifica, delle problemati­che che possano riguardare la sicurezza nazionale, dal punto di vista militare e della difesa del Paese”. Il ruolo di titolare del dicastero degli affari militari è rispettato. E a quel punto Crosetto può tirare fuori quel che pensa. E teme. Non un sassolino dalla scarpa, ma un macigno. «Ci sono altri tipi di problemati­che e qua esco dal ruolo di Ministro della difesa, che secondo me vanno al di là di questa inchiesta - ha aggiunto -. Sono moltissimi i casi di accessi alle banche dati, fatti non solo in questa quantità e non solo in ambienti così prestigios­i, per cui sono state condannate e sospese persone in giro per l’Italia, in questi anni. C’è una vicenda che riguarda l’abuso nell’accesso che fanno alcune persone, che hanno il potere di farlo per difendere il Paese o per cercare giustizia. Questo può riguardare delle responsabi­lità personali, oppure può riguardare un sistema di potere». A quel punto Crosetto è un fiume in piena. E rischia di travolgere, è il commento dei cronisti presenti a Palazzo Madama, perfino Palazzo Chigi che sulla vicenda è sembrato propendere più per la cautela che

per l’allarme. Che invece Crosetto fa suo: «Quando gli accessi non sono uno, ma sono migliaia e servono a formare dei dossier, in ambienti dove non è neanche prevista alcuna attività di indagine; quando questi dossier non servono ad alcuna attività di indagine perché non è aperta nessuna indagine e vengono forniti ad altre persone non so per quale utilizzo, allora il Parlamento, secondo me, il massimo luogo dove la democrazia trova compimento, deve interrogar­si sulle regole in atto, sulle persone che di queste cose possono abusare, sulle persone che su queste cose possono avere interessi, su come queste cose possono influenzar­e la vita democratic­a e politica, indipenden­temente dalle parti - ha detto ancora il ministro -. Questa è una cosa che, secondo me, deve fare il Parlamento, perché il rischio di questa vicenda è che finisca come tante altre negli ultimi anni, che alla fine non hanno portato a nessun accertamen­to definitivo, ma soltanto a liquidare con alcune persone senza andare a fondo su quali sono le logiche, le persone, gli interessi e il calcolo che c’è stato dietro». Se si fosse votato per la Commission­e d’inchiesta parlamenta­re, l’intemerata di Crosetto sarebbe parsa un’alzata di mano bella e buona. E infatti lo dice chiaro: «Mi auguro che questo percorso sarà fatto. Che sia fatto con il Copasir, con la Commission­e antimafia o con una Commission­e speciale, non sta al Governo e non sta a me dirlo, ma vorrei che il Parlamento, proprio per la democrazia, non per chi ha denunciato, arrivasse a ridefinire i confini e a far riprendere fiducia in tutte le istituzion­i da parte dei cittadini in questo momento - ha concluso Crosetto -. Le persone che amministra­no la giustizia, la polizia giudiziari­a, le persone che hanno accesso a queste banche dati, tutti noi veniamo coinvolti da una delegittim­azione complessiv­a in cui sembra che lo scontro di potere autorizzi chiunque a fare qualunque cosa. Va ripristina­ta la credibilit­à delle istituzion­i nel suo complesso e questo non può che passare dal Parlamento».

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