Il Riformista (Italy)

Il caso dei dossier e Bari «città mafiosa» Sisto contro Decaro

Il viceminist­ro della Giustizia: “La reazione del Sindaco è folclorist­ica”. E intanto il Viminale diffonde la lista dei quindici comuni sciolti per mafia da Piantedosi

- Giulio Baffetti

Il caso delle presunte infiltrazi­oni mafiose al Comune di Bari e i dossieragg­i ai danni di politici e vip, che sarebbero partiti dalla Direzione Nazionale Antimafia, si stanno trasforman­do in due boomerang politici per il governo di Giorgia Meloni e per la maggioranz­a di centrodest­ra. Al netto dell’operato della giustizia, restano le conseguenz­e politiche dei due casi. Lo spettro del commissari­amento del Comune di Bari, per il momento, sta avendo l’effetto di riunire tutta l’opposizion­e a difesa del sindaco del capoluogo pugliese, Antonio Decaro, del Pd. Con tanto di accuse al centrodest­ra di volere inquinare la tornata elettorale delle amministra­tive baresi di giugno. Il primo boomerang. E poi ci sono i presunti dossieragg­i. La richiesta di una commission­e di inchiesta sta aprendo una faglia all’interno del governo. Giorgia Meloni frena, mentre il Guardasigi­lli Carlo Nordio, il ministro della Difesa Guido Crosetto e Matteo Salvini e la Lega tutta insistono sull’inchiesta parlamenta­re. La strettissi­ma attualità impone di partire da quanto sta accadendo a Bari. Il centrosini­stra attacca il centrodest­ra sul garantismo. Parte il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. Il governator­e si rivolge direttamen­te alla maggioranz­a: “Se utilizzate in modo strumental­e le normative sullo scioglimen­to dei Comuni e sulle ispezioni, rischiate di confermare i sospetti di chi pensa che questo sia un governo autoritari­o che non garantisce la Costituzio­ne e la democrazia”. Da sinistra è un fuoco di fila a difesa di Decaro, esponente Pd del correntone riformista. C’è Nicola Fratoianni, co-portavoce di Alleanza Verdi e Sinistra: “A Bari è successo un fatto clamoroso, a poche settimane dalle elezioni. Quello che è successo è abbastanza incredibil­e”. Non manca l’intervento di un altro sindaco progressis­ta, Beppe Sala. “Il ministero può avere le sue ragioni per avviare un’indagine sul rischio di infiltrazi­oni mafiose in una città importante come Bari, ma non può ignorare la valenza politica di un atto del genere, a due mesi e mezzo dalle elezioni nella stessa città”, scrive il sindaco di Milano. Che bolla tutta la questione come “un gran pasticcio”. Perfino il leader del M5s Giuseppe Conte si unisce al coro del resto del campo largo. “La modalità con cui è stato sollecitat­o il ministro degli interni, con lo schieramen­to di sottosegre­tari e parlamenta­ri di centrodest­ra, è un chiaro attacco politico”, ci va giù duro Conte. Tutti parlano dal corteo romano di Libera, in occasione della giornata in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Dalla stessa manifestaz­ione interviene Decaro: “Posso anche smettere di fare politica, io voglio solo difendere la mia città. Ieri era un atto di difesa per la mia città”. Il centrodest­ra prova a difendere l’operato del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ridimensio­nando la portata dell’accaduto. Per Francesco Paolo Sisto, coordinato­re di Fi a Bari, viceminist­ro della Giustizia, “la reazione di Decaro è folclorist­ica”. Intanto il Viminale diffonde la lista dei 15 comuni sciolti per mafia da Piantedosi. “Sono in prevalenza di centrodest­ra”, ha detto il ministro. Eppure oggi il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri sarà proprio a Bari per una conferenza stampa insieme a Sisto, per parlare del “rischio di infiltrazi­oni mafiose nell’amministra­zione comunale barese”. Anche il leader azzurro Antonio Tajani difende Piantedosi: “Nessuna criminaliz­zazione, ha fatto bene”.

Chi non commenta è il Procurator­e Nazionale Antimafia Giovanni Melillo, che, a margine di un’iniziativa a Milano, non risponde a una domanda sul caso-Bari. No comment anche sui dossieragg­i: “Ho parlato 5 ore in commission­e antimafia, c’è una lunga audizione che si può ascoltare”. Su questo caso arriva la notizia del trasferime­nto a L’Aquila del finanziere Pasquale Striano, al centro dell’inchiesta sui dossier. Una vicenda che ha aperto una faglia nel governo. Il nodo è la commission­e d’inchiesta. Proposta da Nordio, appoggiata da Crosetto. Ma spinta soprattutt­o dal vicepremie­r Matteo Salvini, dato che la Lega sarebbe una delle principali vittime del dossieragg­io. E però Meloni ha frenato: “Lasciamo lavorare la Commission­e Antimafia”.

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