Bibi sente Biden ma tira dritto frattura su Rafah
Dopo la telefonata con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato la sua linea. “Siamo in disaccordo con gli americani sulla necessità di entrare a Rafah - ha detto il premier alla Commissione Affari Esteri e Difesa - non sulla necessità di eliminare Hamas, sulla necessità di entrare a Rafah. Non vediamo un modo per eliminare militarmente Hamas senza distruggere i battaglioni rimasti. Siamo determinati a farlo”. Queste le parole di Netanyahu secondo quanto riportato dal Times of Israel. “Dobbiamo completare l’eliminazione militare di Hamas”, ha continuato Netanyahu. “Non c’è nulla che possa sostituirla, non si può girarci attorno”. Quelle del primo ministro non sono parole che arrivano solo dopo la conversazione telefonica che ha segnato il primo tentativo di disgelo tra il premier israeliano e il presidente USA, la prima dopo il 15 febbraio. Ma sono anche frasi che giungono mentre il segretario di Stato americano, Anthony Blinken, ha detto che “il 100% della popolazione di Gaza si trova in un livello di grave insicurezza alimentare acuta” e che “è la prima volta che un’intera popolazione viene classificata in questo modo”. Il capo della diplomazia Usa, impegnato in un nuovo tour mediorientale, ha così ribadito l’interesse di Washington sul pericolo per la situazione umanitaria a Gaza, che si fa ogni giorno più critica. E le divergenze tra Biden e Netanyahu sono state confermate anche dalle ultime indiscrezioni del Washington Post riguardo attacchi su edifici civili da parte delle Israel defense forces che sarebbero stati effettuati senza adeguate informazioni di intelligence. Tema su cui l’amministrazione Biden sarebbe stata informata da alcuni esperti. L’attenzione per una nuova avanzata su Rafah e per la condizione dei civili palestinesi continua a essere alta mentre a Doha si svolgono i complessi negoziati tra Hamas e Israele e mediato da USA, Egitto e Qatar. Dalla sede delle trattative, le sensazioni sono diverse. “I colloqui continuano e siamo cautamente ottimisti che si possa arrivare a un accordo”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majid Al-Ansari. Ma i negoziati, come hanno spiegato diverse fonti vicine al negoziato, saranno “lunghi, difficili e complessi”. Il capo del Mossad, David Barnea, è tornato in patria dopo avere incontrato delegati egiziani e qatarioti nella notte di lunedì. Nell’emirato sono rimasti però altri funzionari israeliani, confermando l’interesse dello Stato ebraico per mantenere aperta la via del negoziato. Nel frattempo, a preoccupare sono anche gli altri fronti di questa complessa guerra mediorientale. Israele, secondo le informazioni dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, ha colpito un deposito di Hezbollah a Damasco. Segno che l’asse della resistenza dell’Iran opera in tutta la Mezzaluna sciita. Mentre gli Houthi, dallo Yemen, hanno di nuovo messo nel mirino il porto di Eilat. Le Idf avevano parlato di un “velivolo sospetto” sul Mar Rosso.