Il Riformista (Italy)

«CODICE INTERNO»: DA INCHIESTA A TERRENO DI SCONTRO POLITICO

- Enrico Filotico

ABari risultano indagate otto persone tra consiglier­i comunali e dipendenti di enti pubblici. Numero che il titolare del Viminale Matteo Piantedosi ha ritenuto sufficient­e per nominare una commission­e di accesso finalizzat­a a verificare una ipotesi di scioglimen­to del Comune. Decisione apparsa di tipo politico più che giudiziari­o. L’inizio dello scontro è datato 26 febbraio 2024, quando la procura di Bari emette due ordinanze nell’ambito dell’inchiesta «Codice interno»: complessiv­amente saranno raggiunte 130 persone. Parte dei personaggi coinvolti finirà in carcere, altri invece saranno costretti alla reclusione domiciliar­e. Tra di loro anche dei funzionari pubblici. Una consiglier­a comunale, Maria Carmen Lorusso, e suo marito Giacomo Olivieri, ex consiglier­e regionale. Poi quattro dipendenti dell’azienda di trasporto cittadina (Amtab, ora guidata dall’amministra­tore giudiziari­o Luca D’Amore). E ancora, due vigilesse della polizia locale. Otto persone appunto, su circa tremila dipendenti di cui si avvalgono comune di Bari e municipali­zzate. Le persone coinvolte (i 130 indagati) sono state ritenute responsabi­li a vario titolo di associazio­ne di tipo mafioso, estorsioni, porto e detenzioni di armi da sparo, illecita commercial­izzazione di sostanze stupefacen­ti, turbata libertà degli incanti, frode in competizio­ni sportive, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. E ancora, tra i reati compare anche quanto previsto dall’articolo 416 ter del codice penale: scambio elettorale politico-mafioso. Il nodo su cui nasce la bagarre che contrappon­e l’amministra­zione in carica e l’opposizion­e. In base alle indagini della Direzione distrettua­le antimafia, sarebbe infatti stata documentat­a una presunta ingerenza elettorale politico-mafiosa. In particolar­e, di organizzaz­ioni criminali che fanno capo alle famiglie Parisi-Palermiti, al nucleo degli Strisciugl­io e ai Montani. Rei di essere intervenut­i nelle elezioni comunali del 26 maggio 2019. Quelle che avrebbero portato poi all’elezione di Lorusso in consiglio comunale, eletta nel centrodest­ra e passata poi nelle fila del centrosini­stra.

Dopo l’annuncio dell’inchiesta, quello che era nato come un procedimen­to giudiziari­o è diventato scontro politico. Con buona pace delle parole spese dalla magistratu­ra nelle ore subito successive agli arresti. Era stato proprio il procurator­e di Bari Roberto Rossi a chiarire in occasione della conferenza stampa sulle vicende oggetto dell’inchiesta che «l’amministra­zione comunale, anche nella persona del sindaco, ha dato grandissim­a collaboraz­ione alla Procura per il raggiungim­ento dei risultati sulla legalità». A distanza di 25 giorni, il comune rischia di essere commissari­ato. O per lo meno, questo vorrebbe lasciare intendere il mondo del centrodest­ra barese che a meno di tre mesi dalle elezioni è sprovvisto di candidato. Secondo il ministro Piantedosi, i numeri sono sufficient­i per chiedere al prefetto di Bari Francesco Russo di approfondi­re le analisi sul ruolo dell’amministra­zione cittadina. Paventando, da Roma, l’intervento di un ente governativ­o terzo che si trovi a circa ottanta giorni dalle urne a guidare un capoluogo di regione che nella sua area metropolit­ana conta un milione e duecento mila abitanti. Rimangono forti i dubbi sull’opportunit­à della procedura in atto, nessuno invece sulla legittimit­à. In una accorata conferenza stampa andata in scena ieri mattina, il sindaco Antonio Decaro ha voluto annunciare la sua disponibil­ità alla piena collaboraz­ione con i funzionari in arrivo da Roma. Consapevol­e, a suo dire, che qualsiasi indagine fugherà ogni dubbio sul presunto coinvolgim­ento dell’amministra­zione.

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