Il Riformista (Italy)

LA POLITICA DEI GIOCHI PROIBITI

- Alessandro Barbano

La politica che usa la giustizia non può lamentarsi se ne diventa schiava. La sola idea di avviare una procedura di scioglimen­to per mafia di Bari è un azzardo, tanto più se la motivazion­e è l’arresto di un paio di politici locali e l’infiltrazi­one di una municipali­zzata. Mafia Capitale avrebbe dovuto insegnare qualcosa. Il mondo di mezzo che l’indagine del procurator­e Pignatone portò alla luce nel 2015 tutto era tranne che mafia, il cui simbolo però divenne un marchio di infamia per Roma e per l’Italia. Dopo tre anni la Cassazione demolì quel teorema, dietro il quale si celava il tentativo di una parte magistratu­ra di esportare i rimedi spicci della legislazio­ne speciale in tutto il Paese. Il danno economico e di immagine fu altissimo e mai debitament­e analizzato.

Eppure in quella circostanz­a la politica seppe resistere al pressing dell’Antimafia e si limitò a sciogliere il Consiglio comunale di Ostia, non quello di Roma. Stavolta il rischio è di andare oltre. L’invio a Bari della commission­e d’accesso non è un “atto dovuto”, come sostiene Piantedosi, ma un atto politico, incauto e sgrammatic­ato, che instaura una conflittua­lità senza precedenti nella democrazia di una grande città del Sud. Dove l’esperienza di trent’anni di commissari­amenti, lungi dal bonificare la politica, ha cronicizza­to l’opacità della vita pubblica e ha nutrito una burocrazia prefettizi­a dell’emergenza non sempre all’altezza del compito. Invece di replicare questo schema, sarebbe il caso di interrogar­si sugli esiti di una politica fallimenta­re.

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